Flemma contro Garra
Analisi del Match:
Chiude il secondo turno della fase a gironi di Qatar 2022 una gara dai molteplici significati, uno scontro tra una potenza in ascesa nel calcio mondiale e la rappresentante storica per eccellenza della tradizione sudamericana:
Portogallo contro Uruguay.
I lusitani guidati dal CT Fernando Santos avevano raggiunto tardivamente la qualificazione ai campionati del Mondo, perdendo lo scontro diretto nel girone d’accesso contro la Serbia, ritrovandosi a dover affrontare i playoff, dove senza troppi problemi abbatteranno prima la Turchia e poi nella finale a gara secca in casa propria la Macedonia del Nord, avanzata ai danni dell’Italia di Mancini.
Nonostante il ritardo sulla tabella di marcia, la selezione portoghese si è presentata alla partenza della manifestazione al culmine del proprio percorso di crescita, che nel corso del decennio aveva visto il proliferare di talenti di prim’ordine, i quali si erano andati ad aggiungersi alla base solida di veterani, alcuni dei quali avevano raggiunto ad Euro 2016 un’insperata vittoria con una rosa, a detta di molti, povera di stelle da affiancare a Cristiano Ronaldo.
Con il passare degli anni, a fronte di uno straordinario lavoro dei settori giovanili degli iberici, la generazione d’oro dei lusitani è sembrata consolidarsi sempre più, vincendo anche la prima storica edizione della Nations League nel 2019, andando ad aumentare a dismisura la propria consapevolezza di squadra, oltre che al proprio bagaglio di soluzioni tecniche e interpretazioni possibili delle varie partite.
Pesante la sconfitta ad Euro 2020 negli ottavi di finale contro il Belgio, che comunque non è parsa sconfortare gli uomini di Fernando Santos, consapevoli di avere ancora un anno di tempo per ridefinirsi.
Per quanto riguarda la Celeste invece, tutto si è svolto secondo i classici precetti della tradizione uruguaiana, con uno stile di gioco rimasto praticamente invariato col passare dei decenni; l’unico scossone forte era arrivato per via del sofferto divorzio con Oscar Tabarez, ormai istituzione sulla panchina dei sudamericani con ben sedici anni in qualità di commissario tecnico, il quale fu sostituito da Diego Alonso, che garantirà la qualificazione al Mondiale, pur non applicando modifiche sostanziali all’assetto consolidato dei sudamericani.
La due stelle a coronare lo stemma dell’Uruguay rimangono sfavillanti sul petto dei calciatori, a mostrare orgogliosamente i due successi storici ottenuti nel 1930 e nel 1950, portando sempre testimonianza di come un tifo orgoglioso e battagliero, memore di un passato illustre, imponga imperativamente al proprio “esercito” di lottare ogni volta per i massimi risultati, anche quando le probabilità sembrano essere avversarie.
Ma il difetto spesso riscontrabile nelle rose selezionate dai CT della Celeste susseguitesi nel corso dei decenni è possibilmente individuabile in una scarsità di interpreti in un determinato reparto, con un alternarsi di cicli di giocatori formidabili in alcuni ruoli, affiancati da interpreti spesso non accomunabili per cifra tecnica.
L’esempio recente è quello della formidabile coppia Suarez-Cavani, entrambi nati per coincidenza irripetibile nella stessa città (Salto) a 20 giorni di distanza l’uno dall’altro, i quali spesso sono sembrati non poter beneficiare di una generazione altrettanto illustre di centrocampisti a loro supporto.
La situazione è parsa appianarsi proprio negli ultimi anni, con l’avvicendarsi di una nuova fiorente annata di mediani, in particolare rappresentata da Bentancur e Valverde, con Suarez e Cavani pronti a cedere il passo a Maxi Gomez e sopratutto a Darwin Nunez, vero nuovo prototipo di attaccante campione in vista sulle sponde del Rio de la Plata.
Quello che non è mai mancato per DNA costitutivo della Celeste è una dinastia di “Caudillos” della retroguardia, di cui ultimo erede Diego Godin, pronto anch’egli a passare di mano lo scettro al successore designato, ossia Gimenez.
L’incrocio delle due compagini rappresentava dunque uno scontro tra due scuole ben distinte, due filosofie e attitudini radicalmente opposte:
Da una parte il calcio fatto di possesso flemmatico e imperturbabile messo in atto dai lusitani, dall’altra lo spirito pugnace degli uruguaiani, incarnato dalla consueta interpretazione di gara feroce, difensiva e di resistenza.
La Celeste veniva da un primo risultato non entusiasmante, faticando a trovare la via della rete contro un’ordinata, seppur modesta, Corea del Sud.
Portogallo rassicurato invece da una vittoria contro il Ghana, pervenuta non senza qualche turbolenza per 3-2.
Diego Alonso decide prudentemente di coprirsi in vista di un altro possibile risultato negativo, schierando l’esperto Coates al fianco della coppia Gimenez-Godin, con Varela a tutta fascia a protezione.
Santos invece conferma l’assetto con tre centrocampisti, oltre alle due mezze punte alle spalle di Ronaldo.
La gara parte quindi seguendo il piano prestabilito:
Pallino del gioco in mano ai portoghesi, con i sudamericani a proteggersi per poi tentare di innescare gli attaccanti in ripartenza.
Il monologo degli iberici però sembra non lasciar scampo all’Uruguay, che con il passare dei minuti fatica sempre più a recuperare palla e ad arginare il palleggio avversario.
Ciononostante l’occasione più ghiotta del primo tempo capita a Bentancur, che, involatosi verso la porta, passa in mezzo ai due centrali con un dribbling strepitoso, salvo poi fallire la conclusione a tu per tu con Diogo Costa.
Negli ultimi dieci minuti della prima fase, l’Uruguay prende coraggio dopo le difficoltà della mezz’ora precedente, concedendo di meno e proponendosi con più continuità davanti.
L’inizio della ripresa segue questa impostazione, con il Portogallo che però risulta sempre pericoloso, soprattutto grazie alle incursioni dei due sotto la prima punta, ovvero Joao Felix e Bruno Fernandes.
Il gol del vantaggio arriverà proprio per merito di quest’ultimo, che con cross tagliato prova a premiare l’inserimento di Cristiano Ronaldo, che sfiora solo il pallone ingannando il portiere uruguaiano Rochet, facendo sì che la palla entri direttamente in porta.
Revisione al microscopio per gli addetti ai lavori della FIFA, che decidono di attribuire il gol all’autore del cross, nonostante Ronaldo esultasse rivendicando la marcatura, certamente desideroso di rimpinguare ulteriormente le sue monumentali statistiche.
Saltato il piano partita, l’Uruguay è costretto a sbilanciarsi con Alonso che decide di togliere il capitano Godin per Facundo Pellistri, giovane talento ex Peñarol, e Vecino per Giorgian De Arrascaeta, il numero 10 della Celeste in forza al Flamengo.
Saranno proprio questi due a causare i maggiori pericoli al Portogallo, attaccando in coppia sulla fascia destra, reparto che fino a prima del loro ingresso era stato occupato con scarsa efficacia soltanto da uno spento Valverde.
La prestazione opaca della copia di centravanti Cavani e Nunez, complici anche gli interventi prodigiosi di Pepe e Ruben Dias, costringe il tecnico ad un doppio cambio ruolo per ruolo, con gli ingressi di Suarez e Maxi Gomez.
Fernando Santos, tentando di gestire il vantaggio e provando a sfruttare gli spazi concessi dagli avversari ora meno prudenti, inserisce Leao al posto di Ruben Neves, passando ad un assetto con quattro attaccanti e un velocista puro per sfruttare le ripartenze.
Di lì in poi saranno tre occasioni di fila per la Celeste, che prova con tutti i mezzi a riagguantare il pareggio:
Prima uno scambio al limite dell’area con Suarez favorisce la conclusione di Maxi Gomez, che colpisce in pieno il palo alla sinistra di Diogo Costa, poi sarà lo stesso attaccante ex Barcellona e Atletico Madrid a ritrovarsi libero di concludere in area a seguito di un calcio piazzato, concludendo soltanto sull’esterno della rete; infine l’ultima colossale chance non viene colta da De Arrascaeta, che scattato verso la porta, tenta di sorprendere l’estremo difensore portoghese con un debole e prevedibile pallonetto.
Sarà anche merito di Cancelo il clean-sheet da parte dei portoghesi, che sventa un ennesimo potenziale pericolo con una gran diagonale difensiva, nuova aggiunta al repertorio di un grandioso interprete, conosciuto più per le sue qualità da attaccante aggiunto, che qui dimostra invece attenzione anche per il reparto arretrato.
La pressione costante dell’Uruguay per provare a sventare la sconfitte non trova l’esito sperato, saranno invece i lusitani a chiudere il risultato al novantesimo su calcio di rigore, procurato da Bruno Fernandes con un tunnel ai danni di Gimenez, che in caduta tocca involontariamente il pallone con la mano, come evidenziato dalle immagini del VAR.
Sarà lo stesso Fernandes a presentarsi dagli undici, il quale con la consueta freddezza spiazza Rochet, mettendo al sicuro i tre punti e la qualificazione agli ottavi di finale.
La Celeste esce quindi sconfitta da una gara combattuta, confermando nonostante ciò le proprie difficoltà a trovare il gol, soprattutto a fronte delle grandi occasioni avute a più riprese, che in ogni caso non giustificano un avvio così passivo e a rilento per una squadra che ora dovrà giocarsi l’ultima carta alla terza giornata contro il Ghana, in un match dentro o fuori.
Alcuni dati del match relativi alla fase di non possesso contributo della piattaforma https://www.Kama.sport
Il Portogallo, pur non senza fatica, legittima un risultato importante, che lancia un messaggio a tutte le contendenti al titolo.
I lusitani di fatto sembrano essere secondi a pochi in fatto di talento a disposizione e le vittorie conquistate in questo avvio di mondiale fanno capire come finalmente alla corsa alla coppa del mondo siano iscritti anche loro:
Chissà che per la prima volta la vecchia Coppa Rimet non possa concedersi ad un nuovo vincitore, e che questo non possa essere proprio il Portogallo…