UNA VOLTA IL PORTIERE… …E ORA?

La velocità di giocata, la fisicità, i palloni e la regola del retropassaggio che con la sua evoluzione da 30 anni ha stravolto il ruolo del portiere, hanno modificato molto l’impegno della tecnica difensiva e offensiva che spesso viene allenata per la maggior parte del tempo delle sedute specifiche.

Al giorno d’oggi possiamo considerare un portiere completo dal momento che interpreta bene le due fasi. E’ pur vero che, molti allenatori, considerano questo ruolo ancora radicato alla parata e alla difesa della porta. Ma è realmente così? Veramente basta solo parare? E il dominio dello spazio? E la fase offensiva?

Da uno studio risulta che ad Euro 2020 al cospetto di 5134 interventi totali compiuti dai portieri solo 569 pari all’11,08% siano stati effettuati in tecnica difensiva, un valore in continuo decremento; al Mondiale di Russia 2018 la percentuale era del 14,6%, in Brasile 2014 25,79% (1).

Credo che pure lontano dalla linea di porta il portiere debba essere molto attivo, per mantenere le giuste distanze con la squadra, dominare l’area sulle traiettorie aeree, intervenire anche oltre la linea sulle palle giocate in profondità e utilizzare spazi diversi per essere un elemento in più in fase di possesso.

Per cui nelle sedute d’allenamento non dovremo concentraci solo sulla finalizzazione o sul gesto specifico in fase d’attacco, ma si dovrà pensare anche alla preparazione su palla lontana, quindi mantenendo delle posizioni e posture preventive in fase di non possesso e creando delle esercitazioni per far trovare al portiere i corretti spostamenti e spazi per un sostegno o smarcamento efficace e riconoscere poi le giocate da eseguire con i piedi o con le mani.

Per arrivare a ciò, è normale che le sedute specifiche abbiano già subito un’evoluzione e che in futuro dovranno essere pensate in modo ancora diverso.

Partiamo da una prima analisi, ormai nelle prime squadre di alto livello, quasi tutti i club utilizzano due allenatori dei portieri, meglio ancora se uno con piede dominante destro e uno sinistro; questo oltre a permettere una vasta gamma di esercitazioni in cui tecnici e portieri si integrano, dà il vantaggio di seguire i portieri con quattro occhi capendo dove intervenire e soprattutto dà la possibilità di seguirli con la squadra nei momenti tecnico tattici e allo stesso tempo allenare nello specifico quei ragazzi che non sono coinvolti con il resto del team.

UN PREPARATORE ALLENA CON LA SQUADRA, L’ALTRO ALLENA SINGOLARMENTE IL PORTIERE NON UTILIZZATO.

E’ anche vero che la maggior parte dei club non hanno questa possibilità, per cui l’allenatore dei portieri deve essere in grado di sensibilizzare gli atleti ad auto allenarsi nello specifico, creando esercitazioni più accattivanti e vicine al contesto gara, alzando tra loro l’impegno cognitivo e poi dovrà fargli capire che i momenti con la squadra sono parte importante/fondamentale della seduta.

Venendo al pratico vorrei parlare delle mie esperienze degli ultimi anni e della mia metodologia.

Come prima cosa, spesso, se le condizioni lo permettono, si esce prima con i portieri per avere un po’ di tempo in più a disposizione per allenare lo specifico.

“Ripetere senza ripetere” è un concetto al quale tengo molto in quanto credo che il calcio, ma soprattutto questo ruolo specifico sia composto da migliaia di variabili e già cambiare per alcuni particolari un’esercitazione dal lato sinistro al destro o viceversa può essere una prerogativa che si avvicina alla realtà. 

Le sedute iniziano esclusivamente con un gioco per attivare la parte cerebrale, iniziare col sorriso ed inserire già una prima sfida, successivamente passo ad un lavoro integrato partendo da un aspetto analitico per poi lavorare sulle transizioni positive o negative, infine le sedute specifiche terminano con dei lavori globali indirizzati alla gara da affrontare o a dei concetti da sviluppare.

IMMAGINI DI ALCUNE ESERCITAZIONI

All’interno di queste fasi i portieri sono gli assoluti protagonisti ma non solo per parare, uscire, calciare dopo una presa, etc., ma sono proprio parte integrante delle esercitazioni; in alcuni momenti possono fungere da attaccanti, altri da difensori, altri da disturbo visivo, altri come start dell’esercizio lanciando o calciando ad un compagno. 

La sequenza è quella che si utilizza di norma ma le variabili dovuto alle esigenze dello staff fanno sì che molte sedute vengano stravolte per dare priorità al lavoro con la squadra. 

Ed è proprio questa fase quella che ritengo che in futuro potrà avere l’evoluzione più radicale in cui l’allenatore dei portieri dovrà essere in grado di correggere in situazione, in quanto i portieri dovranno allenarsi in funzione dei principi della propria squadra e di quella avversaria conoscendo e interpretando il gioco in fase offensiva ma anche in quella difensiva per capire i concetti e guidare da dietro i propri compagni.

MICHELE DE BERNARDIN CON IL COLLEGA RAFFAELE CLEMENTE NEL PRE GARA CON I PORTIERI

Concludo dicendo che ogni allenatore ha la sua metodologia e i suoi tempi nella gestione delle sedute.

Dovremo essere bravi e capaci noi a confrontarci ed integrare il nostro lavoro in quello di staff facendo capire l’importanza del ruolo e inserendo i portieri nel modo migliore rispetto alla funzionalità di squadra.

(1) Bibliografia: Petrelli – Studio sulla tecnica offensiva del portiere.

BIO: Michele De Bernardin. Ho 45 anni, sono laureato in Scienze Motorie, ho l’attestato Uefa B come allenatore e il Uefa GK A come allenatore dei portieri. Ho cominciato a giocare come centrocampista, poi sono andato in porta ed ho fatto la trafila nel settore giovanile del Vicenza calcio fino agli Allievi ed infine ho giocato nel Valdagno in serie C2. Ho smesso molto giovane militando nelle categorie dilettantistiche.

Ho iniziato ad allenare appena smesso la carriera da giocatore, due anni nelle giovanili dilettantistiche per poi fare quattro anni nei settori professionistici di Cittadella e Padova con il doppio ruolo di responsabile d’area e allenatore dei portieri del settore giovanile.

A 30 anni la mia prima esperienza con una Prima squadra professionistica, in C2 con il Sudtirol, per poi allenare in varie serie C e B tra cui Sambonifacese, Vicenza, Mantova e Pordenone. Nel 2018 sono approdato al Parma Calcio prima come responsabile d’area per il settore giovanile e poi come allenatore dei portieri in Prima squadra tra serie A e B.

Nella stagione 2021-22 ho lavorato con un collega svedese vedendo e confrontandomi con una metodologia diversa e soprattutto ho avuto il piacere di allenare una leggenda come “Gigi Buffon”, esperienza che mi ha dato molto sotto diversi aspetti. Da luglio 2022 sono entrato a far parte dello staff di Marco Giampaolo diventando responsabile dell’area portieri della Prima squadra all’U.C. Sampdoria avvalendomi della preziosa collaborazione di Raffaele Clemente, collega “mancino” che oltre a completare il lavoro su campo è un valido supporto per dividere e condividere con il sottoscritto anche tutto l’extra campo.

2 risposte

  1. L’analisi del collega Michele è perfetta ,non fa una piega, purtroppo gli allenatori delle prime squadre dei settori calcistici inferiori non hanno molto l’idea di integrare l’allenatore dei portieri come supporto tecnico e tattico con la squadra. Purtroppo i neuroni di questi allenatori sono limitati, il pensiero di Michele, scusate la presunzione, l’ho sempre pensata , poi esistono categorie di allenatori che ascoltano si consigliano e si confrontano con l’allenatore dei portieri che è francamente (ora) un allenatore a tutti gli effetti con la qualità anche di insegnare ed allenare il portiere che è pilastro indiscusso di una qualsiasi squadra. Bravo Michele.

  2. Michele, anche concordando in pieno con quanto scrive Maiani, mi congratulo con quanto da te evidenziato.

    Io, ora vecchietto, tra il 1959 e 1965, ho fatto il portiere in squadre di Figc (prevalentemente campionati zonali). essendo basso (1,70) cercavo di essere pro-attivo rispetto allo sviluppo dell’azione e cercavo di farmi trovare sulla traiettoria della palla.

    Non si usciva troppo fuori dai pali, all’epoca, anche perchè ho sempre avuto un ibero (per la verità tutti bravi).

    Con l’abbandono del libero, il gioco che parte da dietro, ecco che il ruolo del portiere si modifica. Non in una sorta di “despecializzazione” (il portiere comunque ha il compito di parare ed è l’ultima e decisiva risorsa per evitare il gol), ma di “multispecializzazione” essendo anche coinvolto nel giro palla e in una logica di libero, quando l’azione è dall’altra parte del campo.

    Per preparare un portiere a svolgere questi compiti: parare tra i pali, intervenire sui cross, fare giro palla, rilanciare e intercettare prima dell’attaccante il lancio lungo che scavalca la linea difensiva, ci vuole una preparazione specifica, per ognuno di questi compiti, anche se non soprattutto nell’aspetto dell’elasticità mentale e velocità di cambio di pensiero.

    Un saluto.

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