Sentiamo spesso allenatori, giornalisti e, più in generale, addetti ai lavori esprimere il giudizio sulla forza di una squadra, la sua capacità di ottenere risultato, con dichiarazioni quali << La squadra di “tizio” gioca a memoria >>, oppure << La squadra ormai gioca a memoria >> e via dicendo. Accade tra i professionisti, i dilettanti e anche nei settori giovanili.
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Ora è chiaro che, per poterne parlare e muovere una critica, occorra conoscere quale sia il pensiero che muove coloro che rilasciano queste dichiarazioni. Detto questo credo sia però opportuno sottolineare come non ci sia niente di più fuorviante rispetto alla capacità di una squadra di saper interpretare la partita e quindi di comprendere il gioco.
Una squadra non può giocare a memoria perché non si tratta di applicare schemi, sequenze di passaggi prestabiliti ma appunto, in sintesi, si tratta di saper leggere spazi, comprendere tempi in cui poter ricevere la palla o liberarsi della stessa a favore di un compagno.
Se la squadra giocasse a memoria basterebbe allenarla con continuità nell’11 vs 0, utilizzando tutto il campo e ripetendo i fantomatici schemi. Nel tempo diventerà irresistibile.
In ogni caso, dovremmo sempre valutare e spiegare, prima, a noi stessi (allenatori) e poi ai nostri giocatori, lo scopo, l’obiettivo dell’esercitazione, in questo caso l’11 vs 0.
È chiaro che si tratti di una provocazione perché, nonostante un retaggio culturale secondo cui l’esercitazione sopracitata venga considerata fondamentale, oggi la stessa dovrebbe essere utilizzata, se ancora lo fosse, per la cosiddetta attivazione motoria. A onor del vero, secondo alcuni esperti, nelle squadre adulte, può essere utilizzata per lavorare sul timing (tema caro a Mister De Zerbi).
Sempre in riferimento al manager del Brighton, di cui sono profondo estimatore dai tempi della sua esperienza con il Foggia, non devono ingannare le dichiarazioni del centrale difensivo dei Seagulls, Lewis Dunk, rilasciata qualche giorno fa in cui dice, testualmente : ” In allenamento studiamo ogni scenario. Se il pressing arriva da una parte, sappiamo come comportarci. Se arriva dall’altra parte, sappiamo come rimediare. Sappiamo esattamente dove la palla deve andare in ogni circostanza”. Quanto dice Dunk non significa giocare a memoria.
Lo abbiamo già detto tante volte: l’avversario è colui che , più di ogni altro elemento del gioco (gli altri sono la palla , i compagni e lo spazio di gioco con direzionalità), perchè non lo posso controllare, determina la scelta della giocata, per cui, chi è in possesso di palla non può predeterminare un passaggio, un tiro o un altro gesto tecnico ma deve continuamente scegliere, decidere, e quindi, NON PUÒ GIOCARE A MEMORIA.
Comprendo che questo sia un tema che necessiti maggiori approfondimenti ma, da queste considerazioni, dovrebbero già scaturire indicazioni metodologiche e discussioni in merito.
Come sempre non si portano verità ma si prova a stimolare il confronto.
5 risposte
Filippo ha toccato una questione a me molto cara, c’è ancora molta confusione, purtroppo, su questo tema, lo vedo guardando il lavoro di molti colleghi, ma anche ascoltando i commenti di tanti giornalisti e addetti ai lavori. Giocare per schemi e quindi a memoria (dove sceglie il mister) o giocare per principi quindi conoscendo e interpretando il gioco (dove scelgono i giocatori) sono due cosa completamente diverse…
Curiosità, conoscenza e tanta umiltà sono indispensabili per cambiare idee e punti di vista, ma questo è il vero problema.
L’articolo di Filippo Galli ma vorrei aggiungere l’intelligente commento di Luca sono a parere mio assolutamente illuminanti. Spesso non si bada al linguaggio e invece credo che sia molto importante nella crescita culturale e sportiva di un paese utilizzare termini sempre più adeguati. In questo caso si farebbe un bel passo in avanti se seguissimo gli stimoli di Filippo, anche perché dietro una scelta diversa della terminologia esistono concetti e idee molto diverse o comunque più profonde.
Fatta questa precisazione si può anche ” accettare” quel modo di dire relativo al giocare a memoria ma solo per arricchire la descrizione e la qualità di una squadra di vedere realizzati sul campo schemi, avanzate , triangolazioni ecc…
Complimenti ancora e sempre!
Come al solito, ottimo spunto di riflessione.
Però esiste un altro punto di vista con cui analizzare la frase “giocano a memoria”. Non è mettere in campo schemi imparati a memoria, ma: che i ragazzi (giovani o campioni) si conoscono talmente bene, i compiti sono talmente chiari, che con facilità giocano come dice Filippo (senza che lo sto a ripetere).
Io, personalmente, a quella frase ho dato sempre questo significato di perfetta simbiosi mentale tra i calciatori.
Un saluto.
Ciao Giuseppe, grazie per l’intervento e per la tua osservazione.
A presto!
Un argomento trattato spesso. Un argomento per il quale mi confronto con altri Mister . Ti dicono 11 contro 0 non serve ma purtroppo continuano a fare. Ma è giusto così. Basta solo la frase ” sono gli avversari che determinano le scelte ” si è già detto tutto.