L’attimo s…fuggente
La definiscono classica del calcio internazionale ma Inghilterra e Francia non si affrontano in una manifestazione importante da quarant’anni. Nell’ultimo precedente, giocato al mondiale del 1982, le stelle rispondevano al nome di Keegan e Platini, pallone d’oro del passato e del futuro, con il mondiale spagnolo a certificare l’inizio del declino del primo e l’ascesa ai vertici europei del secondo.
L’atmosfera allo stadio Al Bayt è da grande sfida con prepartita scandito dalle note di due tra gli inni più belli al mondo. Dopo oltre settant’anni il “God save the Queen” diventa “God save the King” ma l’emozione all’ascolto è la medesima di sempre. All’imponenza musicale dell’inno inglese fa da contraltare la “Marsigliese” con il carico adrenalinico che è solita portare con sé.
Formazione confermata da parte dei cugini d’oltralpe che, nonostante le cinque assenze che metterebbero in ginocchio qualunque squadra (Hernandez, Pogba, Kante, Benzema e Kipkembe), riescono a compensare le defezioni in virtù di un “portafoglio calciatori” di prim’ordine per qualità e quantità, prodotto di un movimento che da anni sforna elementi di altissimo livello.
L’Inghilterra opta per una formazione dal centrocampo dinamico, con il giovane Bellingham libero di “staccarsi” in avanti e di determinare con i suoi movimenti l’occupazione degli spazi. Sugli esterni vengono schierati due calciatori di piede sinistro (Saka a destra e Foden a sinistra) il che comporta uno sviluppo dell’azione con palla sui piedi di Saka, capace di muoversi verso il centro e “scompigliare” la linea difensiva francese.
Addizionando le assenze francesi ai giocatori offensivi inglesi rimasti fuori per scelta tecnica si ottiene una squadra in grado di ben figurare in Champions League.
Sono i transalpini a partire meglio all’inizio di una gara in cui, per la prima volta nei quarti di finale di Qatar 2022, i ritmi sono alti. I Francesi rinunciano al palleggio e cercano con insistenza Giroud, sia perché funga da sponda, sia per trovarlo in mezzo all’area. Sanno che la linea difensiva inglese è destinata a scontare il posizionamento non sempre perfetto dei due centrali, soprattutto in relazione ai palloni provenienti dalla trequarti in merito ai quali le letture risultano talvolta errate.
Nel primo quarto d’ora Giroud toccherà più palloni che nel resto del match.
La rete di Tchouameni al 17′ è conseguenza di una prima parte di gara in cui i bianchi d’Inghilterra non riescono a leggere i movimenti offensivi avversari. E’ ancora una volta Griezman, in virtù di un movimento collaudato (di cui si è abbondantemente scritto in occasione delle precedenti partite), ad armare il destro del centrocampista del Real Madrid senza che Pickford opponga un intervento che sarebbe risultato difficile ma non impossibile.
La gara pare incanalata verso la direzione preferita dei francesi che ci si immagina potranno sguinzagliare le cavalcate di Mbappè negli spazi che, giocoforza, sarà costretta a concedere la nazionale inglese impegnata a fare la partita.
Ed, in effetti, l’Inghilterra farà la partita.
E che partita!
I leoni assumono il comando delle operazioni non per via della proverbiale grinta anglosassone ma in virtù di un’organizzazione offensiva estremamente evoluta, con movimenti razionali e sincronizzati, in seno alla quale l’intelligenza calcistica di Kane si erge a protagonista.
Il centravanti inglese detta le azioni e ne rende agevole lo sviluppo anche quando non entra in possesso palla. Pulito nelle sponde, sa sempre dove posizionarsi.
Il fatto di giocare con ambo i piedi gli permette, da un lato, di non perdere tempi di gioco e, dall’altro, di spostare la palla a piacimento. E’ in grado indifferentemente di giocare tra le linee, di presidiare lo spazio o di attaccarlo. Il tutto senza mai apparire in affanno.
L’Inghilterra trascorrerà tutto il resto della gara a giocar palla sull’out destro ove i francesi sbandano. Kane esce spesso da quel lato per dialogare con Saka, che dimostra con i fatti perché venga preferito a tutti i talenti che siedono in panca. Mbappè non aiuta a sufficienza il compagno di fascia Hernandez che, complice la difficoltà di Rabiot nel trovare la posizione, si trova spesso a dover “zonare” tra Kane e l’esterno dell’Arsenal. Nelle occasioni in cui decide di seguire quest’ultimo verso il centro, l’esterno milanista è penalizzato dal dover usare il piede destro con il duello che non può che riportare uno scontato vincitore. Per tre volte in dieci minuti l’Inghilterra attacca l’area avversaria da destra, tagliando fuori Hernandez, senza tuttavia trovare la via della rete.
La prima frazione si chiude senza che il portiere inglese abbia sporcato i guanti.
La Francia sembra fidarsi della propria forza e della propria malizia. Peccato che ad un livello qualitativo d’eccellenza non si accompagni un gioco propositivo. Deschamps pare più intento a colpire l’avversario speculando sui momenti della gara. Giroud, cercato con continuità ad inizio gara, ha trascorso più di un quarto d’ora senza toccare un pallone.
L’impianto di gioco inglese, apprezzabile per conoscenze portate sul campo e livello di estetica, sconta sostanzialmente due aspetti.
Il primo è rappresentato dalla circostanza secondo cui, ogni qualvolta Kane si trova a giocare palla al di fuori dell’area di rigore, non vi è adeguata occupazione di quest’ultima per mezzo degli inserimenti dei compagni..
Il secondo è dato dal fatto che, nella corsia ove Saka maramaldeggia, latita la sovrapposizione del terzino destro. E’ cosa risaputa che, nel momento in cui un esterno (schierato sul lato del piede debole) si muove verso il centro del campo, un suo compagno debba tracciare la fascia di competenza. Walker, dovendo badare a Mbappè, non può permettersi troppe licenze offensive. Henderson in qualche occasione prova a sovrapporsi ma non può farlo con continuità, impegnato com’è a presidiare la zona centrale a caccia di eventuali seconde palle.
Nel secondo tempo, gli inglesi cercano di compensare queste due mancanze.
Bellingham, colpevole di aver dato impulso all’azione del goal francese, per essersi posto a contrasto con una postura del corpo errata, avanza il suo raggio d’azione e comincia ad inserirsi con maggior frequenza.
Dopo due occasioni nei primi due minuti della ripresa su situazioni di gioco determinate, come sempre, da Saka, il meritato pareggio inglese arriva su rigore, realizzato da Kane, concesso a seguito di un’azione che vede il gioiellino del Dortmund all’interno dell’area fare da sponda per lo scatenato esterno dei Gunners. Il fallo che ne consegue è diretta conseguenza del tempo della giocata del talento del Borussia che apre lo spazio al compagno con un frazione di secondo di anticipo rispetto al movimento del difendente.
Se cercate un esempio di modernità calcistica che comprenda tempi di gioco, sincronismo dei movimenti e tecnica, appuntatevi la suddetta combinazione.
L’Inghilterra è sempre più in fiducia e sembra padrona del proprio destino.
La Francia, tuttavia, è una belva che esce dalla propria tana solo quando si trova in situazione di effettivo bisogno.
Il solito errore di posizionamento dei centrali difensivi inglesi consente a Rabiot la prima ed unica percussione dell’incontro. Lo Juventino è abile ad anticipare la battuta a rete senza tuttavia indirizzare bene la sfera.
Quanto basta a rianimare i blues che innestano il motorino di Mbappè che pone Dembele a tu per tu con il portiere.
E’ l’unico acuto dell’attaccante del PSG in una gara che lo vede controllato preventivamente con attenta copertura delle linee di passaggio e reattività da parte dei difensori avversari nel correre in avanti.
Saka continua ad essere un fattore ma, per le conseguenze di un contrasto, deve abbandonare il campo.
Sarà un caso ma, nei minuti in cui rimane sul terreno di gioco senza poter incidere, la Francia prima sfiora il goal, pescando ancora una volta Giroud tra i due centrali, e poi lo realizza con la stessa modalità.
Determinante l’assist di Griezman, trovatosi sul lato sinistro per aver battuto il calcio d’angolo.
A questo punto dobbiamo fermarci nel racconto e porre l’attenzione su un aspetto dai più sottovalutato.
In un calcio in cui le squadre preparano le mosse e le contromisure in relazione alla conoscenza dell’avversario e alle posizioni occupate dai calciatori sul terreno di gioco, non è insolito vedere i protagonisti che determinano sfruttando situazioni che li vedono agire in una zona per loro poco abituale.
Nella fattispecie, il giocatore dell’Atletico staziona in una porzione diversa da quella in cui è solito agire e l’attenzione difensiva nei suoi confronti viene probabilmente meno per esser stata preparata a tavolino.
La capacità di predeterminare le mosse sul campo, per quanto abbia raggiunto livelli quasi scientifici, è destinata a scontare un margine di indeterminatezza legato all’evolversi delle situazioni sul prato verde.
Sarà compito dei settori giovanili e dei formatori impostare la crescita dei giovani calciatori in modo da renderli capaci, non solo di recepire le consegne in base a ciò che l’avversario è solito fare, ma di assumere di volta in volta la scelta corretta onde evitare che una situazione non disegnata alla lavagna, o non preventivabile ad inizio gara, li colga di sorpresa.
L’obiettivo dovrà essere quello di fornire nozioni, conoscenze e modalità di apprendimento che, per quanto coerenti con i principi di chi guida la squadra, non rendano il giocatore “telecomandabile” ma gli consentano di avere i mezzi per discernere in corso di gara.
Subito il 2-1 sarebbe preventivabile un contraccolpo da parte dell’Inghilterra che, invece, traendo nuova linfa dall’ingresso di Mount, riprende a giocare. I minuti finali non vengono interpretati all’arma bianca in ossequio alla tradizione britannica, anzi. I sudditi di Sua maestà continuano a tener palla e a cercare lo spazio per attaccare l’area francese. A seguito di una delle rare palle lunghe giocate, con Kane venuto incontro ad impostare, Mount pare prendere il tempo ad Hernandez il quale, completando una due giorni nefasta quanto a posizionamento degli esterni sinistri (cominciata con il croato Sosa in occasione del goal brasiliano e proseguita con l’olandese Blind in occasione della rete argentina di Molina) lo stende in area con un un intervento più simile ad una spinta che ad una spallata.
A posteriori si potrà discutere in merito alla circostanza secondo cui far calciare per due volte nella stessa gara un rigore contro il portiere con cui il rigorista si allena quotidianamente possa rappresentare un azzardo.
La storia ci insegna, in verità, che al campionato del mondo hanno fallito dal dischetto Maradona, Platini, Zico e via dicendo.
Il nome di Harry Kane si aggiunge a questa lista.
Con l’errore dagli undici metri si spegne il sogno inglese al termine di una partita ben giocata e condotta per lunghi tratti. La loro colpa risiede nel non aver colto l’attimo che avrebbe determinato un finale diverso.
Delle esibizioni al mondiale 2022 quella contro la Francia è stata senza dubbio la migliore da parte inglese.
Ad avviso di chi scrive, la nazionale dei tre leoni, nonostante un abbondanza di calciatori in alcune zone del campo e una scarsità in altri, può crescere ancora nei prossimi anni. L’aspetto psicologico, unito alla pressione di una nazione che non vede i suoi beniamini alzare un trofeo dal 1966, continuerà ad essere l’avversario più duro da affrontare ma le sensazioni che lascia sono quelle di una compagine ancora in divenire, a cui il fato non potrà girare le spalle in eterno.
L’errore più grave da parte della Federazione sarebbe quello di tornare all’antica, ripristinando dettami di un calcio anacronistico in nome di un pragmatismo troppo spesso spacciato per sinonimo di successo e di una tradizione legata ad un football, tutto foga e coraggio, che riporterebbe l’Inghilterra calcistica indietro anni luce.
I blues approdano alle semifinali con il minimo sforzo, forti di una consapevolezza nei propri mezzi che non appartiene a nessun’altra selezione presente al mondiale.
Il calcio champagne degli anni ’80 è un ricordo per nostalgici.
L’undici francese non scende in campo con l’obiettivo di proporre calcio, sa di poter contare su individualità di livello superiore e cerca di far pesare il loro valore intrinseco.
Al triplice fischio, tuttavia, sono risultati ancora una volta vittoriosi. Senza brillare, ma vittoriosi.
Un po’ come accadeva ai tedeschi sino a qualche lustro fa.
Non saranno maturi i tempi perché all’adagio caro a Gary Lineker, secondo cui “il calcio è uno sport che si gioca undici contro undici nel quale alla fine vincono i tedeschi”, venga apportata una modifica alla parte conclusiva?
Una risposta
Molto bello L articolo, non ho visto il match purtroppo dopo questa lettura come se L ‘avessi visto.
Molto dettagliato e spiegato molto bene. Complimenti continuate cosi.