Questo articolo è stato pubblicato dall’autore, Antonello Brambilla, sul sito web www.hqcoaching.net
L’idea si scrivere questo articolo nasce dalla fortuna che ho avuto in questi anni di potermi confrontare con molti allenatori dei portieri provenienti da diversi paesi del Mondo.
Molti di essi sostengono che il loro portiere trovi sempre la tecnica giusta per risolvere la situazione conoscendo più modi per farlo in base allo scenario. Per esempio il portiere sa attaccare la palla ma capisce anche quando la soluzione migliore sia il blocco.
Nel percorso di apprendimento che porta alla padronanza di entrambi i movimenti, quello che sicuramente succede è ciò che definisco “confusione motoria”. Se il metodo classico per insegnare una tecnica passa dall’utilizzo di numerose ripetizioni, la padronanza della Tech1 e della Tech 2 dovrebbe essere esercitata in modo equivalente. Così se un portiere con buona Tech1, di età non più giovane, volesse imparare la Tech2 passerebbe inesorabilmente da un periodo di “confusione motoria” in cui la risposta motoria potrebbe essere una via di mezzo tra le due tecniche. Questo periodo si potrebbe evitare per chi, già da giovane, avesse imparato entrambe le tecniche. Il problema della scelta Tech1 o Tech2 potrebbe passare dal non riconoscere il gioco e non prevedere lo scenario e, di conseguenza, vivere una “confusione decisionale”. Solitamente osservando questi portieri non vediamo un’eccellenza tecnica in entrambe le soluzioni, ma velocità di scelta rispetto al programma motorio da utilizzare.
Nel 1987 Mechling affermava che una abilità è un elemento dell’attività cosciente eseguito in gran parte in modo automatico che si sviluppa attraverso l’esercizio. Meinel sosteneva che le abilità sono azioni che vengono consolidate prevalentemente con l’esercizio ripetuto che si svolgono, almeno in parte, automaticamente cioè senza che l’attenzione venga intenzionalmente concentrata su di esse. Detto questo verrebbe da pensare che, se un portiere conoscesse una tecnica in modo perfetto, senza porvi nemmeno grande attenzione, dovrebbe risolvere la situazione con un buon risultato (abilità motorie). Ciò purtroppo non accade sempre, perché prende maggiore importanza il cosa fare piuttosto del come fare (abilità cognitiva).
Con questa teoria si affermava che nel cervello venivano così immagazzinati i comandi motori generalizzati deputati a coordinare centralmente l’esecuzione dei movimenti. Si ritiene che ogni comando motorio generalizzato contenga comandi motori che definiscono la struttura profonda comune a un’intera classe di movimenti mentre le caratteristiche superficiali di ogni singolo movimento vengono definite di volta in volta mediante un processo di parametrizzazione.
Per esempio per eseguire il tuffo, si utilizza il relativo programma che, durante lo svolgimento, sistemerà i parametri per eseguire, ad esempio, la presa o deviare la palla. Altri possono essere l’uscita alta, il calciare la palla ecc. Due elementi fanno parte della stessa classe se la durata delle singole fasi funzionali è uguale (spostamento, spinta, allungamento ecc.), si utilizza la stessa forza relativa cioè l’accelerazione impressa in ogni fase del movimento e l’ordine sia uguale l’ordine delle contrazioni muscolari. Eseguendo in forma diversificata più movimenti appartenenti a una stessa classe di azioni es. calciare la palla in varierà di tempo di esecuzione, direzione e ampiezza si esercita il processo di parametrizzazione.
Se vogliamo apprendere gesti motori sempre più articolati e ottimizzare la parametrizzazione si utilizzeranno esercitazioni a ridurre il minimo la variabilità dell’esecuzione. Così si andrà in teoria verso la perfezione dell’esecuzione tecnica.
Esempi sono l’esercitazione parziale, quella randomizzata e quella variata. Movimenti complessi come l’uscita alta in deviazione può essere semplificata frazionandone i pezzi di esecuzione, riducendo la velocità di esecuzione o modificando la richiesta di precisione esecutiva. Per esempio si può frazionare il lavoro degli arti superiori da quello degli arti inferiori per poi ricombinarli (taglio orizzontale) Se l’interazione tra le due parti è bassa questo taglio non altera la struttura profonda del programma e facilita l’apprendimento totale del movimento, in caso contrario nel caso in cui il movimento degli arti inferiori è indispensabile per garantire la stabilità del partner motorio degli arti superiori, il frazionamento non è una tecnica di insegnamento idonea. Si può invece far eseguire separatamente i diversi segmenti (taglio verticale), posizione di partenza, spostamento, stacco, distensione delle braccia, eventuale torsione del busto, direzione della deviazione, ritorno a terra. Come prima se l’interazione tra le fasi è elevata è difficile segmentare. La riduzione della velocità e la richiesta di una certa precisione (rinviare in una certa zona del campo o dentro una porta bersaglio, deviare verso un certo lato o dentro una porticina) possono essere efficaci a condizione che non si ecceda nell’imprecisione.
L’esercitazione randomizzata consiste nell’eseguire vari compiti motori diversi senza un ordine preciso. Se utilizziamo nel corretto modo, cioè utilizzando catene tecniche reali ( esempio uscita alta e rinvio con le mani o con i piedi, tuffo e deviazione, rialzata secondo tiro o cross e non con catene irreali come tiro presa più secondo tiro immediata o uscita e presa più tiro da fuori area), questa tecnica potenzia l’apprendimento per due motivi: consente al portiere di percepire meglio la peculiarità diverse dei singoli compiti e perché impone al portiere la selezione del programma motorio, cosa che non è necessaria se le ripetizioni di uno stesso compito vengono eseguite consecutivamente, in blocco, prima di passare alla successiva variante.
L’ esercitazione variata (per esempio tuffo e presa, tuffo e deviazione, uso mano sotto, uso mano sopra, palla rasoterra, rimbalzante, media, alta ecc.) consiste nel far eseguire più movimenti appartenenti a una stessa classe, cioè più varianti esecutive di uno stesso programma motorio generalizzato. Questa tecnica di esercitazione potenzia l’apprendimento probabilmente perché permette all’allievo di esercitare la parametrizzazione del programma motorio generalizzato.
Sempre Meinel descrive il processo con il quale le nuove abilità vengono apprese dividendolo nelle fasi: rappresentazione mentale e formazione del programma motorio in base alle capacità del soggetto; coordinazione grezza: il movimento risulta essere strutturalmente grezzo ma privo di errori; coordinazione fine: il movimento eseguito è corretto tecnicamente ma ripetibile solo in condizioni standard; disponibilità variabile: l’abilità risulta essere automatizzata al punto che risulta dotata di una grande disponibilità e variabilità grazie alle esperienze passate.
Rileggendo le fasi del processo si potrà notare come “il movimento eseguito è corretto tecnicamente ma ripetibile solo in condizioni standard”. Quali sono le condizioni standard? Nel ruolo del portiere le condizioni che si presentano sono sempre standard o si vive di variabilità dell’ambiente?
Per spiegare il persistere di un certo grado di variabilità esecutiva anche dopo numerosissime ripetizioni occorre spostare l’ottica dalla programmazione centrale dei movimenti alla varietà di vincoli imposti dalla coordinazione motoria della periferia e dall’ambiente. Questo approccio ecologico è caratterizzato dall’interazione complessa fra individuo e ambiente.
Nikolai A. Bernstein (testi conosciuti grazie a Fabian Otte) negli anni 70 fu tra i primi scienziati a capire quanto l’ambiente, il contesto poteva condizionare l’apprendimento motorio. Secondo la teoria di Bernstein la pratica non consiste nel ripetere sempre la stessa soluzione ma nel ripetere più volte il processo di risoluzione con tecniche che abbiamo cambiato, perfezionato e messe in atto di volta in volta (teoria della ripetizione senza ripetizione). Occorre ricercare soluzioni motorie ottimali ai problemi. Con il sistema ecologico si cerca di trovare soluzioni migliori di volta in volta, la variante esecutiva non viene vista come un fattore limitante.
La destrezza (Bernstein 1996) è caratterizzata dalla capacità di risolvere qualsiasi problema di movimento emergente, in qualsiasi situazione e in qualsiasi condizione. Pertanto, i nostri ambienti di pratica devono fornire opportunità ai nostri portieri di risolvere problemi in una vasta gamma di situazioni. Spesso, invece, gli allenatori propongono problemi altamente prevedibili e altamente non rappresentativi.
Come possiamo aspettarci che i nostri portieri possano risolvere problemi dinamici se non offriamo loro le opportunità di usare in allenamento questo processo di ricerca? La variabilità delle traiettorie giocate, della velocità della palla, delle condizioni di visibilità della palla, il cambiare numero di avversari, distanza del tiro, le condizioni del campo, le condizioni di stress, il minuto di gioco, il risultato di quel momento, le condizioni di stanchezza ecc. diventano vincoli importantissimi da poter utilizzare per creare ambienti dove il portiere possa continuamente trovare soluzioni.
La scoperta dei neuroni specchio da parte del neuroscienziato Rizzolatti e della sua equipe ha poi accelerato e cambiato per molti (ma non per tutti) il modo di vedere ancora di più la metodologia dell’allenamento. La scoperta ci ha consentito di sapere che esistono neuroni con proprietà visuo-motorie, cioè che si attivano sia quando viene eseguito un movimento sia quando venga compiuto da altri. Condizione necessaria è che tale movimento sia presente, anche in modo parziale, nel suo patrimonio motorio.
È stato inoltre scoperto che i neuroni specchio si attivano anche quando quell’azione motoria viene solo immaginata. I neuroni specchio sono considerati fondamentali per i processi imitativi ma anche nei processi di riconoscimento, comprensione di azioni altrui e di conseguenza di riconoscimento delle intenzioni.
Esistono inoltre classi di neuroni adibiti a codificare lo spazio intorno a noi e a collocarci in relazione alla porta, all’area, alla distanza della palla e alla presenza degli avversari o compagni. Questi neuroni che capiscono l’ambiente e dettano specifici tipi di azioni, specifici modi di eseguirle e specifici tempi permettono di ribadire quanto sia importante proporre in allenamento delle esercitazioni eseguite con la medesima organizzazione spaziale riscontrabile in partita.
Diventa altresì interessante l’utilizzo dei video per studiare gli avversari, i loro movimenti, singoli e di reparto, per comprendere i loro scopi e riproporli nelle sedute in campo. Le azioni vengono codificate in termini di scopi e non sulla base dei movimenti che compiamo per svolgerle. La stessa azione può essere portata a compimento con movimenti diversi.
L’esperienza è un altro fattore che ci permette di leggere ancora meglio le intenzioni. Più ho vissuto quel momento, più volte ho visto o immaginato quell’azione, più precisa sarà la mia capacità di leggere le intenzioni dell’avversario e di anticiparne la soluzione.
Concludendo qual’è il metodo migliore? È importante saper usare entrambi gli approcci scoprendo sempre più il fascino dell’apprendimento. Occorre esplorare tutte le teorie ed integrarle. L’ambiente può aiutarti a trovare soluzioni più rapide a situazioni di gara in continuo mutamento.
Durante il processo di apprendimento posso anche accorgermi che il mio portiere abbia qualche lacuna, possiamo aprire una finestra e lavorare sui quei micromovimenti, su quella parte tecnica che magari non ha capito e poi ritornare a lavorare nell’ambiente. Sono due modi che si mescolano che dobbiamo saper utilizzare. La soluzione non è uguale per tutti.
Spesso fondiamo il nostro lavoro su competenze cristallizzate, senza domandarci cosa potremmo cambiare se i nostri portieri non migliorano, non apprendono. A volte basterebbe cambiare prospettiva.
Bibliografia
Meinel, Teoria del movimento
Bernstein Nikolai Aleksandrovich, Fisiologia del movimento
Rizzolatti Giacomo, Sinigaglia Corrado, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio
Articoli di Capanna Riccardo, Albertini Claudio e Fabian Otte
Brambilla Antonello, Papere e Miracoli
Umberto Ruggiero, Allenare giocando, So come giochi
Caterina Pesce Sds n.55
BIO Antonello Brambilla:
Uefa Gk A – diplomato I.S.E.F.
Allenatore dei portieri di Albinoleffe – Dinamo B. – Palermo – Al Nassr – Al Ahli – Trapani – Sampdoria – Cagliari – Watford – O.M. – Sheffield Wednesday
4 risposte
Articolo molto CONTEMPORANEO e che condivido pienamente….
Per essere al passo con altri paesi e altre scuole bisogna essere pronti ad abbandonare certi “dogmi” essere UMILI e avere l’apertura mentale di sapersi confrontare con altre metodologie per saper coglierne le sfaccettature da utilizzare e integrare col proprio “credo”
Ringrazia il mister per la sua esposizione, articolo ricco di elementi su cui riflettere.
Sarà fatto Antonio!
Grazie a voi per aver dedicato del tempo nel leggere il mio articolo. Antonello