PILLOLE DI METODOLOGIA NR.7 – LA PARETINA: STRUMENTO D’ALLENAMENTO?

Quanti di voi utilizzano le paretine? Tanti, immagino.

L’utilizzo delle paretine sui campi di calcio, soprattutto nei settori giovanili delle società dilettantistiche e professionistiche, è sempre più frequente.

Non solo. Tanti grandi ex calciatori ne fanno uso e sono pertanto ambasciatori di questo strumento di allenamento.

Ma qual’è il valore aggiunto del suo utilizzo? Perché, anziché la paretina, non poniamo un giocatore a ricevere e a restituire con un passaggio la palla?

La paretina viene utilizzata per ripetere più volte un gesto tecnico, il passaggio di interno piede ad esempio, in un’idea di apprendimento basata sulla ripetitività del gesto indipendentemente dal contesto in cui la si effettua. Ancora, la paretina può essere utilizzata per eseguire un uno-due seguito da un tiro in porta, da una conduzione ecc…

Ammesso e non concesso che si migliori la tecnica in questo modo (ripetizione del gesto), perché’ utilizzare la paretina e non un compagno?

Il tutto può avere senso qualora il giocatore non possa allenarsi con i compagni o non possa partecipare alla seduta di allenamento. In questi casi lasciamo che si diverta con la paretina o con più paretine piuttosto che si immerga, per ore, nei giochi elettronici o altre attività sedentarie.

Se invece la ragione non risiedesse nella mancanza di alternativa ad un gioco individuale, a quel punto, mi porrei delle domande.

Durante il lockdown ho avuto, come molti di noi, l’opportunità di partecipare a diversi webinar in cui si discuteva di aspetti legati al calcio. In alcuni il tema trattato è stato quello delle Neuroscienze e come lo studio di questa materia potesse aiutare gli addetti ai lavori. Ho ascoltato pertanto il Prof. Capanna, precursore dell’introduzione di questa disciplina nel mondo del calcio ed il Prof. Sinigaglia, componente del gruppo di lavoro del Prof. Rizzolatti, neuroscienziato scopritore dei neuroni specchio.

Probabilmente semplificando il concetto e non dando il giusto valore alla portata degli studi, quello che ho appreso e’ che il giocatore, attraverso l’osservazione del movimento, della gestualità di un avversario o di un compagno, sarebbe in grado di intuirne le intenzioni e le finalità potendo così agire di conseguenza.

Torniamo ora al nostro giocatore con la palla nei piedi e la paretina di fronte a sè: Quando calcia la palla contro la paretina, la calcia senza curare la precisione e senza indirizzarla verso uno dei piedi dell’ipotetico giocatore, ne’ verso il “piede forte” ne’, tantomeno, se ci configurassimo una reale situazione di gioco, dalla parte dove è presumibilmente più difficile che l’ipotetico marcatore possa intervenire. Allo stesso modo non può intuire dove la palla gli sarà restituita perchè, come accennato sopra, non può contare sull’intervento dei neuroni specchio.

Per poter spiegare meglio (mi auguro) porto l’esempio fattomi da coach Davide Mazzanti tecnico della Nazionale azzurra di Volley Femminile. Davide racconta che mentre sta allenando una delle sue atlete, la migliore nella tecnica della ricezione (gesto chiamato bagger), con la “sparapalloni”, la ragazza inanella una serie di errori inusuale per le sue doti. Preoccupato le si avvicina e le chiede cosa stesse succedendo: <<Coach, mi manca un pezzo, non vedendo il movimento della mia avversaria non riesco più ad immaginare/intuire dove possa arrivare il pallone>>, fu la sua risposta sconsolata dell’atleta.

E’ più chiaro ora?

L’utilizzo delle paretine oltre a togliere la possibilità di eseguire un gesto ad un nostro giocatore (provate a contare di quanti gesti per allenamento, per settimana, mese, stagione, viene privato il giocatore) mi propone un qualcosa che si allontana dalla realtà del gioco!

Come già detto più volte quando mi allontano dalla realtà del gioco devo chiedermi perchè lo faccio.

Potrei aver scritto qualcosa di sbagliato e per questa ragione, tra l’altro, nasce il blog: promuovere il confronto e la discussione.

Sempre in tema “paretine”, occorre menzionare anche le paretine inclinate che consentono al pallone di innalzarsi disegnando parabole dalle svariate traiettorie così da consentire al nostro calciatore di calciare o eseguire un controllo al volo o di controbalzo.

Torniamo di nuovo al quesito: Siamo sicuri che il nostro calciatore possa poi trasferire l’apprendimento di quel gesto nella complessità del gioco?

La paretina è uno strumento che permette di organizzare tanti giochi competitivi tra i giovani e/o le giovani calciatrici e pertanto favorisce il divertimento e, di conseguenza, la motivazione. Nulla da eccepire anche se tante potrebbero essere le modalità per stimolare questi aspetti dentro al gioco del calcio.

Concludo dicendo che, a scanso di equivoci, non ho nulla contro le paretine.

Sono certo che continueranno a proliferare sempre più. Saranno sempre piu’ tecnologiche, stilisticamente piu’ belle, brandizzabili ecc…ecc…

Maneggiamole però con cura e riconosciamone il fine!

11 risposte

  1. Filippo hai scritto un articolo bellissimo. Premetto che non conoscevo questo strumento. Condivido le tue perplessità, ma poi, analizzo se ci sono altri aspetti importanti.

    Lo spunto me lo ha dato l’atleta della pallavolo. In effetti, mentre lo scambio tra due calciatori contiene in sè la logica della prevedibilità del passaggio ed allena allo scambio pro attivo tra calciatori, la paretina è un ottimo strumento di gestione di passaggi fatti male e di situazioni non prevedibili. Ad esempio l’intercettazione in corsa di un passaggio tra avversari.

    Io credo che se utilizzato per gestire l’imprevedibilità parziale del rimbalzo, la paretina può essere un utile strumento di allenamento, ma non può, in questo concordo con le tue perplessità, sostituire l’uomo nello scambio proattivo.

    Il proattivo sta a significare che si può avere uno scambio ripetuto in velocità, oppure un rallentamento, o una accelerazione oppure un lancio.

    Comunque, mi complimento ancora con la qualità del “vostro” blog, in quanto mi piacciono non solo i tuoi interventi ma anche quelli del “gruppo” da te creato.

    Ne approfitto per dare la “buona Pasqua” al “gruppo” e ai lettori del blog.

    Giuseppe Squeo

  2. Filippo buongiorno. Avendo visto tutti i tuoi incontri e anche nel nostro a Monza ,non posso che essere d’accordo sul bellissimo articolo che hai scritto. L’esempio che hai descritto della pallavolista è emblematico. Lavoriamo nelle difficoltà, lavoriamo in situazioni,. Come attrezzo per divertimento o per recuperare un infortunio ci può stare ( forse ) , ma la mancanza di un avversario o di un compagno per poter interagire è fondamentale. Come dici te rispetto per chi la usa. Ma in campo con me non ci sarà mai. Buona giornata e a presto.

  3. Ciao Filippo, buon giorno. Quando dici che attraverso l’osservazione del movimento, della gestualità di un avversario o di un compagno, il ragazzo sarebbe in grado di intuirne le intenzioni e le finalità potendo così agire di conseguenza è vero. Riuscire a intercettare un pallone e rompere una linea lo si apprende proprio allenandosi “all’altro”, a processare in un nano secondo le opzioni dell’avversario e dei suoi movimenti. Imparare ad osservare ed agire in velocità è una qualità che può essere innata ma può anche essere allenata. Non è un caso che molti responsabili dei settori giovanili osservano se un ragazzo si guarda intorno prima che gli arrivi la palla.

    1. Ciao Stefano, grazie per il commento: Sono gli studi sui neuroni specchio che lo dicono.
      Rispetto al guardarsi intorno dei calciatori, l’importanza è legata alla possibilità di percepire l’intorno e pertanto di agire di conseguenza.
      A presto.

  4. Buongiorno
    Sono d’accordo sul discorso che mettere un compagno si avvicini più al gioco reale…..con tutti gli errori e le imperfezioni che sia hanno nel gestire un pallone che arrivi da un compagno….ma è giusto anche promuovere un lavoro individuale a casa o nei momenti liberi….. dobbiamo recuperare i tempi e le ore che non passano più per strada ed in oratorio ….la scuola non ci aiuta le istituzioni non hanno idea di cosa abbiamo bisogno per migliorare i nostri ragazzi.
    Lockdown ci ha dato uno spunto e una possibilità che ci si può allenare anche a casa…. nostalgicamente ricordo che lo facevamo anche noi con dei palloni fatti anche di carta.
    Allenamento e ore passante a ripetere e ad immaginare le giocate dei campioni potranno esserci utili per trovare dei ragazzi tecnicamente più preparati…..così che al campo si possa lavorare senza imprecare su lavori di pura situazione di gara…..
    Dobbiamo fare come quando andavamo a scuola e ci lasciavano da risolvere i problemi di matematica tutti i dati servono per risolvere il ” il problema” tutte le innovazioni e gli strumenti devono servirci per risolvere il problema attuale….
    Grazie

    1. Buongiorno Giuseppe,grazie per il contributo. Provo a risponderle senza avere la pretesa di cambiare il suo pensiero ma facendo alcune riflessioni:
      – Il lockdown,ci ha spronati a fare in modo che i nostri ragazzi o le nostre ragazze non svolgessero solo attività sedentarie ma anche attività motorie un pò più complesse utilizzando il pallone, palleggiando, calciando contro i muri ecc…Il gioco del calcio è un altra cosa e prevede la presenza di compagni ed avversari. Non credo, almeno secondo la nostra idea di apprendimento, che i nostri giocatori ne siano usciti tecnicamente migliorati.
      – È vero lo facevamo anche noi ma dopo quante ore di gioco libero, in strada e oratorio, come anche lei ha ricordato?!
      – “Risolvere i problemi con con tutti i dati”: Sempre secondo la nostra idea, l’apprendimento non è lineare e non procede dal semplice al difficile.Per dato credo che lei intenda la tecnica individuale o tecnica di base…ecco,, crediamo che la tecnica vada ricercata dentro la situazione, lo strumento prenda forma lì dentro anzichè “fuori dal gioco”,anche se non si hanno tutti i dati a disposizione. Spero di non essere stato confusivo. A presto.

  5. OK. Filippo mi piacerebbe che entrambi usassimo o il tu o il lei (anche perchè con il “lei” mi fai sentire vecchio (scherzo)).
    Per la verità il concetto da te esposto mi sembrava chiaro, solo che io l’ho visto come uno strumento di imprevedibilità, ma aggiuntivo e non sostitutivo alla presenza dell’uomo.

    Personalmente, avendo fatto un altro mestiere, non ho mai visto un allenamento di professionisti. Ma ricordo, per quello che ho fatto e visto, che spesso vi erano momenti di pausa legati al fatto che si facevano esercizi tecnici di gruppo per alcuni e non per tutti. Bene in questo caso oltre che farli palleggiare, si può usare la paretina ad integrazione del palleggio (verticale) con la paretina (orizzontale). Ovviamente, se ci sono tempi morti o è un esercizio da fare come volontario dopo l’allenamento.

    Ma dovendo optare tra i due hai perfettamente ragione tu. Ma non ero in contrasto prima, avendo condiviso il tuo ragionamento di base.

    Comunque, grazie per questo blog.

  6. Buongiorno, grazie Filippo per la condivisione di post sempre interessanti e che danno lo spunto per confrontarsi e secondo il mio parere confronto=crescita.
    Premessa, non ho mai utilizzato questo tipo di attrezzatura proprio perche’ ho sempre preferito far fare la sponda ai ragazzi, con questo non voglio assolutamente affermare che questo tipo di attrezzatura non possa essere utilizzato in maniera efficace.
    Condivido il discorso delle esercitazioni in situazione perche’ in queste ritroviamo gli stessi elementi o per lo meno quelli che si avvicinano di piu’ a quelli che poi i ragazzi ritrovano in partita.
    Secondo pero’ quella che e’ la mia esperienza sul campo e seguendo allenamenti e partite di settori giovanili di squadre prof. che utilizzano principalmente l’allenamento situazionale, ho notato nei ragazzi, a cui ad alcuni ho avuto la fortuna di fargli da allenatore personale, alcune ‘mancanze standard’ sotto l’aspetto della tattica individuale.
    Quindi, sempre secondo me, e’ corretto prediligere l’allenamento situazionale ma un po’ di allenamento della tattica individuale in analitico soprattutto inizialmente non guasta.

    1. Ciao Giuliano, quello che si fa fatica a comprendere è che l’intervento su quella che viene definita tattica individuale può essere fatto all’interno delle esercitazioni situazionali, con l’allenatore che sta dentro l’esercitazione ed aiuta il giocatore nella comprensione, ad esempio, di una postura piuttosto che di un’altra.Se poi non comprende si può arrivare ad un momento decontestualizzato dal gioco ma non è detto che poi ci sia un transfer di apprendimento. In ogni caso il passaggio è da dentro (il gioco) a fuori, e non viceversa. Grazie per il tuo contributo.

      1. Sono d’accordo e ho capito il tuo pensiero però credo che ciò che affermi sia più semplice farlo con ragazzi dagli under 16 in avanti, per u15 e soprattutto u14 credo sia più semplice un minimo di analitica iniziale poi situazionale con puntuali consigli/correzioni. Sempre grazie per il confronto

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