Abstract
Nell’allenamento sportivo è molto diffuso un approccio metodologico caratterizzato dalla definizione di un modello esecutivo ideale, dalla scomposizione dell’apprendimento e dalla progressività.
Molti modelli di insegnamento prevedono, infatti, tre principi fondamentali.
Il primo principio è la determinazione e definizione di un modello ideale di esecuzione del gesto motorio a cui far tendere tutti i soggetti. Ovviamente sono concepite delle varianti individuali ma tali varianti sono accettate se minimali ed il gesto rispecchia nella gran parte quello che è stato individuato e definito come ideale.
Il secondo principio metodologico è la scomposizione del gesto motorio in parti che si traduce in un apprendimento separato ed analitico di queste singole parti, con la convinzione che la modifica di un “pezzo” del gesto motorio (prevalentemente nella direzione del modello teorico ideale), determini una modifica in positivo del gesto nella sua totalità. Tale principio, tende ad organizzare il modello di insegnamento/apprendimento per blocchi e per prove ripetute.
Il terzo principio metodologico molto diffuso è fondato sulla progressività dell’apprendimento dal facile al difficile, dal semplice al complesso e quindi dall’analitico al globale. Da questo, si origina la definizione di “progressioni didattiche” fondate su un apprendimento concepito quindi, come lineare.
La progressività, la scomposizione e la ripetizione di un medesimo compito per prove ripetute, si è storicamente ritenuto, dovrebbero favorire l’apprendimento, a differenza del passaggio frequente da un esercizio all’altro. A breve termine, durante un allenamento a blocchi, il soggetto si addestra all’esecuzione ripetuta del gesto ricercato o del “pezzo di gesto” e le prestazioni, nell’esecuzione ripetuta, appaiono migliorare.
Tale miglioramento è certamente più immediatamente osservabile e tangibile rispetto ad un apprendimento che preveda esecuzioni di gesti sin da subito più complessi e multiformi o randomizzati e conseguentemente quasi mai uguali a sé stessi.
Sebbene l’efficacia di questo genere di apprendimento sia storicamente efficace, i risultati di nuove ricerche dimostrano che, inaspettatamente, anche l’apprendimento senza ripetizione e randomizzato parrebbe avere ancora maggiore efficacia. Il progredire delle neuroscienze e delle teorie di apprendimento degli ultimi 30 anni, parrebbero infatti dimostrare, una realtà alternativa su cui fondare un nuovo stile ed una nuova metodologia di allenamento.
Gli approcci tradizionali sull’apprendimento sono tipicamente basati su una comprensione lineare della causalità in cui, la stessa causa, porta allo stesso effetto. Negli ultimi anni c’è stato un crescente interesse per la complessità della natura e dei fenomeni viventi, con intuizioni significative fornite da modelli di cambiamento che si basano su una comprensione non lineare della causalità, dove piccole cause possono portare a grandi effetti e viceversa. (Schöllhorn 2012).
Già nel 1997 Wulf & Schmidt riportano che, secondo diversi studi, l’esecuzione di compiti variati con la stessa struttura motoria ma con esigenze diverse – ad es. in termini di forza o durata – migliori il transfer di apprendimento ed il consolidamento delle competenze, rispetto alla pratica in condizioni costanti. Come vedremo sono proprio i concetti di transfer e di consolidamento delle competenze che diventano, in ultima istanza, discriminanti circa l’efficacia dell’insegnamento e dunque dell’allenamento nei processi di apprendimento.
Nel 1999, Schöllhorn, inizia a presentare e definire l’approccio fondato sulla varianza e randomizzazione come “Differential Learning” che si caratterizza principalmente nello sfruttamento, ai fini dell’apprendimento, delle fluttuazioni che si verificano, senza ripetizioni di movimento e senza correzioni durante il processo di acquisizione delle competenze. Questo può essere considerato altamente non lineare.
Il punto di partenza del Differential Learning (da ora DL) è appunto la constatazione che nei modelli di apprendimento e di allenamento per ripetizione e progressività viene trascurata l’individualità (Schöllhorn, 1999), facendo ricorso a modelli indipendenti dal tempo e dagli individui.
Oggi ci è evidente come la realtà delle cose sia chiaramente differente. Osservando i modelli esecutivi dei differenti soggetti praticanti un qualsiasi sport, in particolare di situazione ed alto contenuto tecnico, appare evidente che esistano innumerevoli varianti nel modello esecutivo e queste varianti (tutte di assoluta eccellenza) non sono affatto marginali ma totalmente sostanziali, al punto da non poter andare a definire alcun chiaro modello esecutivo.
Tale evidenza è chiara anche nella pallavolo; Davide Mazzanti racconta frequentemente del lavoro di studio svolto con Alessandro Beltrami sul movimento di attacco su giocatrici top a livello mondiale, nel quale hanno potuto osservare come esistano centinaia di modelli differenti di assoluto valore prestativo.
“The differencial training approach has been developed according to the principles of individuality, movement system variability and the non-repeatability of movements on the basis of findings in neurophysiology and systems dynamics.” (Schöllhorn, 2010).
L’instabilità e la variabilità sono sempre state considerate un’influenza distruttiva durante l’apprendimento. Il DL deriva invece dai principi della dinamica per i sistemi dissipativi, in cui le fluttuazioni sono considerate degli elementi costruttivi e vantaggiosi. Esso è basato sull’applicazione del “rumore” * durante il processo di acquisizione di movimenti o azioni (Schöllhorn, 2018).
RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE
* Il rumore è una deviazione inevitabile da un dato movimento bersaglio durante le ripetizioni di movimento. E’ un apparente problema di controllo nell’esecuzione di compiti complessi da parte di sistemi dinamici ad alta dimensionalità, perché sono intrinsecamente rumorosi, con fluttuazioni e alti livelli di variabilità (Schöllhorn, 2006). Proviamo a fare un esempio pratico e ad immaginare il piede di una persona che cammina su un sentiero accidentato ed instabile in montagna, il rumore sono tutte quelle deviazioni, ad esempio, nel controllo del movimento della caviglia o del ginocchio rispetto alla “normale” organizzazione della camminata. Nei gesti della pallavolo, per rumore potremmo considerare tutte quelle deviazioni che accadono nella ripetizione di ciascun gesto, ad esempio, in più attacchi differenti, le infinite varianti che si compongono nell’organizzazione del colpo di attacco; traiettoria dell’alzata (più o meno veloce, attaccata a rete, aperta in banda, proveniente da quale zona di campo, con delle rotazioni di palla, ecc.) o il punto ed il tempo di partenza dell’attaccante o il gesto motorio di provenienza dell’attaccante (cosa ha appena fatto prima…), ecc. Il rumore è quindi la variabilità della soluzione motoria intrinseca ed inevitabile in ogni esecuzione dei gesti sportivi.
Sulla base di queste nuove prospettive, la variabilità del movimento, lungi dall’essere considerata un semplice errore, è considerata necessaria per gli adattamenti motori dell’atleta, prevenendo una perdita di complessità del sistema (Davids 2013, & Schöllhorn, 2006).
Queste fluttuazioni non sono solo state descritte, ma anche considerate intrinseche e indispensabili per l’adattamento di un movimento. Per anni si è cercato di eliminarle, quando invece la chiave forse risiedeva nel valorizzarle, quasi estremizzandole, per permettere al soggetto di analizzare, in un futuro, situazioni sempre nuove per trovare le soluzioni migliori. Di fatto, allenare il soggetto ad essere pronto alla variazione, che di per sé, è tipica, intrinseca e caratterizzante ogni gesto sportivo.
Negli ultimi decenni è stata studiata approfonditamente l’applicazione del Differential Learning e dell’interferenza contestuale nello sport e nell’acquisizione di schemi motori tecnico-specifici della disciplina.
Differential Learning e interferenza contestuale non sono esattamente la stessa cosa ma, per la filosofia intrinseca che si potrebbe riassumere in ripetizione senza ripetizione, i due approcci sono comunque associabili sia nel principio metodologico che negli effetti che determinano nell’apprendimento e nella risposta psico/fisiologica. La teoria dell’apprendimento differenziale è stata nel tempo ampiamente argomentata e corroborata da studi relativi alla plasticità neuronale (Singer 1986; Schöllhorn 1998) e a livello biochimico sul ruolo della dopamina (Beck, 2007; Waelti, 2001). In quanto neurotrasmettitore, la dopamina svolge un ruolo di primo piano nei meccanismi motivazionali, quali l’attenzione, la dipendenza e l’apprendimento. In caso di risultati positivi inaspettati il cervello rilascia più dopamina, un meccanismo importante ai fini del controllo dei movimenti (Fiorillo, 2003). Infine, anche studi relativi all’attivazione cerebrale, dimostrano caratteristiche differenti in seguito all’allenamento basato sulla ripetizione, sull’interferenza contestuale e l’apprendimento differenziale, graduale e caotico (Henz, 2015).
Sembra che il metodo dell’interferenza contestuale e quello dell’apprendimento differenziale, utilizzino dei processi neurofisiologici diversi nell’apprendimento motorio. Se vengono eseguite delle continue variazioni di singoli compiti, si registra una maggiore attivazione dell’EEG nelle frequenze basse, soprattutto nella regione centrale e parietale.
Ciò indica un maggior consolidamento delle informazioni somato-sensoriali e motorie con il metodo dell’apprendimento differenziale (Schöllhorn, 2018). L’apprendimento differenziale stimolerebbe quindi, uno stato cerebrale differente dall’apprendimento per ripetizione e progressione, che parrebbe favorire l’apprendimento motorio e che rende la rappresentazione motoria più resistente ai disturbi esterni ed interni.
Esistono quindi, davvero molte indicazioni e sollecitazioni ad un approccio metodologico che cambi profondamente gli usuali paradigmi di insegnamento e di apprendimento.
Il modello unico a cui tendere spesso non è coerente alle esigenze individuali di realizzazione di un compito motorio. Ciò che ci rende unici, non è solo la nostra conformazione morfologica o fisiologica ma è la “storia” (tutto ciò che abbiamo fatto, vissuto, sperimentato, realizzato, sentito) che ci ha formato e continua a darci forma (approccio costruzionista).
Le deviazioni da un movimento “modale” o “ideale” sono da interpretate come fluttuazioni, nell’organizzazione del movimento, rilevanti per i processi di adattamento motorio (Riley, 2002).
Nella realtà delle cose della vita e dei gesti sportivi e quindi dello sport in generale è inoltre chiaramente evidente che ogni cosa sia legata alle altre e nel momento in cui tentiamo di scomporre situazioni o gesti complessi, le singole parti, inevitabilmente assumono caratteristiche differenti proprio perché estrapolate dal sistema. In questo caso l’approccio olistico ci rende molto chiara la comprensione di come il tutto sia profondamente diverso dalla somma delle parti. Allenare quindi le parti separate diventa come allenare un qualcosa di diverso, e il transfer che abbiamo dentro il gesto completo è probabilmente davvero discutibile.
Infine, l’osservazione della realtà ci mette di fronte alla considerazione che apprendiamo molto spesso a fare cose senza nessuna progressione ma quasi sempre attraverso il nostro essere dentro situazioni complesse e che non si ripetono mai uguali a se stesse, nelle quali impariamo a sostare. Come dice Edy Zanoli so-stare nella complessità, cioè “so, stare…” Quando iniziamo a camminare ad esempio, scomponiamo prima il nostro apprendimento muovendo i piedi e le caviglie e poi le anche ed infine il busto e le braccia in coordinazione con le gambe? Oppure iniziamo a tentare di camminare?
Differential Learning nella pallavolo
Se il tentativo è quello di provare a modificare i nostri paradigmi storici di allenamento, il DL è probabilmente un approccio metodologico in buona misura coerente con questi cambi di paradigmi.
Sotto l’aspetto applicativo in ambito sportivo, la ricerca scientifica ha prodotto ormai numerose pubblicazioni in tal senso. Effettuando la ricerca su PubMed od altri motori di ricerca scientifica, associando i termini di “differential learning & sport” i risultati riportano ad oggi 731 risultati con un progressivo aumento dell’interesse nel corso degli anni (figura1).
FIG.1
La sperimentazione sull’efficacia applicativa del DL ha avuto ormai diverse conferme in ambito sportivo nella letteratura scientifica. Calcio (Schöllhorn, 2004), basket (Schönherr, 2003), handball (Wagner, 2008), pattinaggio di velocità su ghiaccio (Savelsbergh, 2010), tennis (Humpert, 2006), salto in alto (Schöllhorn, 2009), corsa a ostacoli (Schöllhorn, 2010), ginnastica (Beckmann, 2014), hockey (Beckmann, 2008) e Golf (Vernekohl, 2015).
Viceversa, ad oggi, non esistono molti studi sperimentali sull’applicazione del DL alla pallavolo. In una recente ricerca su PubMed che associ i termini di “differential learning & volleyball” le pubblicazioni sono molto poche. Per cui è evidente che l’approccio sperimentale applicativo nella pallavolo sia davvero all’inizio (figura2).
FIG.2
Tuttavia, le premesse teoriche sopra esposte, i meccanismi fisiologici a livello cerebrale determinati da questo approccio metodologico ed i risultati applicativi chiaramente positivi in molti e differenti sport, giustificano un’osservazione ed una riflessione sulle seppur poche ricerche applicative del DL specifiche sulla pallavolo, presenti ad oggi nella letteratura scientifica.
Per quanto riguarda l’apprendimento della pallavolo su soggetti giovani ed in ogni caso inesperti in “Repetition without Repetition or Differential Learning of Multiple Techniques in Volleyball” (Apidogo, 2021) sono stati confrontati gli effetti dell’acquisizione di tre tecniche di pallavolo (bagher, palleggio e servizio dall’alto) in parallelo con tre approcci, un gruppo di apprendimento ripetitivo (RG), un gruppo di apprendimento differenziale (DG) e un gruppo di controllo (CG).
Dopo un periodo di sei settimane con 12 sessioni di intervento, tutti i partecipanti hanno partecipato a un post test. Un ulteriore test di consolidamento dell’apprendimento è stato eseguito dopo due settimane. I risultati indicano i vantaggi dell’approccio di apprendimento differenziale rispetto alla familiarizzazione generale con la palla e agli approcci prescrittivi ripetitivi non solo durante l’acquisizione, ma anche durante la fase di apprendimento.
Attraverso l’apprendimento differenziale, dove nessun movimento è stato ripetuto, le ragazze adolescenti (15.6 ± 0.54 years – principianti nella pallavolo) sembravano aver sperimentato uno spettro più ampio di movimenti, il che ha permesso al loro sistema neuro-motorio di adattarsi in modo più efficiente alle esigenze delle tre tecniche. In ogni tecnica – palleggio, bagher, servizio e la combinazione delle tre tecniche – DG ha ottenuto i risultati migliori.
Rimanendo su uno studio inerente soggetti molto giovani e principianti “Differential Learning Applied to Volleyball Serves in Novice Athletes” (Reynoso, 2013) vengono confrontati i cambiamenti nella velocità e nella precisione del servizio nella pallavolo utilizzando metodologie di allenamento per ripetizione o apprendimento differenziale. Un campione di 33 partecipanti senza esperienza nella pallavolo è stato diviso in tre gruppi. Due gruppi hanno effettuato tre settimane di allenamento, mentre il terzo ha formato il gruppo di controllo. I partecipanti sono stati valutati in anticipo e in due occasioni successive. In ogni test sono state registrate l’accuratezza e la velocità del servizio. I risultati evidenziano il miglioramento sia della precisione che della velocità dei gruppi che hanno fatto pratica rispetto al gruppo di controllo (…ovviamente, sic.). Ciò che in relazione alle riflessioni di questo scritto diventa rilevante è che il gruppo di allenamento differenziale ha presentato una maggiore efficacia nella precisione, diminuendo l’errore variabile nei differenti tentativi.
Su un approccio metodologico attraverso le interferenze contestuali vi sono esperienze e pubblicazioni ma, non essendo oggetto specifico di questa riflessione, non sarà possibile approfondire i lavori presenti in letteratura scientifica, tuttavia, è interessante ragionare come sintesi su quanto proposto da questa pubblicazione: “The effect of contextual interference and variability of practice on learning volleyball skills in 9th grade of greek high school” (Zetou, 2007).
Lo scopo di questo studio era quello di esaminare l’effetto di interferenza contestuale nell’apprendimento di tre abilità di pallavolo (set, pass & service).
Lo studio è stato svolto su giovani pallavoliste di circa 12 anni. Sono stati sperimentati in due gruppi gli effetti di interferenza contestuale, utilizzando la pratica di interferenza bassa (bloccata) e alta (casuale) per 10 settimane di allenamento e 2 allenamenti settimanali di 75’. I due gruppi sono migliorati significativamente rispetto ai loro valori iniziali per le tre abilità di pallavolo, indipendentemente dalle condizioni di allenamento. Questi risultati hanno mostrato che le due condizioni di pratica portano entrambe a miglioramenti significativi nell’acquisizione e nell’apprendimento delle abilità di pallavolo, nelle giovani ragazze. Senza evidenziare quindi un vantaggio per il metodo differenziale. Sono interessanti, su questo, le considerazioni degli autori: “I risultati di questo studio possono essere dovuti al fatto che i partecipanti erano giovani giocatori non qualificati e, secondo altri studi, la pratica ad alta interferenza è risultata più efficace se utilizzata con giocatori esperti: (French, et al., 1990). Magill e Hall (1990) hanno suggerito che la pratica bloccata può essere efficace per i principianti mentre stanno familiarizzando con il movimento, cioè stabilendo il movimento di base e identificando i segnali rilevanti. Shea, Kohl e Indermill (1990) concordano con questo suggerimento e osservano che una volta sviluppato il programma motorio, l’interferenza contestuale può essere più efficace e gestibile. “
Su soggetti adulti recentemente è stato sperimentato l’approccio differenziale in: “Learning Multiple Movements in Parallel Accurately and in Random Order, or Each with Added Noise?” (Apidogo, 2022). Partiamo di nuovo dal presupposto già evidenziato che tradizionalmente, gli studi sull’apprendimento si sono concentrati principalmente sull’acquisizione e la stabilizzazione di compiti di movimento singoli e scomposti e che nella vita di tutti i giorni e nello sport, tuttavia, diverse nuove abilità devono spesso essere apprese in parallelo. Ma la misura in cui la somiglianza dei movimenti o l’ordine in cui sono svolti influenza clamorosamente ciò che accade nella vita e nello Sport. Questo studio mirava a confrontare gli effetti dell’Interferenza Contestuale in ordine di pratica casuale (IC elevato) con l’apprendimento differenziale (DL) e l’apprendimento progressivo nell’apprendimento di tre abilità di pallavolo in parallelo. (bagher, palleggio e servizio) sono state allenate con enfasi sulla precisione. I risultati hanno mostrato tassi di miglioramento statisticamente più elevati nelle fasi di apprendimento e ritenzione per il gruppo DL rispetto ai gruppi CI e CO.
Un altro interessante studio analizza il salto del colpo di attacco: “Effect of Differential Training on Female Volleyball Spike-Jump Technique and Performance” (Fuchs, 2020). Durante la stagione agonistica sono stati analizzati i salti massimali di 12 giocatrici d’élite (Austrian Volleyball League Women), che hanno svolto allenamento differenziale come forma di riscaldamento modificato. Le sessioni di allenamento avevano come scopo lo sviluppo delle cinque determinanti del salto considerate utili nello studio nella prestazione del salto nella schiacciata (ad esempio, oscillazione del braccio, utilizzo della parte superiore del corpo, contro movimento, approccio, funzionalità asimmetrica delle gambe). In conformità con i principi dell’allenamento differenziale, le giocatrici non hanno ripetuto i movimenti nel tentativo di seguire uno schema specifico al contrario sono state guidate a eseguire più variazioni per identificare il modello ottimale individuale. Nello studio l’allenamento ha portato ad adattamenti tecnici (All approach variables, arm backswing, and velocity-conversion strategy improved compared with the control phase as joint angles, counter movement depth, maximal angular velocities) e ha aumentato l’altezza di salto in queste giocatrici d’élite. Lo studio (pur nella sua limitazione da annotare circa il numero di soggetti coinvolti e la relativa durata della proposta di allenamento osservata) parrebbe quindi confermare che stimolazioni di tipo differenziale sviluppino una competenza di movimento che poi ha probabilmente un effetto positivo rispetto al saper saltare nel colpo di attacco.
Conclusioni.
Il Differential Learning poggia le sue basi sull’osservazione del gesto sportivo nella realtà. Nulla è ripetuto, mai nello stesso modo, e quasi sempre, nei giochi sportivi situazionali come la pallavolo, nessun gesto viene ripetuto se non inframmezzato da numerosissimi gesti differenti per scopo e per organizzazione e realizzazione del movimento.
Concettualmente il DL è certamente un approccio metodologico più coerente con questa realtà di quanto non lo siano la ripetizione, la scomposizione del gesto motorio e l’apprendimento lineare. Attraverso il DL, viene avviato e sfruttato un processo di auto-organizzazione che costringe il sistema ad organizzare nuove strategie coordinative che si traducono nell’emergere di modelli di movimento più efficaci rispetto al contesto o più stabili.
Gli studi fisiologici avvalorano, chiaramente che stimoli non ripetuti hanno effetti chiaramente differenti da stimoli ripetuti a livello cerebrale e sensoriale. Studi sperimentali su molti differenti sport, evidenziano effetti, quantomeno simili nell’apprendimento rispetto a metodologie più tradizionali fondate sulla ripetizione e sulla progressione lineare ed in genere decisamente migliori per quello che è il consolidamento degli apprendimenti, cioè la stabilità e solidità dell’apprendimento stesso. Nella pallavolo le esperienze di ricerca sono ancora poco numerose ma confermano, sostanzialmente le evidenze ottenute negli altri sport.
Dentro un quadro di osservazione sul DL certamente positivo è necessario porre però attenzione su un elemento applicativo chiave ed opportuno nella pratica di allenamento.
Il DL si basa sulla ripetizione senza ripetizione e sul “rumore come elemento chiave nel processo di apprendimento”. È necessario porre attenzione a non inserire elementi aggiuntivi di rumore su soggetti giovani od in ogni caso non evoluti. Il rumore in questo caso c’è già a sufficienza ed è la complessità della situazione di gioco. Una condizione essenziale dell’apprendimento differenziale può essere individuata nel fatto che l’allenatore o l’atleta stesso deve individuare e scegliere l’optimum di oscillazioni o variazioni per un dato allenamento.
Per i principianti e i bambini ne consegue che le oscillazioni devono essere ridotte, ad esempio con ripetizioni, poiché nei bambini e nei principianti, anche ricorrendo a ripetizioni, le oscillazioni sono abbastanza elevate da consentire un apprendimento efficace. (Schöllhorn, 2006).
Il “rumore” è quindi dentro il gioco e solo su atlete evolute è sicuramente interessante proporre interferenze contestuali che aumentino questo rumore. Questo è sicuramente un concetto fondamentale nell’applicazione del Differential Learning.
Il “rumore” è già dentro la complessità del gioco. Rumori aggiuntivi sono ragionevoli solo in situazioni semplificate ad esempio esercizi analitici o sintetici e sicuramente, “rumori” aggiuntivi di interferenza contestuale sono interessanti su soggetti evoluti.
* Si ringraziano il prof. Luciano Pedullà, il prof. Aldo Braga ed il coach Marco Doviti per la revisione del lavoro.
** Una versione ridotta di questo articolo è stata pubblicata sulla rivista Pallavolo/SuperVolley n°9/2023 pag.58-59
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BIO: DOMENICO GUALTIERI
- Nato a Firenze il 17 dicembre 1969
- 13 anni: Director of Performance & Sport Science – AC Milan e Parma Calcio
- 11 anni: Fitness Coach – AC Milan e Squadre Italiane Nazionali Giovanili
- 19 anni: Professore presso l’Università Statale di Milano – Scienze Motorie
- 9 anni: Docente presso Settore Tecnico FIGC
- 25 pubblicazioni scientifiche
- 3 pubblicazioni di libri originali
- Vincitore menzione d’onore premio CONI per la letteratura sportiva 2007
- Vincitore premio CONI per la letteratura sportiva 2008
2 risposte
Grazie a Filippo e al Prof. Domenico Gualtieri per aver condiviso questi profondi contenuti.
Credo che, l’agire quotidiano nell’educazione all’apprendimento e alla formazione dell’atleta sia ancora troppo distante dalle ricerche e dalle evidenze scientifiche e pedagogiche.
In contrasto ad una pratica ripetitiva e condizionata, il pedagogista italiano Raffaele La Porta nel primo dopo guerra scrisse diverse pubblicazioni riflettendo su temi come; educazione, insegnamento e apprendimento.
In particolare, nel famoso testo “La difficile scommessa” si espresse così: “L’insegnante che pretende dall’allievo comportamenti verbali e in qualche caso intellettuali imitativi dei propri, ripetitivi, conformi. L’obbligare l’allievo a prestazioni intellettuali e soprattutto verbali ripetitive, l’impedirgli di acquisire condotte impegnative dell’intera personalità sono forme di violenza indipendenti da ogni altra violenza.”
Ahimè questo approccio è ancora troppo presente nei nostri Settori Giovanili, ci vorrebbe un cambiamento paradigmatico intenso e totale.
Buona giornata
Riccardo Catto
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