Un lungo applauso ha accompagnato il ritorno di Emanuela Maccarani in qualità di componente della Giunta del Coni dopo la quasi assoluzione da parte della giustizia sportiva della Federginnastica per l’allenatrice, ex direttore sportivo della Nazionale delle Farfalle, e per la sua assistente Olga Tishina.
In tanti lo hanno definito un colpo di spugna, arrivato al momento giusto, preciso come un orologio svizzero, con una decisione che poco ha a che vedere con i principi più elementari del diritto.
Una decisione che ha lasciato una parte della comunità – quella sportiva – sgomenta e paralizzata di fronte alla conferma e al perdono nei confronti di un sistema di allenamento intensivo che contempla l’offesa e l’umiliazione pubblica come strumento necessario per il raggiungimento dell’obiettivo olimpico. Ma l’applauso di Malagò e dei suoi uomini e delle sue donne non dice molto sulla Maccarani, ma ci dice tanto su un sistema che rischia un declino inesorabile. La giustizia buonista e domestica delle Federazioni nulla toglie ai procedimenti penali in corso a carico non solo della Maccarani ma anche di altre allenatrici di punta come Moira Ferrari, Eleonora Gatti e Stefania Fogliata, la cui richiesta di patteggiamento è stata rispedita al mittente.
La giustizia penale farà il suo corso e vedremo quali saranno gli esiti ma l’applauso corale della Giunta resta un’onta in un sistema fallace, spesso persecutorio verso gli indifesi, coloro che sono di fatto scartati perché’ non produttivi, perché non portano abbastanza soldi, o medaglie o luci a ribalte di cartone, quei ragazzi e quelle ragazze definiti impropriamente fragili o ‘sul viale del tramonto’.
Eppure, questi atleti e atlete offesi, sviliti, dimenticati sono qui a ricordare a tutti noi – ogni giorno – l’abisso che divide le persone coraggiose da quelle avvezze alla pratica dell’opportunismo, delle menzogne, delle promesse al vento. Sono loro stessi la prova provata di un mondo intollerabilmente imperfetto e sarà difficile metterli a tacere. La strada è tracciata. Il muro ormai ha un reticolo di crepe, la facciata è incrinata, la fiducia è crollata. Il contesto sportivo lascia indietro i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, ma anche uomini e donne di valore, di prestigio, e smorza la voce di coloro che vorrebbero cambiare dall’interno un mondo ormai troppo vecchio e pieno di incrostazioni.
Le priorità sono sempre le stesse, allungare i mandati di presidenti ottuagenari, soffocare politicamente gli avversari, affossare iniziative coraggiose, negarsi ai migliori.
La maggior parte dei tecnici – da alcuni definiti addirittura maestri – non riceve una formazione adeguata, è figlia di tempi passati e per sempre tramontati, quelli del bullismo in supporto all’insegnamento, della mancanza di rispetto e consapevolezza verso le donne, in virtù di un ruolo che li agevola nel catturare con l’inganno i loro stessi allievi, sia che abbiamo pochi o molti anni.
La Federvolley riceve denunce costanti ma pur intervenendo con singoli provvedimenti esemplari non ha ancora assunto iniziative strutturali; gli sport Rotellistici non hanno ancora radiato Massimo Giraldi, campione di ieri e oggi pedofilo incallito e condannato in via definitiva a Rotterdam e pronto a rientrare in Italia dopo l’arresto in Olanda. Il basket ha da poco radiato Paolo Traino. Altri casi, dolorosi e amari, stanno per venire fuori.
Emanuele Bucca, l’arbitro che rappresentava l’Italia a Tokio, è ancora ‘congelato’ dalla sua Federazione, la Federscherma, nonostante due procedimenti penali pendenti per violenza sessuale contro due ragazzine.
Andrea Cassarà, quattro volte campione europeo di fioretto, deve affrontare accuse vergognose, per comportamenti che appaiono reiterati dopo un primo precedente definito per intervenuta prescrizione.
Se la condanna in primo grado venisse confermata nei successivi gradi di giudizio avremo, nel caso di Manolo Portanova, un giocatore che resta in un campo di calcio a gioire a ogni goal di fronte alla società civile tutta, alla vittima che lo ha denunciato, e alla giustizia italiana che, ribadiamo, in primo grado, lo ha condannato a sei anni per stupro di gruppo.
E questo elenco di accadimenti e casi che funestano lo sport è molto più lungo e doloroso.
La ricerca condotta dalla Nielsen su un progetto di ChangeTheGame, sostenuto dal governo italiano, racconta un’altra storia: quattro bambini o bambine su dieci hanno subito una forma di violenza solo nella loro infanzia. I perpetratori sono gli allenatori per le ragazze, i compagni per i ragazzi, in pochissimi chiedono aiuto, in tanti lasciano lo sport.
I dati vanno saputi leggere e vanno interpretati, cosa che la Sapienza Università di Roma ha fatto in modo libero e senza fare sconti a nessuno.
Ai ragazzi, alle ragazze, alle famiglie abbiamo chiesto di raccontare la verità in un teatro di Milano, l’Elfo Puccini, il 1° dicembre. Quello sarà il loro momento, quello degli applausi, meritati e sentiti, quelli che restano e che resteranno non come una macchia ma come una medaglia alla resilienza, al coraggio, all’innocenza, allo sport, quello vero.
Bio: Daniela Simonetti
- Daniela Simonetti, giornalista e saggista, ha fondato ChangeTheGame, organizzazione di volontari e volontarie che contrastano ogni forma di violenza e abusi nel contesto sportivo, offrendo assistenza gratuita, legale e terapeutica alle vittime di violenza emotiva, fisica e sessuale nel contesto sportivo. L’Associazione ha permesso l’emersione del fenomeno degli abusi e collabora con il Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei ministri.
- Daniela Simonetti ha scritto il primo libro inchiesta sul fenomeno, Impunità di gregge, vincitore del Premio letterario internazionale Città di Como con Dacia Maraini nella giuria tecnica. Quest’anno ha vinto l’Harmony Award Stop Violence e il Premio Internazionale Semplicemente Donna.