DON’T YOU WORRY ‘BOUT A THING – (Stewie Wonder).
In queste giornate di fine Agosto il mio pensiero ricorrente era già rivolto alle nuove classi che avrei approcciato nell’anno scolastico in arrivo, a quelle simpatiche canaglie che avrei incontrato e che sarebbero diventate un pezzo di cuore per sempre.
Tempo di PROGRAMMAZIONE dunque, sia nella scuola che nella scuola calcio in cui mi occupavo anche della formazione degli allenatori. Un tempo ormai svuotato dei soliti contenuti, polverizzato alla luce di una visione sistemica, di un approccio ecologico all’insegnamento e al coaching.
Riflettevo sulla fresca novità che queste teorie avranno di certo innescato nella professionalità dei Responsabili dei settori giovanili e degli Allenatori delle Scuole Calcio mentre ero impegnata in percorsi di Neurodidattica per delle realtà di alcuni Club.
Pensavo a quanto complesse e allo stesso tempo esaltanti saranno queste nuove stagioni per tutti coloro che, negli anni passati, muniti di agenda, calendario ed eserciziario, quello buono, si apprestavano a scandire l’annata al ritmo di cicli, moduli, principi, sottoprincipi, sottosottoprincipi, morfociclo patron, calendario delle competizioni e compagnia cantando. Niente più vecchi spartiti per nuovi suonatori quindi, ma concerti jazz a go-go.
Il richiamo ad un cambio di paradigma è divenuto ormai prorompente; esiste una consapevolezza applicativa verso i nuovi parametri dell’approccio ecologico da tener ben presenti per affidare i gruppi squadra agli allenatori, non più dispensatori di un sapere statico ma creatori di innovativi contesti, progettisti dell’apprendimento, designer di esperienze e opportunità per e con i giocatori.
La crescita, la gestione e la tutela del corpo Allenatori di una Società Sportiva di Calcio sono diventate, per i Responsabili di settore, questioni sempre più complesse: sostenere la qualità dell’ expertise, fornire livelli di adeguato aggiornamento, fare scelte azzeccate ed appropriati abbinamenti allenatore-squadra quando i criteri determinanti non potranno più essere l’età, gli anni di buon servizio, i titoli, le vittorie, l’esperienza pregressa ma una certa dimestichezza nel gestire spazi, tempi, individuare vincoli di gioco e progettare adeguati contesti, potrebbe risultare impresa ardua.
Un percorso da Design Thinker, in cui risulta sempre più complicato distinguere il principiante dall’esperto, o per meglio dire, l’allenatore più efficace, quello generativo rispetto a quello di matrice tradizionale.
Finora gli allenatori attraversavano una serie di stadi o livelli durante il proprio percorso. Oggi si può più ragionare in questi termini?
Ma, in particolare, COME e IN CHE MISURA questo nuovo approccio ecologico verrà in pratica tradotto nei programmi di formazione per allenatori? Con quali PRINCIPI GUIDA?
Se è vero che i coach esperti operano in modi qualitativamente diversi dagli altri, come verrà poi valutata tale competenza dai Responsabili Tecnici?
Dalla ricerca trapela un quadro chiarissimo: gli allenatori esperti NON SONO SOLO ALLENATORI COMPETENTI CON MOLTA PIÙ ESPERIENZA ma ALLENANO IN MODI ESSENZIALMENTE DIVERSI rispetto agli altri e rispondono alle sfide in maniera inaspettata e sorprendente.
Sollecitata dalle suggestioni espresse da Diego Bartoli in “ALLENARSI AD ALLENARE. LA CONNESSIONE PRIMA DELLA CORREZIONE”, articolo che sintetizza riassumendole diverse recenti acquisizioni in campo educativo trasformandole nelle preoccupazioni non certo peregrine di un Responsabile Tecnico, provo a rilanciare sul piatto qualche pensiero sparso in proposito, nella tranquillità fornita dalle parole di Massimo Recalcati: la cura è importante ma non dobbiamo mai correre il rischio di esagerare, privando le persone del proprio diritto al mistero unico e irripetibile della propria autonoma capacità di determinarsi( cito a memoria, chiedo venia per eventuali imprecisioni ).
Il coaching radicato nella teoria ecologica più che rubricare programmazioni dovrà esplorare le interconnessioni tra gli elementi del sistema gioco e sebbene ne esistano diversi approcci, in tutti comunque si incoraggia l’allenatore a considerare in primis l’AMBIENTE, il GIOCATORE ed il COMPITO (Karl M. Newell 1986 ) ed in particolare , le relazioni e le dinamiche tra queste parti del sistema: i coach saranno sempre più riconosciuti quindi come acrobati saltimbanchi alla ricerca di un continuo equilibrio tra percezione ed azione, tra fasi di stabilità e instabilità.
La natura non lineare dei sistemi, che sorvolo dandola per acquisita in omaggio al Nobel Parisi, non è acquisizione recente ed allunga le sue radici in moltissimi saperi felicemente alfine connessi per fornire un apporto generatore di progresso; dal punto di vista pedagogico e filosofico in età moderna ha attraversato certamente i pensieri di John Dewey, Urie Bronfenbrenner, Karl Newell, Gregory Bateson, James Gibson, Albert Bandura, Emmanuel Levinas e di Paulo Freire e Ludwid Wittgenstein questi ultimi in particolare per quel che riguarda l’aspetto della parola, sacro frammento, anima della comunicazione.
Anche l’apprendimento dei giochi come privilegiato mezzo di sviluppo dell’intelligenza non è rimasto immune da tali contaminazioni.
E l’apprendimento nei giochi di invasione in una visione sistemica è questione complessa, si configura come un processo di ricerca e di utilizzo delle informazioni rilevanti; la varia umanità che si propone per questo ruolo educativo dovrà affinare molteplici strategie di insegnamento e valutazione al fine di catturare i diversi tipi di apprendimento, abilità e competenze proprie di ciascun giocatore.
Per anni le pratiche di formazione e sviluppo degli allenatori si sono concentrate principalmente sull’acquisizione e sulla trasmissione del sapere tramite informazioni e correzioni in genere verbali, sul confronto e sulla proposta di esercitazioni spesso frutto di riproduzione di idee di Mister di livello o comunque più anziani ed esperti più che sulla percezione ed osservazione.
Riconsiderare l’aggiornamento e la formazione dei coach come EMERGENTE attraverso la MANIPOLAZIONE DI PRECISI VINCOLI AMBIENTALI e di attività individuali, differenti per ciascun allenatore non solo attraverso conoscenze standard spesso propinate on line è compito di ogni Responsabile Tecnico e potrebbe condurre il movimento calcio verso la creazione di una solida base di ri-partenza capace di PERCEPIRE meglio e agire attraverso l’AUTORGANIZZAZIONE e l’AUTOCONSAPEVOLEZZA nei modi e nei tempi più adeguati alla stagione 2023-24 e quelle a seguire.
Scrivo questi pensieri affidandoli alla dinamicità di un articolo per non dimenticare che un contesto di coaching è continuamente “in divenire” e che nessuno mai in campo educativo potrà mai sentirsi definitivamente arrivato.
In sintesi gli allenatori dovrebbero IMPARARE A COSTRUIRE IL PROPRIO CASTELLO EDUCATIVO attraverso le informazioni ambientali da processare ed elaborare, creando variabili contesti da esplorare e problemi da risolvere capaci di stimolare continue interazioni con i giocatori della squadra al fine di un’autorganizzazione e di un’autoconsapevolezza piuttosto che scrivere piani di lavoro pieni di parole e schemi fissi fornendo informazioni prescrittive e indiscutibili consigli esperienziali.
Le dinamiche ecologiche sostengono infatti un modello di apprendimento in varie fasi: RICERCA ED ESPLORAZIONE, SCOPERTA, SINTONIZZAZIONE E ANALISI DETTAGLIATA DEI VINCOLI, CALIBRAZIONE E SOLUZIONE DEI VINCOLI.
In particolare il Responsabile tecnico dovrà accertarsi del fatto che ciascun allenatore possegga alcune certezze:
1.LA CHIAREZZA DELLO SCOPO DELLA SESSIONE DI ALLENAMENTO che è il principe dei vincoli e che deve essere decisamente comunicato ai giocatori.
2. UNA DECISA PADRONANZA E DIMESTICHEZZA NELLA GESTIONE DEI VINCOLI, per indurre I giocatori verso un processo di libera scelta o eventualmente di semplificazione ( e non scomposizione ) e scelta guidata verso una AUTOCONSAPEVOLEZZA e AUTOGESTIONE del giocatore.
L’allenatore non è un dispettoso creatore di problemi per ammorbare la vita dei malcapitati ma un osservatore attento delle carenze nelle risoluzioni del gioco del calciatore e della squadra al fine di destabilizzare per incoraggiare l’esplorazione e sostenere la più felice delle risoluzioni senza mai essere prescrittivo.
3.NON ANDARE FUORI TEMA: alla luce delle evidenze neuroscientifiche le situazioni ed i problemi che i giocatori dovranno autorisolvere saranno quelli che riscontrano abitualmente in partita (rapporto percezione-azione, individuazione del problema, orientamento, presa di decisione).
4.TENER SEMPRE PRESENTI LE TAGLIE DEI GIOCATORI: Nell’ambito dell’ovvietà del fatto della distinzione per categorie ( ! ) e che i giocatori non sono un unicum, sarà importante riflettere sul mistero dell’unicità, della diversità di ciascuno, considerata specialmente dal punto di vista antropometrico in un antico passato (prima delle ricerche sui tardivi del MilanLab) ma oggi eminentemente anche da altri punti di vista come quelli neurologico, psicologico, sociale and so on.
5.IMPARARE A RIPETERE SENZA RIPETERE: Saper modulare la variabilità nell’ambito dei lavori tenendo ben presente i giocatori che ho davanti ed il momento sportivo che stanno vivendo. Insomma mai troppo, mai poco.
Affinché un allenatore possa creare adeguati contesti deve avere ben osservato ed aver una chiara conoscenza del proprio ambiente, e dovrà dedicare del tempo per acquisire l’abilità di ricercare nuovi modi per sostenere L’AUTO-ORGANIZZAZIONE DEL GIOCATORE.
Questa attività esplorativa richiede la pazienza di continuare il processo di ricerca abbastanza a lungo da scoprire nuove opportunità . E’ ovvio di conseguenza che anche un RESPONSABILE TECNICO, per aggiungere valore all’iter di un coach, deve disporre di un solido modello teorico della squadra, dell’allenatore stesso e del processo di apprendimento per sostenere la creazione di contesti, per coordinare e comunicare idee condivise sull’apprendimento e lo sviluppo delle prestazioni, attenendosi anch’esso ai principi sopra elencati.
L’ambiente dovrà quindi prevedere delle equipes sempre più attente e consapevoli del cammino di ciascun segmento della Società.
Il rapporto “How People Learn” (Come le persone apprendono) identifica i principi chiave della conoscenza esperta e le loro potenziali implicazioni per l’apprendimento e l’istruzione.
-Gli allenatori esperti notano caratteristiche e modelli significativi di informazioni che non vengono notati dai principianti.
-Gli allenatori esperti hanno acquisito una grande quantità di conoscenza dei contenuti che è organizzata in modi che riflettono una profonda comprensione del gioco calcio.
-La conoscenza degli allenatori esperti non può essere ridotta a insiemi di fatti o proposizioni isolati, ma riflette invece contesti di applicabilità, in modo che la conoscenza sia inserita nel timing di determinate circostanze.
-Gli allenatori esperti sono in grado di recuperare aspetti importanti della loro conoscenza in modo flessibile e con poco sforzo di attenzione.
-Gli allenatori esperti hanno vari gradi di flessibilità nel loro approccio alle nuove situazioni.
L’approccio ecologico non è un prontuario di metodi, non prevede eserciziari e non indica in maniera prescrittiva I mezzi. Anzi, mezzi ed esercizi potrebbero essere già conosciuti ed utilizzati in passato. L’approccio ecologico è una filosofia che ci dice che ogni mezzo può essere usato come vincolo, anche, e lo vedremo, la stessa comunicazione verbale allo scopo di semplificare, restringere delle possibilità, indurre all’auto-determinazione.
Determinante in questo processo sarà la fase della VALUTAZIONE DEL PERCORSO. Nella valutazione qualitativa degli allenatori, i Responsabili delle Scuole calcio dovranno tener conto di alcune evidenze irrinunciabili:
-Se nel rapporto allenatore-giocatore-ambiente esiste un continuo SCAMBIO. Le interazioni che emergono dalla relazione giocatore-ambiente specificano le opportunità di azione (indicate come affordances- James Gibson, 1979) e sono fluide. L’allenatore dovrà essere in grado di ideare e gestire in questa nuova ottica set di allenamento capaci di far emergere tali possibilità propizie.
-Se l’allenatore è in grado di ideare tali SET DI ALLENAMENTO EFFICACI di varia complessità affinchè I giocatori potranno diventare sensibili nel cogliere le informazioni (distanza interpersonale , distanza della palla, corridoi, spazi liberi), al fine di ottenere un incremento della creatività nel trovare una soluzione motoria per qualsiasi situazione emergente e non attraverso la ripetizione di sequenze fisse.
-Se gli allenatori hanno acquisito la capacità di MANIPOLARE INTENZIONALMENTE I VINCOLI (John Newel, 1986) e nella pratica sanno provocare comportamenti emergenti di sistemi adattivi complessi, sanno sostenere i giocatori nel ricercare soluzioni funzionali per risolvere problemi di gioco. Se sanno utilizzare i vincoli per allontanare i giocatori da attrattori non funzionali al gioco.( Portiere che si propone, ampliare lo spazio per il centrocampista riducendo altri spazi di copertura )
-Se gli allenatori sanno manipolare i vincoli MAN MANO CHE LE SITUAZIONI AVVENGONO provocando ripetizioni adatte e adattate alla situazione continuamente mutevole, quelle che Nicolai Bernstein chiama RIPETIZIONE SENZA RIPETIZIONE, a questo proposito la comunicazione non prescrittiva dell’allenatore con la squadra diventa essa stessa un vincolo da imparare a gestire con la massima oculatezza secondo criteri innovativi basati sulle nuove indicazioni proprie della neurodidattica.
-Se gli allenatori sono in grado di sostenere l’attenzione dei giocatori per riuscire ad ACCORGERSI DELLA PROPRIA UNICITÀ di movimento e della propria IRRIPETIBILE CAPACITÀ DI RISOLUZIONE DEI PROBLEMI DI GIOCO, inducendoli ad osservare gesti e scelte degli altri compagni, diversi dal proprio. Ogni problema parla al giocatore in modo diverso, quindi è fondamentale offrir loro l’opportunità di connettersi ed esprimere la propia autenticità.
Residui pensieri sparsi infine mi inducono a ribadire che prima di ogni professionalità, prima di ogni valutazione, tabella, osservazione, giudizio, esiste l’allenatore in quanto persona, mistero irriducibile e incomprensibile, spesso anche molto distante dalla visione del Responsabile tecnico o in nessun modo corrispondente alla sua idea di calcio.
Anzi, distante anni luce da quell’idea. Da valorizzare e sostenere comunque proprio in virtù di quella distanza che parimenti con molta fantasia potremmo considerare VINCOLO ULTERIORE DI SVILUPPO.
STAY TUNED.
BIO: SIMONETTA VENTURI
- Insegnante di Scienze Motorie.
- Tecnico condi-coordinativo in diverse scuole calcio e prime squadre del proprio territorio (Marche)
- Ha collaborato con il periodico AIAC L’Allenatore, con le riviste telematiche Alleniamo.com, ALLFOOTBALL.
- Tematiche: Neuroscienze, Neurodidattica
5 risposte
Articolo molto bello e profondo, analizza con chiarezza aspetti multipli e diversi del fare calcio oggi.
Da anni mi batto affinché l’allenatore ad ogni livello abbia competenze che vadano al di là del semplice manuale con giochi ed esercizi vari, essendo stato per più di 42 anni un insegnante di scuola primaria ho sperimentato sulla mia pelle quanto siano fondamentali aspetti quali la capacità di capire e diversificare l’approccio con i ragazzi, la creazione di un rapporto di grande stima e fiducia nelle relazioni singole i di gruppo, la comunicazione chiara, semplice e corretta di quanto si vuole esplorare insieme e la valutazione attenta delle caratteristiche di ogni ragazzo per trovare la combinazione giusta che accresca autostima e grande voglia di apprendere.
Purtroppo non è stato facile proporre da responsabile tecnico queste modalità, l’arroganza del sapere di ognuno, la scala di valori che si mette come obiettivo finale e la voglia malsana di mettere tutto sul risultato della competizione frenano in modo brusco e scorretto il percorso formativo dei ragazzi, proponendo non un cocktail misurato di sapere e conoscenza ma imponendo obiettivi che sono per lo più legati all’ego dei mister. Speriamo in una svolta decisa in questo senso, io mi batterò affinché lo sport non diventi monopolio di pochi ma occasione di miglioramento per tutti.
Ciao Carlo, mi permetto di risponderti, prima che lo faccia la Prof. Venturi, per ringraziarti del tuo commento e per aver spiegato con chiarezza la tua esperienza, il tuo vissuto. Hai portato all’attenzione dei lettori problematiche comuni che, nonostante i progressi, continuano ad affliggere i contesti giovanili e, ahimè, non solo. Continuiamo a provare a modificare quel “pezzettino” che possiamo cambiare.
A presto.
Articolo stupendo e lo trovo di grande ispirazione.
Credo che il ruolo di allenatore presso le scuole calcio sia cambiato.
Dopo tanti anni alla guida di squadre agonistiche, quest’anno tornerò ai pulcini e ho passato l’estate a interrogarmi su come comportarmi, quali esercizi proporre e quali obiettivi darmi.
Poi, ho deciso che invece guarderò i ragazzi e punterò sugli aspetti di crescita, dei singoli e del gruppo e dimenticarmi la ricerca del risultato.
Adattare le sessioni e ai livelli dei ragazzi sarà la sfida principale per me, ma è fondamentale che vi sia piena sintonia con i genitori. So che non sarà facile, ma devo provarci.
Quanto care mi sono queste parole! Ma quanto care mi sono costate!
Sono parole collegate a un approccio aperto, sistemico, che spesso viene confuso con il lassismo. Quella fantomatica mancanza di regole, definizione, determinazione, fatica..
Quindi, mi domando e rilancio:
1) tutti i contesti calcistici sono pronti a riconoscere queste competenze nei vari ruoli chiave? Responsabile, dirigente, allenatore, giocatore..
2) come si può valutare la presenza il miglioramento di queste competenze in modo che siano riconoscibili e discriminabili?
3) quante badilate di incertezza dovranno abbattersi sul sistema calcio perché il sistema stesso riesca a non confondere un approccio semplicistico con uno facilitato?
Grazie come sempre per gli spunti di riflessione!
Complimenti per l’articolo, scritto in un italiano comprensibile e chiaro malgrado la “maestosa” complessità degli argomenti trattati. Credo, tuttavia, che il processo di apprendimento dei/le bambini/e nelle Scuole Calcio sia storicamente minato alla base dalla misera quantità di tempo dedicato alle attività sportive (educazione motoria a scuola, in generale, e didattica calcistica, nello specifico). Anche io sottolineo (da Responsabile Tecnico ai “miei” istruttori…) da molti, troppi anni, che non basta il taccuino (ora l’Ipad) pieno di esercitazioni per formare un giocatorino…non demordo e continuo a stimolare me stesso e gli altri a conoscere, conoscere, conoscere…per poi essere capaci di trasmettere! Grazie ancora e complimenti per l’articolo. Alla prossima.