PAOLO ROSSI, PER TUTTI…PABLITO.

Portalo, vecio. Portalo.E’ stato uno dei migliori quattro anni fa, in Argentina. Lo hai lanciato giovanissimo alla ribalta planetaria. Non dimenticarlo. In una squadra brillante, elegante, esteticamente affascinante, quasi ad adeguarsi al continente ospitante. Francia e Ungheria battute anche in virtù del suo timbro. Esclusivamente sua la firma contro l’Austria. E alla fine un quarto posto declassato soltanto nel risultato dalla rimonta del Brasile. Sai che è innocente.

Sì, Roberto segna, è un grande centravanti, il capocannoniere. Come lo era stato Paolo in provincia agli albori di questa narrazione. Ma Paolo ha segnato, appena rientrato. A Udine. E poi altri due. Ha vinto il campionato, la seconda stella della Juve è anche sua. Simbolicamente quanto e più di Virdis e Galderisi che ne hanno fatto magnificamente le veci, vecio. E’ stato fortemente voluto, aspettato. Pruzzo e i perbenisti se ne faranno una ragione.

Tu vuoi Paolo da sempre, avverti in modo vibrante dentro, quasi fosse una premonizione su cui dissipare ogni dubbio preliminare, essere lui  l’iconografia dell’eroe che sublimerà la spedizione spagnola. Deve esserci un filo conduttore con la splendida Italia del 1978, ai piedi del mondo. Tu sei uomo di cultura, vecio. Di arte e di cultura. Lo sai vecio. Lo sai che è innocente.

E poi, Paolo, si è comportato come lo straniero di Albert Camus: non sapeva cosa fosse un peccato, gli hanno detto di essere colpevole e ha pagato. Non ha invocato sconti. Nulla di più poteva essergli chiesto. L’uomo Paolo non può essere colpevole. Ha pagato per due anni. Adesso è di nuovo libero di correre e segnare. Di sognare con te vecio.

Sì, è magro, non sarà atleticamente la raffigurazione di ciò che suole intendersi per antonomasia un corpo splendidamente armonico e per essenza concettuale “anticamente greco”. Non è sicuramente al massimo della forma, vecio: ma tu lo sai, lo senti dentro che deve essere il tuo attaccante in terra iberica. Portalo vecio. Portalo. Ecco. Fatto. Peccato. Non ci voleva.

L’andamento nel girone è lì a risollevare i falsi moralismi, i qualunquismi, i facili commenti a posteriori: “Bearzot non avrebbe dovuto, è solo il suo figlioccio. Poi è della Juve, per quello lo ha portato, fosse stato in un’altra squadra e l’implacabile baffo in bianconero chi altri avrebbe convocato se non Pruzzo”? Ma i falsi moralisti e i finti perbenisti non sanno, però, che chi trasuda  implacabile grandezza ed è eroe con stimmate contrassegnate dal fato aspetta soltanto le occasioni più importanti. Cosa vuoi che sia un girone, Enzo.

La tua pipa non ha subìto sussulti, scossoni, mutamenti di stabilità direzionale. Se avessimo disputato le prime tre gare al meglio non incontreremmo Brasile e Argentina, che Mondiale sarebbe senza scontri del genere, senza la letteratura epica, senza mitologia  e senza eroi. Achille pretende Ettore. Gli eroi pretendono eroi. Quale gloria nella facile vittoria? Quali versi per una scontata conquista? Zico, Socrates, Junior, Eder, Cerezo, Falcao. Il calcio bailado, agli antipodi del nostro. Ma tu, vecio, hai Paolo. A cui, per essere eroe, manca un epiteto. Manca un’impresa. Il Brasile, i maestri. Quale migliore impresa che superarli con un suo gol? Uno? No, con loro ne servono di più. Vuoi che non ne facciano?

Nonostante Zoff, Gentile, Gaetano, il bell’Antonio? Andiamo, sono brasiliani. Ne hanno tre in bacheca, all’Azteca ci hanno surclassato prendendosi la Rimet. E se Pelè non si fosse fatto male in Inghilterra anche quattro. Giocano da sempre con cinque punte. Ne serviranno due, forse tre. Tutti Paolo? No, Pablito. Epiteto servito. Adesso è già nel mito. Per la consacrazione, altre più alte gesta: due gol a Zibì in semifinale. Ora ecco Madrid.  La Germania. Quelli sono tosti, vecio. Ballano di meno, ma rischi di sbattergli contro. Gol. Pablito. E l’urlo di Marco. E Spillo. Campioni del mondo. Mitologia allo stato puro. Vedi, vecio: gli eroi sono così. Lo sapevi e lo sai. Capocannoniere della rassegna iridata. Pallone d’oro. E tutto con la Juve. Lo hai riabbracciato tre anni fa. E suppongo siate sempre insieme. Tienilo ancora una volta con te, vecio. Tu con la tua pipa, lui con il suo sorriso.

BIO: ANDREA FIORE, con DIEGO DE ROSIS, gestisce la pagina INSTAGRAM @viaggionelcalcio.

Una risposta

  1. Bella, comunque Pruzzo lo poteva portare lo stesso…e anche nel 86, a quando risale la foto pubblicata, si poteva chiamare visto che era di nuovo capocannoniere.

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