La Nazionale inglese attende il Senegal per il primo turno “dentro o fuori” di questo mondiale.
E mai come in questo mondiale le speranze inglesi di ripetere l’exploit del 1966 (l’unico nella loro storia) sono così fondate.
I motivi sono tanti.
Almeno uno in più di quelli che invece potrebbero rivelarsi un freno alle ambizioni degli uomini di Gareth Southgate.
Il primo e probabilmente più importante non è né di natura tattica né tecnica.
E’ solo di natura “temporale”.
La collocazione di questi Mondiali a meno di metà della stagione rappresenta per gli inglesi un enorme vantaggio.
Fino all’avvento delle “grandi rose” di 25-30 giocatori che da una decennio abbondante pare aver preso piede ad ogni latitudine il campionato inglese ancor prima di diventare il più ricco, importante e competitivo del pianeta era già, da sempre, il più lungo, combattuto ed estenuante del pianeta.
Una campionato che fino alla metà degli anni ’90 prevedeva 42 partite di campionato alle quali si aggiungevano due Coppe Nazionali, gli impegni in Europa e, per i calciatori in orbita Nazionale, quelli di qualificazione … senza contare le amichevoli!
E in “rose” che non superavamo i diciotto giocatori più bravi giocavano praticamente sempre.
Questo voleva dire per i giocatori migliori arrivare a giocare anche 60-65 partite all’anno e non erano infrequenti i casi in cui si superavano le 70 partite a stagione.
Non serve essere dei profondi conoscitori del corpo umano per capire che quando arrivava giugno e l’inizio della manifestazione calcistica più importante molti di loro erano semplicemente “drenati” e con le energie quanto meno in riserva.
A supporto di questa tesi prendiamo tre campionati mondiali, quelli disputati tra il 1982 e il 1990.
Nel 1982 l’Inghilterra aveva una signora squadra, compatta, organizzata e con giocatori di talento come Bryan Robson, Trevor Francis e Ray Wilkins.
Nel girone di qualificazione l’Inghilterra terminò a punteggio pieno rifilando tra l’altro una lezione di calcio alla Francia di Platini, Tigana, Giresse e Tresor.
Quando arrivarono le partite del secondo turno la luce iniziò a spegnersi.
Due pareggi, entrambi per zero a zero contro Spagna e Germania Ovest … quest’ultima arriverà in finale contro gli azzurri.
Nelle due edizioni successive le migliori prestazioni degli inglesi dopo il 1966.
L’uscita nei quarti per opera dell’Argentina di Maradona (e della “mano de Dios) nel 1986 in Messico e addirittura un posto nelle prime quattro ai Mondiali italiani del 1990, sconfitti anche qui (ai rigori) dalla squadra che poi vincerà i Mondiali … esattamente come in Messico quattro anni prima.
La differenza rispetto al passato?
L’Inghilterra, dopo la tragica sera dell’Heysel, in quegli anni era fuori dalle competizioni europee e il numero di partite complessivo dei suoi migliori calciatori era pertanto inferiore. Permettendo così ai vari Lineker, Hoddle, Waddle, Barnes, Platt e compagni di arrivare ai Mondiali con un pochino di benzina in più nel serbatoio.
Anche negli anni successivi ci è capitato tante volte di chiederci come mai i vari Gerrard, Lampard, Scholes ecc. non giocavano i Mondiali a livello delle loro prestazioni di club.
Uno dei motivi, e loro furono i primi ad ammetterlo, fu proprio una condizione non più ottimale.
Ma le ragioni per essere ottimisti per gli inglesi non finiscono qui.
Proviamo ad analizzarle.
AUTOSTIMA: quella che gli inglesi chiamano “confidence”. Quella serenità, quella forza, quella consapevolezza che arriva con i risultati, con il rendersi conto che il divario con le più grandi nazionali del mondo è sottilissimo e in tanti casi ormai completamente colmato.
Un piazzamento tra le prime quattro in Russia nell’ultima edizione dei Mondiali e una finale di un Europeo raggiunta hanno convinto Southgate e i suoi ragazzi che ora è possibile davvero giocarsela con tutti.
ROSA AMPIA: L’Inghilterra è copertissima in quasi tutti i ruoli … dove addirittura le seconde scelte sono spesso considerate da molti migliori delle prime.
Pope per Pickford ad esempio, Walker e Alexander-Arnold per Trippier o Foden per Sterling tanto per fare qualche esempio.
In attacco poi che giochino Grealish, o Mount o Saha o Maddison o Rashford (quest’ultimo finalmente tornato ai suoi eccellenti standard) non provoca squilibri particolari. Sono tutti all’altezza e tutti con un tasso tecnico di grande rilievo.
HARRY KANE: Insieme a Benzema, Haaland e Lewandowsky è la prima punta più forte del mondo. Quando poi decide di andare a giocare “fra le linee” la sua visione di gioco e la sua qualità lo trasformano in calciatore quasi unico per queste specifiche caratteristiche.
Non ha segnato … ma è l’unico calciatore, forse insieme al fortissimo Rice, di cui l’Inghilterra non può fare a meno.
Non tutto è rose e fiori però.
Ci sono degli aspetti che possono rivelarsi un handicap per questa nazionale.
DIFESA: Stones e Maguire sono due centrali difensivi di classico stampo britannico. Forti fisicamente, quasi insuperabili nel gioco aereo ma, soprattutto Maguire, attaccabile se esposto nell’uno contro uno o costretto a corse a ritroso verso la propria porta da attaccanti mobili e soprattutto rapidi.
Anche a livello di costruzione dal basso, peraltro non così ossessiva come per altri team, gli inglesi possono avere qualche difficoltà vista proprio la non eccelsa qualità tecnica dei suoi difensori centrali. Inoltre, con l’infortunio di Ben White, forse il più completo dei difensori della rosa partita per il Qatar, Southgate ha perso il difensore più duttile di tutta la squadra.
CALCI DI RIGORE: La storia ci insegna che l’Inghilterra soffre terribilmente la “roulette” dei calci di rigore. Per gli inglesi è una autentica maledizione. Tra Europei e Mondiali solo due volte (Europeo 1996 contro la Spagna nei quarti e Mondiale 2018 contro la Colombia ai Mondiali) gli inglesi hanno superato il turno grazie ai calci di rigore.
Per il resto … solo sconfitte, alcune dolorosissime come quelle contro la Germania agli Europei in casa del 1996, alla semifinale sempre con i tedeschi a Italia ’90, ai quarti di finale con il Portogallo nel 2006 fino agli ultimi Europei contro gli azzurri di Roberto Mancini.
Psicologicamente non è certo il massimo.
L’Inghilterra sa che deve vincere nei 120 minuti di partita e sapere di avere sempre e solo un risultato su tre non aiuta.
SOUTHGATE: La sua esperienza e il suo spessore non sembrano di altissimo livello. Dopo aver giocato per anni con la difesa a “5” ovvero con tre centrali difensivi, a questi Mondiali si è deciso ad optare per una difesa a quattro decisamente più nelle corde del calcio britannico.
Quello che lascia perplessi è la sua capacità di “leggere” la partita e di muovere le (tante) pedine a sua disposizione nel modo migliore.
Qualche progresso si è visto (invertire in corsa i due esterni d’attacco o “liberare” anche Rice da compiti solo di protezione permettendo alla sua fisicità di appoggiare il gioco d’attacco.
Ma resta un punto interrogativo importante.
L’occasione però è ghiotta.
Kane è compagni sapranno coglierla?
Da domenica sera sapremo qualcosa di più.
Remo Gandolfi
2 risposte
Saranno piu’ freschi, ma il clima del Golfo si fara’ sentire e non in loro favore. Auguri comunque.
Squadra solida in tutti i reparti, può vincere ovunque e può soffrire ripartenze veloci. Assieme Olanda,Spagna,Francia,Argentina, Brasile favorita x il titolo