IL VECCHIO WEMBLEY STADIUM-THE HOUSE OF FOOTBALL.

La visita al “vecchio Wembley” raccontata da un tifoso italiano della Nazionale dei Tre Leoni.

L’inizio era sempre questo “in collegamento eurovisione, in diretta da Londra, vi  trasmettiamo l’incontro di calcio INGHILTERRA…………….”.

Questa semplice frase delle annuciatrici RAI, per tutti noi appassionati di football, voleva dire accedere dalla tv del nostro salotto a quello che nel nostro immaginario era da sempre “LO STADIO “per eccellenza l’EMPIRE STADIUM di WEMBLEY. 

Con l’avvento di Internet ormai la sua storia e’ divenuta accessibile a tutti, ma nel ventennio tra gli anni ‘60 e ‘80  l’alone che circondo’ questo magnifico impianto raggiunse livelli assoluti. 

Inaugurato nell’Aprile del 1923 da re GIORGIO V vide subito giocarsi una delle tanti finali di FA Cup, di fronte il Bolton Wanderers  e il West Ham davanti a piu di 120.000 spettatori con la vittora per 2-0    dei Wanderers   e con il primo storico gol segnato da David Jack.

Lo stadio divenne la casa della Nazionale inglese e fu teatro di altre storiche finali ,anche di coppe internazionali, nonché’ sede di grandi concerti (Live Aid in primis).

Un’altra particolarità che lo differenziava dagli altri impianti inglesi era la presenza della pista intorno al campo da gioco.

Dopo un po’ di storia,  voglio adesso raccontare uno dei ricordi più forti rimasti nel mio cuore legati a questo monumento del calcio mondiale: nel 1986 ero  a Londra in vacanza insieme a due cari  amici Gianluca e Maurizio ed insieme decidemmo di fare la visita guidata di WEMBLEY.

Partimmo intorno alle 9 del mattino dal centro di Londra per dirigerci verso la parte Nord Ovest della città.

Dopo circa 45 minuti di viaggio e circa 15 km percorsi tra metro e treno arrivammo alla stazione WEMBLEY PARK, scendemmo e iniziammo ad incamminarci  emozionatissimi verso la nostra meta.

Alcuni minuti dopo lo spettacolo che si paro’ davanti ai nostri occhi ci tolse il respiro.

Eravamo all’inizio del viale principale e  lo stadio era là in fondo, con le rampe per accedervi che  lo facevano sembrare ancora più imponente, verso il cielo si stagliavano le 2 mitiche torri a forma di cupola (Twin Towers) in  marmo bianchissimo che, in contrasto con la giornata grigia, davano a quell’immagine un qualcosa di onirico.

In silenzio, perché senza parole, arrivammo fino all’ingresso dove dopo una attesa di circa dieci minuti arrivò l’hostess accompagnatrice che ci raduno’ insieme ad altri visitatori (tutti inglesi),  per iniziare questa incredibile esperienza. 

Dopo un lungo corridoio e qualche scalino arrivammo in una sala dove era possibile ammirare i cimeli storici dei grandi protagonisti che ne avevano calcato il terreno, tra questi ricordo le numerose maglie delle squadre inglesi che vi avevano giocato le finali di FA CUP, tra le tante mi colpì quella di Sir Stanley Matthews iconico giocatore del BLACKPOOL, primo Pallone d’Oro e  artefice del successo insieme a Stan Mortensen (3 reti) del trofeo del 1953; cosi come la maglia della nazionale di Billy Wright leggendario capitano dei 3 Leoni negli anni ‘50 nonche’ primo giocatore a toccare le 100 presenze.

A proposito di presenze era in mostra anche il famoso berretto (Cap) che viene donato  a ciascun giocatore che partecipa ad un incontro internazionale dell’Inghilterra ad eccezione di mondiali e europei, dove ne viene consegnato uno solo, a prescindere dalle partite che la Nazionale  disputera’.

Tornando alle maglie erano esposte quelle di Pele’, Eusebio, Bobby Moore, Cruijff, Bobby Charlton.

Ad un certo punto accadde un episodio che ruppe quel religioso silenzio che ci stava accompagnando dall’inizio del tour: alla vista della maglia azzurra di Paolo Rossi  i miei amici ebbero un sussulto euforico, tipicamente latino, che inevitabilmente attirò l’attenzione di tutti gli inglesi che si girarono verso di noi, devo dire con grande sportività, lasciandosi scappare un “wow Italians!!!!!” di ammirazione.

La cosa fece chiaramente gonfiare il  petto d’orgoglio  a Maurizio e Gianluca (l’Italia era ancora per pochi mesi campione del mondo in carica), da parte mia ci fu solo un sorriso sobrio e molto British perche’ in fondo io mi sentivo più uno di loro.

La visita proseguì con gli spogliatoi: a quel tempo devo dire molto spartani,  grandi stanzoni con grosse vasche, niente a che vedere con quelli di oggi.

Appena usciti la guida ci accompagno’ in fondo ad un grande tunnel che ci avrebbe portato verso il terreno di gioco chiedendoci di attendere il suo segnale prima di procedere, con il cuore in gola in lontananza vedevamo già le tribune.

Al suo ok iniziammo ad avvicinarci e ad un certo punto dagli altoparlanti venne sparato l’ ”effetto stadio” che simulava l’entrata in campo delle squadre, il famoso Wembley roar (IL RUGGITO); stavamo per svenire, ci ritrovammo sulla pista che precedeva il campo da gioco avvolti dalla maestosità dello stadio, a pochi metri da quel terreno perfetto con l’erba tagliata alla perfezione, iniziammo a scattare foto  a ripetizione.

Dopo poco ci fu un’ altra sorpresa, salimmo i famosi 39 gradini che portano al palco della premiazione per immortalarci alzando in alto una replica della FA CUP, da non credere!

La visita proseguì con lo store dello stadio, che si trovava in alto alla tribuna, per poter acquistarne i gadgets e ci venne offerta un’ottima tazza di cioccolato.

Decisi di staccarmi un attimo da tutto il gruppo per godermi in intimità quel momento che era stato molto forte e poterlo fissare bene dentro di me, mi sedetti in solitudine proprio sopra il palco delle premiazioni e lasciai finalmente libera la mente,  quei dieci minuti circa di assoluto silenzio furono il ricordo più forte.

Guardando il campo mi sembro’ di rivivere sulla pelle tutte quelle emozioni che per anni avevo visto solo in tv o letto sui giornali, le numerose finali di FA CUP , il campionato Interbritannico (torneo antichissimo, dal 1884, che si disputava tra le squadre nazionali che facevano parte del regno unito), le vittorie della  Coppa dei Campioni del mio  Milan 1963 con gol vittoria di Altafini lanciato da un tracciante di Gianni Rivera e che apri’ di fatto per i lusitani il calvario delle finali internazionali perse e triste presagio della maledizione di Bela Guttman ex tecnico che auguro’ loro di non vincere più trofei continentali.

Le vittorie del mio Liverpool che nel ‘78 batte il Bruges con un soffice cucchiaio di Kenny Dalglish bissando il successo dell’anno  prima a Roma , del Manchester United di Matt Busby con Bobby Charlton e George Best nel 1968 che sconfiggendo il Benfica onorarono la memoria dei famosi BUSBY BABES  per metà scomparsi a Monaco in un incidente aereo nel 1958;

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ma soprattutto immaginai i Leoni di Sir Alf Ramsey guidati da Bobby Moore in maglia rossa che nel 1966 davanti alla Regina Elisabetta II alzarono la coppa del Mondo dopo una controversa e palpitante finale vinta 4-2 contro la Germania Ovest ai supplementari assicurandosi quell’unico trofeo internazionale che l’Inghilterra ha in bacheca.

Ma come tutte le cose belle, che durano sempre troppo poco, anche la visita terminò e noi felici come non mai uscimmo dallo stadio e ci incamminammo  verso la stazione per far ritorno a Londra.

L’ultima immagine che mi porto dentro e’ il mio ultimo sguardo a WEMBLEY  e la consapevolezza adesso, a 37 anni di distanza, di quanto abbiano ragione  i tifosi inglesi quando cantano il meraviglioso coro FOOTBALL IS COMING HOME coniato nel 1996 , perché io in quella casa posso raccontare di esserci stato.

BIO: Stefano Salerno nato a Livorno classe 1963, vivo a Firenze dal 1997  lavoro nel campo delle Telecomunicazioni, sono milanista dalla nascita appassionato di calcio inglese dai primissimi anni 70  e sostenitore della squadra dei 3 Leoni .   

5 risposte

  1. Ciao Stefano, grazie! Non sapevo dei caps 1 per europeo o mondiale, il tuo racconto mi ha emozionato, sono anch’io tifoso Inghilterra col mio amico Fabrizio, mai una gioia ma….prima o poi! 😉👋

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