THE TIMES, THEY’RE A-CHANGIN’ (BOB DYLAN) I TEMPI STANNO CAMBIANDO – PARTE 1

<Niente ti dirà dove sei. Ogni attimo è un posto dove non sei mai stato> Mark Strand.

Esci per andare all’allenamento, completamente concentrato sulle attività da proporre alla squadra. All’improvviso ti rendi conto di aver lasciato a casa degli attrezzi indispensabili quindi inchiodi e torni sui tuoi passi.

Torno anche io indietro insieme a te per uno step essenziale, prima di continuare il percorso già iniziato su quei game-centred approaches  efficaci per la scuola calcio.

In linea con una visione ecologica del sistema che ricerca i mezzi per lo sviluppo del massimo potenziale del calciatore, della squadra, del gioco, non si può sorvolare su alcuni dettagli: spazi, tempi, visione di gioco, variabili che hanno molto a che fare con giocate e scelte più o meno produttive.

Quando nel 1980 uscivo dall’ISEF di Perugia, l’ORGANIZZAZIONE SPAZIO-TEMPORALE era condizione da allenare, questione classificata tra le capacità coordinative speciali, e non, come ora, UNA MODALITÀ CON CUI PENSARE.

Nel 2023 spazio e tempo interpretano la parte di VARIABILI ASSOLUTE che l’ambiente ed i suoi vincoli determinano ( il campo  le linee, gli avversari, i compagni di squadra, l’arbitro, il pallone, l’allenatore, la panchina, i segnalinee, il pubblico). Esse influiscono essenzialmente sulla prestazione, sono creazioni libere nella mente di ciascun giocatore, capace di vedere o non vedere, rallentare o anticipare, di percepire sempre consapevolmente in che parte di campo si trova e chi e che cosa c’è intorno a lui. Oppure no.

Spostarsi da un cinesino all’altro sembrerebbe compito facile. Per alcuni. Forse. Ma quando poi tra un birillo e l’altro si presenta un giocatore con casacca diversa o dello stesso colore, il fatto non  lascia indifferenti, determina,  costringe a certe risoluzioni o verso certe ampiezze per approfittare di un vantaggio tattico.

Oppure farà ripiegare in una situazione spazio-temporale sfavorevole. La finale di Champions 2023 credo abbia introdotto ciascun allenatore e svariati addetti ai lavori  in un loop di riflessioni sull’imprevedibile casualità spazio-temporale degli eventi.

Difficile uscirne senza la convinzione del fatto che non ha davvero più senso allenare una squadra senza la pressione dell’avversario o del compagno che intenzionalmente o fatalmente riducono o amplificano zone e sequenze.

LO SPAZIO ha un ruolo in tutti i nostri comportamenti. Viviamo in esso, lo attraversiamo, lo esploriamo, lo difendiamo. Troviamo abbastanza facile indicarne frammenti: la stanza, il manto del cielo, la cosa che c’è tra due dita, il posto lasciato quando finalmente ci alziamo dal pianoforte. (O’Keefe and Nadel, 1978).

Per dominare il gioco è indispensabile <saper fare> con spazi e tempi, cornici entro le quali le azioni avvengono. Se i giocatori avranno più tempo per pensare e sufficiente spazio per agire, saranno in grado di essere più efficaci. Sarà quindi compito dell’allenatore e dei calciatori generare in allenamento il maggior numero possibile di CIRCOSTANZE SPAZIO-TEMPORALI da risolvere.

Trascurando questi aspetti essenziali, il gioco del calcio perderebbe la sua essenza.

Le possibilità infinite in termini di SPAZI e TEMPi nel gioco dovranno essere riconosciute per prime e il giocatore potrà agire scrupolosamente per sfruttarle o risolverle.

Non dimentichiamo che la metà dei palloni giocati viene irrimediabilmente persa in passaggi tecnicamente impeccabili ma eseguiti in un tempo impreciso o in uno spazio irraggiungibile.

Fare la cosa giusta al momento sbagliato o in una zona warning per la fretta di liberarsi del pallone potrebbe pregiudicare l’esito di un incontro. L’ allenamento per la risoluzione di questi problemi/opportunità dovrebbe quindi essere introdotto fin da subito nella scuola calcio, iniziando da esercitazioni con diversa composizione numerica delle squadre per procedere con vincoli e limiti complessi adattati gradualmente ai giocatori di maggior livello, che avranno una differente capacità di dominare questi parametri.

E’ preciso dovere di ogni allenatore creare i presupposti affinché fin da subito i piccoli calciatori comincino a sviluppare un adeguato pensiero tattico libero attraendo il gioco, rallentando o accelerando i tempi, difendendo o invadendo gli spazi, determinando vaste praterie da far attraversare ai compagni di squadra o angusti pertugi in cui introdursi, creando anche rimpalli imprevisti da schivare o da utilizzare per far goal. Per ideare opportuni set di allenamento, credo sia indispensabile conoscere almeno quali meccanismi cerebrali controllano e governano lo spazio-tempo utilizzando queste conoscenze neuroscientifiche per intervenire al meglio e contribuire allo sviluppo di forme di intelligenza nei giocatori della squadra.

Come crea dunque il cervello una mappa dello spazio che ci circonda e come possiamo orientarci attraverso un ambiente complesso?

Lo studio delle mappe spaziali del cervello iniziò con Edward C. Tolman, professore di psicologia all’Università della California, Berkeley dal 1918 al 1954 e prosegue ancora oggi attraverso un lavoro di ricerca che vede impegnati un infinito numero di scienziati, mezzi, risorse.

 La maggior parte degli animali, compresi gli esseri umani, sono in grado di navigare in modo flessibile nel mondo in cui vivono, esplorando nuove aree, tornando rapidamente nei luoghi ricordati, prendendo scorciatoie. Queste abilità sono naturali ma complessi sono i processi che le permettono.

Per effettuare spostamenti efficaci da un punto all’altro del campo, una delle abilità determinanti per il gioco, il calciatore dovrà essere in grado di individuare adeguati spazi  creando una propria mappa cognitiva interna dell’ambiente esterno.

Per prima cosa il giocatore dovrà  sapere dove si trova nell’istante in cui inizia la sua azione, qualunque essa sia. Il cervello per far questo non riceve segnali da una fonte esterna tipo GPS, ma utilizza  le CELLULE DI POSIZIONE contenute in un’area del cervello chiamata IPPOCAMPO. Ogni cellula di posizione diventa attiva in una posizione specifica nell’ambiente. Essa distingue gli ambienti <sono attiva> dagli ambienti <sono disattiva> cioè avverte di trovarsi in ​​un posto molto diverso dallo spazio conosciuto.

Quindi se il giocatore si trova in un punto particolare del campo c’è una cellula specifica fortemente attiva nel suo ippocampo che gli dice dove si trova. Migliaia di nuove esperienze vengono codificate ogni giorno grazie a queste cellule. Giorni, mesi o anni dopo potremmo essere in grado di recuperare i dettagli di quelle esperienze, come e dove si è svolto l’evento, chi era presente e cosa hanno fatto i partecipanti. Si ritiene che la capacità di memorizzare un gran numero di esperienze con interferenze minime dipenda proprio dalle proprietà della rete neurale dell’ippocampo.

I ricordi, ancorati alle emozioni, possono essere immagazzinati in questa rete. Ogni cervello ha un sistema di navigazione integrato che è responsabile di rappresentare la propria posizione nell’ambiente per orientarsi e per spostarsi con successo da un luogo all’altro formando una  MAPPA COGNITIVA, spazio in cui ciascuno organizza e memorizza mentalmente le complessità degli ambienti interni ed esterni con cui viene in contatto.

La mappa cognitiva è soggetta a continua RIMAPPATURA, frequentissima in partita grazie alla forma variabile che il gioco acquista nello spazio, capace di modificare continuamente forma e dimensione dell’ambiente in chiave strategica oppure rispetto al compito che il giocatore è chiamato a svolgere.

Le cellule di posizione hanno un ruolo determinante nella MEMORIA EPISODICA perché contengono informazioni sul CONTESTO SPAZIALE in cui un ricordo si è svolto, lo consolidano e saranno in grado in futuro di riattivare le stesse cellule coinvolte ad esempio in un’azione di gioco che verrà effettuata in una scala temporale molto più rapida. Riflettiamo dunque sul valore dell’ esperienza efficace nella scuola calcio.

  1. Il primo indizio venne rivelato da John O’Keefe che nel 1971 scoprì un tipo di cellule nervose che risiedono nell’IPPOCAMPO, un’area del cervello nota per le funzioni della memoria. Tali cellule, denominate appunto “CELLULE DI POSIZIONE”, neuroni piramidali, danno origine ad una mappa del  luogo, un sistema di posizionamento interno: lo scienziato notò durante gli esperimenti che queste cellule erano sempre attivate ed emettevano segnali elettrici ad alta velocità nel cervello di un topo quando si trovava in un punto specifico della stanza, una piccola regione dello spazio da lui denominata CAMPO DI POSIZIONE DELLA CELLULA. Altre cellule nervose erano attivate quando il ratto era altrove. Se il giocatore quindi si trova in ​​un punto particolare del campo sappiamo che c’è una cellula specifica nel suo ippocampo  fortemente attiva e questa cellula gli dice dove si trova. Oggi si pensa che le cellule di posizione agiscano collettivamente formando una MAPPA COGNITIVA soggetta a continua RIMAPPATURA dovuta ad esempio in partita, alla forma variabile che il gioco acquista nello spazio, modificando forma e dimensione dell’ambiente in chiave strategica oppure rispetto al compito che il calciatore deve svolgere. Le cellule di posizione hanno un ruolo determinante nella MEMORIA EPISODICA perché contengono informazioni sul CONTESTO SPAZIALE in cui un ricordo si è svolto, lo consolidano e saranno in grado, in futuro, di riattivare le stesse cellule coinvolte in un’azione di gioco effettuata in una scala temporale molto più rapida. Riflettiamo dunque sul valore di una esperienza efficace nella scuola calcio.

Le cellule posizionali  partecipano alla costruzione di una mappa interna dell’ambiente; si trovano nell’ippocampo sia del topo che dell’uomo (marrone chiaro). Le linee bianche mostrano il percorso di un ratto in un ambiente di laboratorio, la regione rossa invece la posizione in cui una cellula specifica (punto nero sull’ippocampo del ratto) diventa fortemente attiva. Diverse cellule di posizione sono attive quando il ratto si trova in posizioni diverse; insieme costruiscono una mappa interiore e cognitiva dell’ambiente.

Ma quanto è andato lontano il giocatore e dove è arrivato con la sua giocata?

Sappiamo che ha capito in che punto del campo si trovava grazie ad una CELLULA DI POSIZIONE specifica ma poi si è spostato in un punto B. Come farà a sapere dove si trova ora, a calcolare mentalmente la distanza tra questi due punti oppure quanto tempo gli servirà per spostarsi in una nuova zona?

Il cervello risolve questo problema con l’aiuto delle <CELLULE DELLA VELOCITÀ> cellule nervose che permettono di calcolare le distanze fornendo al giocatore la consapevolezza delle variazioni di velocità con cui si sta muovendo.

Nel 2015  i coniugi Moser hanno dimostrato la presenza di tali cellule nella CORTECCIA ENTORINALE MEDIALE un’area situata vicino all’IPPOCAMPO, leggermente al di sotto del livello dell’orecchio, una striscia che corre lungo il bordo posteriore profondo del cervello dal lato ventrale a quello dorsale.

A differenza delle cellule di posizione, le cellule di velocità sono indipendenti dai segnali visivi e l’oscurità non le influenza. Molto interessante nel calcio sapere che la loro attivazione è correlata con la velocità futura, suggerendo l’idea che la velocità del giocatore sia a lui nota in anticipo grazie proprio a questo tipo di cellule.

La CORTECCIA ENTORINALE MEDIALE è infatti un’area molto importante nel sistema di navigazione, la “mappa cognitiva”  del cervello e contiene, oltre alle CELLULE DELLA VELOCITÀ, le  CELLULE DI DIREZIONE DELLA TESTA che forniscono al giocatore la direzione in cui si sta dirigendo, le CELLULE CONFINE e le CELLULE DELLA GRIGLIA.

L’intero sistema di navigazione ci consente, integrando gli input dalle parti mediale e laterale della corteccia entorinale, di eseguire compiti complessi in modo fluido e senza soluzione di continuità. Mentre molti aspetti sono ancora oggetto di studio, sappiamo intanto che:

2. Sono stati  May-Britt e Edvard Moser che nel 2005 hanno identificato nella corteccia entorinale mediale dei ratti le “CELLULE GRIGLIA“, capaci di generare una MAPPA DI COORDINATE e consentire un posizionamento preciso, l’individuazione del percorso generato e la metrica. Qualcosa di molto simile ai quadrati formati dalle linee di una mappa stradale ma molto più accurato: uno schema cristallino simmetrico, caratterizzato da TRIANGOLI EQUILATERI che COLLEGANO I CENTRI DELLE POSIZIONI VICINE in una GRIGLIA ESAGONALE.

La CELLULA DELLA GRIGLIA diventa attiva in molti punti dell’ambiente e tutte queste posizioni formano modelli di coordinate  generati all’interno del cervello, e non esistono nel mondo esterno. Secondo gli allora coniugi Moser, la suddivisione dello spazio in esagoni è un sistema molto efficiente, che permette al cervello di CONTROLLARE CON PRECISIONE CIÒ CHE ACCADE, MINIMIZZANDO LE ENERGIE SPESE.

Questo sistema si sviluppa circa tre o quattro settimane dopo la nascita, seguendo di pochi giorni quello delle cellule di posizione, quindi i bambini acquisiscono subito un senso molto potente, anche se primitivo, di dove si trovano nello spazio, senso che si affinerà man mano che le loro menti si adatteranno al mondo e si perfezionerà sempre più se avranno l’opportunità di imbattersi in uno sport e in esercitazioni che adeguatamente stimoleranno tale sistema.

Le linee bianche nel riquadro mostrano il percorso della corsa di un topo in un ambiente. La stessa cellula della griglia diventa elettricamente attiva in più punti rosa lungo il percorso, disposti in una griglia esagonale altamente simmetrica.

Ogni cellula della griglia forma un modello unico di coordinate, che viene spostato rispetto alle coordinate formate da altre cellule delle griglie vicine. In questo modo l’intero ambiente viene “riempito” di schemi a griglia. Usando infatti solo una cellula della griglia non si può sapere dove si trova l’animale, ma, in seguito allo spostamento della posizione tra le diverse cellule della griglia e delle diverse scale è possibile definire la posizione corrente dell’animale con grande precisione, utilizzando le griglie sovrapposte di diverse cellule.

Grazie agli strumenti tecnologici di ultima generazione svariati team di scienziati sono ora in grado di dimostrare, con prove elettrofisiologiche, come funziona esattamente il sistema di cellule griglia nel cervello umano e con quali dinamiche spazio-temporali; che esistono gruppi di cellule specializzate che lavorano insieme per attivare le funzioni cognitive superiori, come la memoria, il pensiero, la pianificazione.

Queste componenti chiave, come detto, sono la cellule della posizione, quelle della griglia le cellule della direzione della testa, le cellule confine le cellule di velocità. Tutti questi tipi di cellule nominati, lavorando di concerto, permettono di determinare la posizione, di muoversi in uno spazio e di averne consapevolezza in termini di <quanto lontano> ed <in quale direzione>il giocatore sta andando.

Queste scoperte sono state in grado di contraddire le ricerche precedenti sull’ IPPOCAMPO, che veniva considerata zona troppo lontana dagli organi sensoriali per elaborare i loro input. Al contempo esse dimostrano le immense potenzialità di un sistema.

L’IPPOCAMPO infatti GENERA NUMEROSE MAPPE, grazie all’attività collettiva delle cellule di posizione che si attivano in ambienti diversi. Pertanto, il RICORDO DI UN AMBIENTE può essere memorizzato come una combinazione specifica di attività cellulari che nell’Ippocampo hanno luogo. Per sintetizzare, i neuroni di O’Keefe, <fanno sapere al giocatore in quale posto si trova> mentre quelli della corteccia entorinale sono in grado di farlo orizzontare nello spazio. Nel 2014 agli scienziati sopra nominati  è stato assegnato il premio Nobel per la fisiologia e la medicina.

Circa la metà delle cellule griglia è INFLUENZATA DAL TEMPO: si attivano dopo 8 secondi di corsa indipendentemente dalla velocità e dalla distanza percorsa. L’altra metà delle cellule griglia è  INFLUENZATA DALLA DISTANZA, attivandosi ad esempio dopo 400 cm di corsa, senza tener conto di velocità e durata. Il 41% delle cellule griglia, invece, è influenzato SIA DALLA DISTANZA CHE DAL TEMPO. Questo significa che quando la posizione rimane costante e le cellule griglia non sono impegnate a registrare la posizione, possono CODIFICARE ANCHE IL TEMPO E LO SPAZIO IN ASSENZA DI INPUT VISIVI.

È interessante notare che le cellule della griglia analizzate a diverse profondità lungo la corteccia entorinale rappresentano lo stesso ambiente ma in  scale diverse. Nella maggior parte della corteccia,  questi neuroni hanno schemi di attivazione che appaiono caotici e inaccessibili, ma nel profondo esiste un sistema di cellule che si attiva secondo uno schema prevedibile e ordinato. Questo fatto ci consente di trovare la nostra strada senza soluzione di continuità da un luogo all’altro.

E May-Britt e Edvard Moser proseguendo i loro studi hanno scoperto che la struttura delle cellule della griglia persiste anche quando un animale cammina nell’oscurità e che, per agganciare la griglia all’ambiente specifico in cui si trova, il giocatore  utilizza INFORMAZIONI SENSORIALI, in particolare visive.

 3. A questo proposito le CELLULE DI DIREZIONE DELLA TESTA, neuroni scoperti da James B. Ranck nel 1984 aumentano il loro tasso di attivazione solo quando la testa del giocatore punta in una direzione specifica. Le cellule di direzione della testa segnalano l’orientamento , mentre le cellule confine si attivano solo vicino al bordo o ai segnali che delimitano l’ambiente. Solo insieme queste cellule entorinali stabiliscono una coerente mappa generica dello spazio locale che è mantenuto attraverso gli ambienti, indipendentemente dalla velocità e dalla direzione del giocatore e indipendentemente dall’identità dei punti di riferimento propri del luogo.

Si pensa che le cellule di direzione della testa siano alla base del senso dell’orientamento. Esse si trovano all’esterno dell’ippocampo, in molte aree del cervello, come le regioni corticali del postsubiculum, la corteccia retro-spleniale, la corteccia entorinale e le regioni sottocorticali, compreso il talamo.

Codificano l’orientamento della testa del giocatore, implementando così una bussola neurale. Come gli altri sistemi anche questo sistema è correlato a quello delle cellule di posizione, situato nell’ippocampo, che è per lo più INVARIANTE per l’orientamento e SPECIFICO per la posizione, mentre le cellule di direzione della testa sono per lo più SPECIFICHE per l’orientamento e INVARIANTI per la posizione.  Determinante per il nostro sport risulta il fatto che alcune cellule di direzione della testa  mostrano un COMPORTAMENTO ANTICIPATORIO cioè la loro attività prevede 95 ms in anticipo per preparare tutta la rete ad un imminente capovolgimento di spazio, di tempo, di gioco, ad una transizione o ad una transizione nella transizione. Le cellule  di direzione della testa continuano ad attivarsi in modo organizzato anche durante il sonno.

 Le cellule del bordo,  della griglia e della direzione della testa  sono gli elementi di una rappresentazione metrica dello spazio locale e  sono suscettibili di essere utilizzate quando gli animali navigano attraverso l’ambiente o i giocatori attraverso il campo

Nel 2008 fu anche scoperto un terzo tipo di cellula entorinale, la CELLULA DI CONFINE I cui neuroni sparano esclusivamente in prossimità dei limiti, siano essi righe, delimitazioni,  bordi e confini dell’ambiente.

Le cellule di confine o CELLULE VETTORE DI CONFINE sono neuroni presenti nella formazione dell’ippocampo che rispondono alla presenza di un confine ambientale a una particolare distanza e direzione da un animale e possono svolgere il ruolo di fornire alle celle della griglia informazioni continuamente aggiornate sul movimento: la velocità del giocatore, la direzione in cui si sta dirigendo e la distanza da dove è partito.

In molti sport gli esperti sono molto più bravi dei principianti nel prestare attenzione alle informazioni chiave e scansionano azioni ed eventi più rapidamente. Si concentrano solo sulle informazioni più significative. Ciò consente agli esperti di prendere decisioni e reagire più rapidamente . BARD, FLEURY E GOULET 1994. Ora sappiamo con certezza perché. ( STAY TUNED ),CONTINUA…

BIO: Simonetta Venturi

  • Insegnante di Scienze Motorie.
  • Tecnico condi-coordinativo in diverse scuole calcio e prime squadre del proprio territorio (Marche)
  • Ha collaborato con il periodico AIAC L’Allenatore, con le riviste telematiche Alleniamo.com, ALLFOOTBALL.
  • Tematiche: Neuroscienze, Neurodidattica

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *