E’ il 25 giugno del 1978.
Si sta giocando la finale del Campionato del Mondo di calcio.
Il Monumental, lo stadio del River Plate, è stracolmo.
Ci sono quasi 72.000 argentini che sospingono i loro ragazzi verso la conquista del loro primo titolo nella storia dei Campionati del mondo di calcio.
Di fronte c’è l’Olanda.
La “piccola” Olanda che solo quattro anni prima incantò il mondo con un calcio che sapeva di “gioia e rivoluzione”, così diverso da quello giocato fino ad allora.
Anche allora gli “Orange” arrivarono in finale e anche allora proprio contro la squadra del paese organizzatore della manifestazione.
Cruyff e compagni caddero proprio all’ultimo ostacolo, perdendo uno a due contro i tedeschi padroni di casa ma dimostrando, vent’anni dopo la grande Ungheria, che per cambiare la storia del calcio non è indispensabile vincere.
Oggi però in campo non c’è Johann Cruyff e la bellezza e il coraggio del gioco degli olandesi è stato sostituito da un atteggiamento assai più pragmatico.
Due tiri da fuori area hanno permesso agli uomini di Ernst Happel, il grande allenatore austriaco che portò il Feyenoord alla conquista della Coppa dei Campioni solo 8 anni prima, di avere la meglio sugli azzurri, togliendo ai ragazzi di Enzo Bearzot quel posto in finale che avrebbero probabilmente meritato per quanto fatto vedere fino a quel momento.
In finale però ci sono loro, gli “Orange” che stanno rendendo la vita difficili agli argentini.
La squadra di Cesar Menotti è costruita su grandi individualità e il credo di Menotti è di organizzare la propria squadra quando la palla ce l’hanno gli avversari ma di lasciare liberi i suoi giocatori di creare una volta entrati in possesso della sfera.
Gli argentini sono passati in vantaggio dopo trentotto minuti di gioco.
E’ stato Mario Kempes, pallida controfigura di se stesso nelle partite del girone di qualificazione e poi letteralmente esploso una volta trasferitosi con i compagni nella “sua” Rosario, dove con le “Canallas” aveva giocato fino a un paio di stagioni prima del suo trasferimento in Spagna nelle file del Valencia, a portare in vantaggio i suoi.
L’Olanda ci prova, ma le stilettate di Rep, Rensenbrink e dei gemelli Van de Kerkhof riescono solo a scalfire l’attenta difesa argentina, sontuosamente guidata dal “Caudillo” Daniel Passarella.
Anche Ernst Happel capisce che con il fioretto non sta ottenendo nulla di significativo.
Serve la spada.
E la spada, quell’Olanda orfana dei suoi due leader di quattro anni prima Johann Cruyff e Wim Van Hanegem, è seduta in panchina.
Si chiama DICK NANNINGA.
E’ appena tornato a disposizione dopo che nella partita contro la Germania Ovest era stato espulso dopo soli nove minuti dal suo ingresso in campo, dovendo saltare così la sfida con l’Italia.
La sua è una storia davvero particolare.
Ha 29 anni e solo cinque anni prima era un giocatore semi-professionista nelle file del Veendam, arrotondando lo stipendio principale che gli veniva dal lavoro di muratore prima e dal suo negozio di fiori in seguito.
Nanninga non gioca però neppure adesso in uno dei grandi Club olandesi ma nel piccolo Roda JC.
Il suo stile di gioco però non è passato inosservato ad un maestro del calcio come Ernst Happel. Nanninga sembra infatti uscito dal manuale del tipico numero “9” del calcio britannico.
189 centimetri per 85 kg di peso, forza e coraggio da vendere, letale nel gioco aereo e praticamente inutile se servito palla a terra, specie se gli si chiede di correre per raggiungerla …
Ma è proprio la sua bravura sui palloni alti che serve all’Olanda in questo momento.
Cross ne sono arrivati tanti ma Daniel Passarella, nonostante i suoi 174 centimetri, non ha lasciato che le briciole a Rep e compagni.
E così dopo meno di un quarto d’ora dall’inizio della ripresa Dirk (detto Dick) Nanninga viene gettato nella mischia. Al posto di Johnny Rep. Un centravanti per un altro, ma la spada al posto del fioretto.
Dopo dieci secondi dal suo ingresso vince un duello aereo con Gallego anche se il suo pallone finisce docile fra le braccia di Fillol.
Passano altri due minuti e Ruud Krol effettua un lungo lancio dalle retrovie a scavalcare il centrocampo. L’obiettivo è sempre Nanninga.
Il gigante olandese vince il suo duello aereo con Daniel Passarella.
La musica è definitivamente cambiata.
A tal punto che su uno splendido cross “a giro” dalla sinistra di Rensenbrink il “gigante di Groningen” al momento dello stacco viene brutalmente spostato da Passarella.
L’arbitro italiano, Sergio Gonella, fa proseguire.
L’Olanda continua a provarci ma l’Argentina si difende con il coltello fra i denti e punzecchia spesso la retroguardia olandese con azioni di rimessa, quasi sempre con Mario Kempes a tratti davvero incontenibile.
Il tempo passa e per 27 milioni di argentini il sogno è ormai a pochi minuti di distanza.
Tarantini svirgola un rinvio e alla palla torna in possesso degli olandesi nella trequarti biancoceleste.
Rensenbrink riceve palla e finge di andare in percussione centrale. Invece apre sulla sinistra per Poortvliet. Il terzino olandese finge il cross ma appoggia invece ad Arie Haan, “libero” nell’Olanda di quattro anni prima e ora invece fulcro del gioco di centrocampo. Haan alza la testa e mentre gli argentini tentano goffamente di mettere in fuorigioco gli attaccanti olandesi, pesca invece sulla destra Renè Van de Kerkhof. La difesa argentina corre a ritroso verso la propria porta per recuperare le posizioni ma il pallone di uno dei due gemelli del PSV Eindhoven è invece ad “uscire” verso il secondo palo. In quella zona c’è proprio lui.
Dick Nanninga.
Sono i suoi palloni. Lo stacco è perentorio, l’incornata è potente e precisa.
Ubaldo Fillol resta immobile.
L’Olanda ha pareggiato.
Il rude centravanti ha, con la sua spada, riportato l’Olanda in parità.
L’Argentina intera sprofonda nella paura di non farcela, per l’ennesima volta.
Paura che diventa terrore quando pochi minuti dopo Rob Rensenbrink colpirà il palo della porta di Fillol.
Pericolo scampato ma si dovranno giocare i supplementari.
… per colpa di un ex-muratore di Groningen …
L’Argentina, con un altro gol di Kempes e il suggello definitivo di Bertoni, vincerà questa finale ai supplementari laureandosi per la prima volta nella sua storia campione del Mondo.
Dick Nanninga esattamente 48 ore dopo sarà nel suo negozio di fiori a Kerkeadewhere.
ANEDDOTI E CURIOSITA’
Dopo le sue due prime stagioni con il Roda JC (dove segna 27 reti in poco più di 60 incontri) arriva l’interessamento dell’Ajax di Amsterdam.
“Non me la sono sentita. Temevo di non giocare abbastanza spesso in quella squadra mentre nel Roda mi divertivo parecchio. E poi avevo appena aperto il mio negozio di fiori!
Nonostante il suo ruolino di marcia costante come realizzatore e le sue buone prestazioni Nanninga viene ignorato dalla Nazionale olandese per diverso tempo.
E’ solo un paio di mesi prima dell’inizio del Mondiale argentino che Ernst Happel si accorge di questo bestione, tutto muscoli e colpi di testa.
Con Cruyff che ha deciso di rinunciare ai Mondiali occorre un’alternativa a Johnny Rep, trasformatosi nel frattempo da ala ad attaccante centrale.
In quell’aprile del 1978 l’Olanda deve affrontare in amichevole la Tunisia.
Happel decide di mettere in campo Nanninga.
L’Olanda vince per quattro reti a zero e Nanninga segna una doppietta.
Un posto nei 22 sull’aereo per l’Argentina sarà suo.
Ai Mondiali del 1974 diventò celeberrima la scelta di Cruyff di giocare con la maglia della sua Nazionale con solo due strisce sulle maniche, invece delle tre, simbolo della marca Adidas, che sponsorizzava gli Orange. Questo perché “il profeta del gol” olandese aveva sottoscritto un remunerativo contratto individuale con la marca Puma.
… la stessa cosa, anche se ebbe assai meno clamore, capitò anche a Nanninga che in quei Mondiali argentini sulla sua maglia numero 18 aveva anche lui solo due strisce.
“L’unica cosa in comune che ho avuto con Cruyff !” ha sempre ricordato con grande ironia Nanninga.
Nel corso di quei Mondiali Nanninga stabilì un record. Fu il primo giocatore ad essere espulso in un mondiale di calcio dopo essere subentrato dalla panchina.
Nel match contro la Germania Ovest nel girone finale Nanninga entrò in campo a poco più di dieci minuti dal termine, con l’Olanda sotto nel risultato per due gol a uno. Neppure il tempo di entrare che Renè Van de Kerkhof ristabiliva la parità. Pochi minuti dopo viene assegnato all’Olanda un calcio di punizione a pochi metri dall’area di rigore tedesca. Nanninga si piazza nella barriera dei tedeschi e inizia a spintonarsi vivacemente con Holzenbein, l’attaccante tedesco. L’arbitro, l’uruguaiano Barreto, decide di ammonire entrambi. Ma mentre si allontana qualcuno ha qualcosa da dire.
Si sente chiaramente la frase “stupid ref !”.
Barreto torna sui suoi passi, va verso Nanninga ed estrae il cartellino rosso.
“Non sono stato io” dirà in tutte le interviste il centravanti olandese. quelle parole le ho sentite distintamente anch’io … solo che non sono stato io a pronunciarle !”
La stagione migliore nelle file del Roda JC sarà proprio quella subito dopo il Mondiale argentino dove Nanninga segnerà la bellezza di 23 reti in campionato portando il Roda ad un eccellente quinto posto finale.
Una delle caratteristiche principale dello stile di gioco di Dick Nanninga era il suo estremo coraggio. Colpi di testa in tuffo, rovesciate, scontri senza mai tirare indietro il piede (o la testa) ne hanno fatto uno dei calciatori con il maggior numero di infortuni probabilmente nella storia del calcio.
Ecco un breve elenco: 5 rotture dei legamenti del ginocchio, tre fratture alle gambe, una frattura ad un polso ed una alla mano, tre fratture alle costole, due ernie e sei fratture alla clavicola !
Anche dopo il Mondiale di Argentina Nanninga conserverà il suo posto nella rosa dei “tulipani” chiudendo la sua carriera con 6 reti in 15 partite ufficiali, l’ultima contro Cipro nel febbraio del 1981.
In relazione al suo periodo in Nazionale è molto divertente il paragone di Nanninga. “Ero un artigiano in mezzo a tanti artisti. Ma qualche volta la fatica è utile quanto il talento !”.
Il destino con Dick Nanninga non sarà certo benevolo.
Si ammalerà di diabete e nel 2012 gli verrà amputata la gamba sinistra. In seguito alle complicazioni dell’intervento cadrà in coma e vi resterà per diversi mesi. Quando si riprende le sue condizioni sono però disperate. Dovrà subire un secondo intervento per amputargli anche la gamba destra nel 2014. Nel luglio del 2015 si spegnerà a Maaseik, un piccolo paesino del Limburgo belga dove si era trasferito con la nuova compagna dopo la separazione dalla moglie. Lascia due figlie, un figlio e diversi nipoti.
“Sono un uomo della classe lavoratrice. E sono un uomo semplice il cui più grande orgoglio sono i propri figli e nipoti. Il gol contro l’Argentina ? Ok, è un gol in una finale di Coppa del Mondo … ma alla fine è sempre e solo un gol …”
BIO: Remo Gandolfi e’ nato e vive a Parma. Ha gia’ 7 libri all’attivo tra i quali il fortunato “Matti, miti e meteore del futbol sudamericano”. Ha una rubrica fissa sul popolare Calciomercato.com (“Maledetti calciatori”) e con gli amici di sempre gestisce un blog www.ilnostrocalcio.it . Quanto all’amato pallone, e’ profondamente convinto che la “bellezza” e “il percorso” contino infinitamente di piu’ del risultato finale.