“SALVE, SONO MOSCA, COME L’INSETTO!”

Quel pomeriggio di primavera dei primi anni Ottanta mi trovavo negli studi televisivi di una rete locale bergamasca, dove potevo coltivare la passione per lo sport sganciandomi un paio di volte la settimana dalla cronaca nera. Il centralino mi scovò in una saletta: “Telefonata per te da Milano”.

Era Maurizio Mosca, che avevo incontrato da ragazzino tramite Veronica, la figlia di suo fratello Antonello. Si era tenuto informato circa il mio percorso. Con i suoi tic e l’intercalare che avrei conosciuto a fondo e vissuto per quasi 30 anni, tra uno scrocchio e l’altro della voce mi disse: “Salve, sono Mosca, come l’insetto. Ho aperto, sa?, il mensile ‘SuperGol’ con l’editore Peruzzo, avessi detto Rizzoli. Ma lei, no?, verrebbe, eh?, a lavorare a Milano?” Lo stordimento durò un attimo, poi risposi: “Sente la cornetta penzolare, direttore? Sto già arrivando”. Rise nervosamente: “Si plachi. Faccia con comodo, no?, venga pure domani mattina in redazione, come?, qui, che facciamo due chiacchiere”.

Dopo pochi mesi a “Supergol”, Maurizio mi aveva già presentato a Ettore Rognoni, direttore di Sport Mediaset con cui iniziai a collaborare curando “Mundial” e poi “Calciomania”, “Guida al campionato”, fino a quando nel 1991 mi nominarono responsabile della redazione calcio della nascitura “Tele+2”, oggi Sky.

Maurizio era già il mio maestro, mio fratello maggiore, un amico. Mi travolgeva con i suoi ritmi e le sue idee, i cambiamenti continui dei titoli, delle scalette, dei programmi.

Avevamo la cultura dei contenuti, dei paradossi, delle interviste, degli ospiti, dei confronti: non chiamavamo mai la telecamera su di noi, non vivevamo nessuna forma di protagonismo. Per noi la trasmissione veniva prima di tutto, per noi la precedenza era chi diceva cosa e a quel punto eravamo dispostissimi a stravolgere qualsiasi scaletta, in diretta. Maurizio Mosca era orgoglioso di non essere mai stato in vacanza nei decenni di militanza alla “Gazzetta dello Sport”: una sola volta accettò l’invito di un gruppo di amici alle Mauritius (“Giusto perché si chiamano come me”), ma dopo 3-4 giorni rientrò in Italia partendo alla chetichella. Non sopportava l’ozio.

In “Gazzetta” il capo del personale lo convocò in ufficio: “Lei non fa ferie da più di 3000 giorni. Noi non possiamo pagargliele per intero: vada in vacanza stasera e ci resti almeno un mese”. Resistette meno di una settimana, poi prese ad andare in redazione di nascosto con la complicità dei colleghi, senza firmare articoli.

Si dedicava alla “cucina”: leggere i pezzi dei colleghi, titolarli, impaginare… Non stava senza lavoro, non stava a riposo. Non avrebbe mai più fatto vacanza nemmeno a “SuperGol” e poi a Mediaset.

A Natale e Ferragosto friggeva come in padella, nelle Feste comandate, telefonava a chiunque nella sua solitudine che lo aveva reso il badante dell’adorata mamma Teresa, moglie del grande Giovanni Mosca.

Cresciuto negli anni dell’ abusivato in cui i ragazzini volenterosi e rompiballe frequentavano le redazioni senza contratto e senza compenso, fu assunto giovanissimo dalla rosea e sviluppò il senso innato della notizia, dei gusti del pubblico, della gente, agganciato a quel genio del direttore Gino Palumbo che aveva umanizzato il calcio – in particolare – con l’invenzione degli “spogliatoi”, vale a dire la cronaca quotidiana dai campi di allenamento e le interviste nel dopo-partita.

Mosca non c’entrava nulla con le maniere forbite, convenzionali, con lo stile. Il suo scrivere era diretto e nevrotico come il suo parlare, come il suo modo di fare e di vivere, senza freni, senza paletti. Poteva risultare sgradevole, inopportuno, sfacciato, ma mai fasullo, mai bugiardo, mai banale. Pazzo, geniale, inventore pirotecnico delle “bombe di mercato”.

Considerava il mercato la fiera dei sogni, delle speranze dei tifosi, e allora perché non fargliele vivere? Perché non giocare? “I giornali, le trasmissioni televisive, si fanno al bar, in taxi e dal barbiere. Ascolti cosa dicono le persone, cosa pensano, poi costruisci secondo quello che vogliono”. Magari da una sua boutade poteva nascere qualcosa di vero. 

Una cosa infatti si inventava, Maurizio: gli scenari. Lo faceva, però, telefonando a tutti: presidenti, direttori sportivi, allenatori, giocatori… Metteva insieme i pezzi, le necessità, le strategie, dopo di che ipotizzava scambi clamorosi che un senso lo avevano eccome. Eppure, nel marasma del mercato qualche volta aveva davvero delle “dritte” di cui non disponeva nessun altro.

E si inventava i programmi, rivoluzionari, vulcanici. Come “Casa Mosca” frequentata da scrittori, giornalisti, soubrette, cantanti, artisti, giocatori di biliardo, circensi, maghi e illusionisti…

Soprattutto, dagli atleti olimpici: era l’unico a farli parlare di sé stessi in tv tra un’Olimpiade e l’altra, nei 4 anni di silenziosa attesa dei Giochi. Ho frequentato quel salotto per 20 anni a “Telenova” insieme a Diana Bianchedi, Josefa Idem, Antonio Rossi, Yuri Chechi, Loris e Maurizio Stecca, Francesco Damiani, la Piccinini, Marisa Masullo, gli Abbagnale e non so quanti altri… Con loro faceva il gioco della torre, li faceva parlare di sesso, di amore, di vita quotidiana, di famiglia, di amicizia e persino di religione, coinvolgendoli con Petra e Stefano Zecchi, Arturo Merzario e Brigitte Nielsen, con Raffaella Giuliani e Umberto Branchini… 

Una sera a Roma ci trovammo per caso nello stesso ristorante di Moana Pozzi che Maurizio, debole di vista, non aveva riconosciuto. Il manager della pornodiva ci invitò al loro tavolo. Rimase colpito dal modo di fare e di parlare di quella donna, così sul taxi che ci riportava in albergo mi disse: “Io questa la porto in tv”. Non provai nemmeno a dissuaderlo. Tempo dopo andò in onda in diretta quella famosissima puntata dell'”Appello del martedì” in cui Moana Pozzi e Paolo Villaggio restarono collegati per due ore a letto: dalle lenzuola spuntavano solo le loro spalle nude. La trasmissione, Mosca, Ettore Rognoni, gli autori… Tutti fummo travolti dall’ondata di indignazione dei perbenisti critici che schifavano la “tv spazzatura”.

Tv spazzatura… Quando morì Moana, quasi nessuno la ricordò come pornodiva, ma come donna garbata, gentile, acuta, intelligente. Tv spazzatura… In un programma dove intervenivano Mughini, Zeffirelli, Herrera, De Cesari, Pannella, Pilar Brehme (moglie del terzino tedesco dell’Inter), il figlio dell’ex presidente della Repubblica, Leone. 

Mosca era ascoltato e benvoluto da Moratti (amico di papà Angelo) e Berlusconi, Agnelli e Prisco, Dino Viola e Mantovani, Trapattoni, Bersellini, Sacchi, Agroppi, Sonetti, Marchesi, Scoglio, Zeman e poi Mazzola, Rivera, Del Piero, Bertoni, Massaro, Bellugi, Benetti, Prati, Albertini, Serena… Visse un amore-odio con qualcuno, Zenga in particolare, ma di fondo si volevano bene.

Preferiva avere in redazione i giovani “piuttosto che i vecchi tromboni”, in studio “le donne invece dei manichini”. Disegnava personaggi come Gambaro e Danova, Beltrami e Rambaudi, Piero Frosio e Garlini. Il calcio parlato doveva essere spettacolo. Lo spettacolo veniva prima di ogni cosa.  Eppure, dovetti la nostra amicizia e il nostro lungo rapporto di lavoro (26 anni) a causa del suo incidente di percorso più clamoroso. 

Conobbi l’allenatore Ferrari quando allenava il Saragozza e con lui il preparatore atletico Cleante Zat, che qualche tempo dopo lavorò anche all’Inter. Ferrari era l’allenatore dell’Udinese ai tempi dello scandalo Mosca-Zico.

In una puntata del “Processo del lunedì”, il giocatore brasiliano rinfacciò a Maurizio di aver scritto una pagina intera sulla “Gazzetta” senza averlo mai nemmeno incontrato. Strano, per un professionista navigato come lui che aveva accesso a qualsiasi personaggio del calcio e degli altri due suoi grandi amori, il pugilato e il ciclismo.

Ferrari mi disse: “L’errore di Mosca è stato non replicare, non rispondere. Tutti lo abbiamo visto nel ritiro dell’Udinese, tutti lo abbiamo visto seduto in panchina con Zico per un’ora abbondante. Zico si è arrabbiato per il titolo di quella pagina, in cui gli veniva attribuito un virgolettato che lui sosteneva non aver mai pronunciato: ‘Sono più forte di Platini’.

Era la forzatura del titolo tratto da una frase, ma Zico si era infuriato senza accettare ragioni. Quell’incidente in cui Mosca rinunciò a difendersi restando da solo, dando per scontata la buona fede nella sua innocente pavidità, gli costò il posto in “Gazzetta”.

Il giornalismo sportivo cartaceo aveva perso un campione, quello televisivo acquistò un fuoriclasse. 

(1- continua)

5 risposte

  1. Grazie,Luca!
    Chi ha conosciuto il ” vero” Maurizio, come te e me, sa quanto affetto sincero lui abbia dato senza risparmio e quanto abbia dato in termini di genialità e professionalità al Calcio,e ,prima , al Pugilato.
    In una parola : ha inventato la Televisione Sportiva.
    È sempre nei nostri cuori.

  2. Grazie Maurizio,
    non dimentico che quasi 50 anni fa mi hai aperto le porte della Gazzetta in piazza Cavour, dopo aver bevuto un caffè al bar di via Senato in tre secondi. Grazie nooo?
    Alberto

  3. Ah quindi aveva ragione lui e non Zico!?! Sono anni che mi interrogo si sta storia. Finalmente ha un finale: l’intervista c’è stata! Da fuori sembrava proprio il contrario, cioè che Mosca avesse fatto una cialtronata tipica del personaggio (che poi appunto era un personaggio, perché si vedeva che nella realtà doveva essere una persona coltissima).

  4. Ho avuto la fortuna di conoscere il grande Mosca alla trasmissione “La panchina di Rivera ” , dove partecipava ed in parte conduceva con il grande Gianni . a Tele Monte Penice vicino Pavia credo.
    Era il periodo dove Rivera aveva incontrato Zico in Brasile per portarlo fra di noi .Ma fumata nera. Poi a” Forza Italia ” su Odeon tv con Zenga e la Termali . Poi in un paio di Milan Club inaugurandoli.
    Ricordo di una persona genuina , parlava con tutti, sempre disponibile. Del suo percorso e’ stato detto tutto in modo magistrale da Luca e da chi ha commentato sopra.
    E non dimentichiamo gli “show” al Processo del lunedi’ di Aldo Biscardi. Magistrali !!!
    Ricordo non aveva la patente , e lo portavain giro un suo grande amico di fiducia
    “AHHH Come gioca Del Piero !!!!” , ” Ha gia’la volante sotto casa , e’ stato intercettato” in Tele Nova , ” Chi e’?” ” Che cosa ?” .Per non dimenticare e’ stato l’inventore del Pendolino . Grazie Luca per averci ricordato un grandissimo del giornalismo e della televisione. non credo ne nasceranno come lui!!

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