“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso FIFA e il Verbo era FIFA. UEFA era, in principio, presso FIFA: tutto è stato fatto per mezzo di FIFA e senza di lei nulla è stato fatto di ciò che esiste nel mondo del calcio.
…Finché arrivò la European Super League.”
Chi fa del calcio quasi una religione di vita, forse tra qualche tempo leggerà con nostalgia queste parole dallo sfondo un po’ blasfemo ed un po’ apocalittico, ma per il momento aspetterei a creare panico: il comunicato stampa della Corte di Giustizia Europea di ieri sulla decisone del caso numero C-333/21, seppur per molti tifosi sia stato un fulmine a ciel sereno, in realtà si inquadra in un contesto giuridico piuttosto complesso, che però gli operatori del diritto potevano in un certo modo aspettarsi.
Facciamo un passo indietro per inquadrare la questione, non con l’occhio del tifoso, ma con quello di osservatore del diritto sportivo; cerco di semplificare al massimo, un po’ perché chi si occupa di calcio conosce già i fatti ed un po’ anche perché chi legge non si senta in dovere di indirizzarmi imprecazioni varie, in questo periodo prenatalizio.
Per riassumere in modo estremamente sintetico: tutto nasce nell’aprile 2021, quando un gruppo di squadre europee presenta un nuovo progetto denominato European Super League (ESL), al di fuori del “campo di gioco” di FIFA e UEFA.
Risultato: “apriti cielo”.
Immediata opposizione non solo di FIFA, di UEFA e dei tifosi, ma anche del mondo politico: per mezzo di un comunicato congiunto a firma di UEFA e delle maggiori Federazioni Nazionali, viene immediatamente dichiarata guerra al nuovo progetto, con esplicite minacce di sanzioni disciplinari. I club che intendono partecipare alla ESL rischiano l’esclusione dai rispettivi campionati ed i calciatori potrebbero non essere più convocati nelle partire delle rispettive Nazionali.
FIFA segue a ruota, minacciando a sua volta sanzioni disciplinari.
Al di là di quelli che sono i giudizi e le opinioni dei tifosi, assolutamente rispettabili, sotto il profilo giuridico come possiamo inquadrare il problema e comprendere i ruoli delle parti, e più precisamente della Corte di Giustizia Europea? Cosa c’entra un’istituzione europea con un progetto di competizioni sportive?
In realtà non è la prima volta che la Corte di Giustizia Europea interviene in materia di sport, ed alcuni si ricorderanno i casi Bosman, Meca-Medina e Walrave-Koch, per citarne solo alcuni.
Ma facciamo un altro passo indietro; l’ultimo, prima di arrivare al punto della questione.
Sempre semplificando, partiamo innanzitutto dal considerare che le regole che disciplinano il mondo dello sport hanno principalmente due categorie di fonti normative: la prima, di natura privata (tutte le regole emanate dal sistema sportivo stesso, sulla base di un sistema di autoregolamentazione) e la seconda di natura pubblica, nella quale rientra anche il diritto europeo, oggetto del caso in questione.
Le fonti private sono quelle di natura prettamente sportiva: per quanto riguarda il calcio, FIFA è la Federazione Internazionale di riferimento e rappresenta la fonte primaria delle regole sportive sul calcio.
Basta consultare il sito di FIFA per trovare una lunga lista di “legal documents”, contenenti le regole più svariate: da quelle sugli agenti a quelle sui trasferimenti internazionali dei calciatori e così via.
Ora immaginiamo il sistema calcio come una piramide: al vertice troviamo FIFA, che detta le regole internazionali, un gradino sotto ci sono le Confederazioni, come UEFA, che intervengono a disciplinare alcuni aspetti interregionali (ad esempio quelle sul tanto discusso “fair play finanziario”).
Al gradino più basso troviamo poi le Federazioni nazionali, che implementano a livello nazionale le regole dettate dai vertici ed organizzano i campionati nazionali: per quanto riguarda l’Italia, FIGC si uniforma alle regole dettate da FIFA e UEFA.
Questo in sostanza è quello che viene chiamato il “modello europeo dello sport”, che per l’appunto è organizzato su base piramidale.
Inoltre, sul piano prettamente sportivo, FIFA e UEFA, come prevedono i loro statuti, hanno il monopolio e l’esclusiva sulla gestione delle competizioni internazionali; le Federazioni nazionali, affiliandosi a FIFA e UEFA, vengono sottoposte a tali normative interne, la cui violazione può comportare l’applicazione di sanzioni disciplinari.
A lato di questa piramide organizzativa e normativa sportiva, troviamo il diritto pubblico : nel rispetto del principio di autonomia dello sport, le leggi ordinarie (di fonte statale) intervengono a disciplinare alcuni aspetti dello sport che necessitano un livello più “elevato” di regolamentazione, come ad esempio in materia giuslavoristica, fiscale e di tutela di determinati diritti fondamentali.
Tra queste leggi troviamo anche il diritto internazionale e, per quanto riguarda il caso della Superlega, quello europeo.
È una lunga storia quella del rapporto tra diritto europeo e mondo dello sport.
Sintetizzando e semplificando ancora una volta, il punto di arrivo di una lunga debacle sull’applicabilità del diritto europeo al settore sportivo, risale a quando viene codificato nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU) il cardine di questo rapporto, il cosiddetto principio della “specificità dello sport” (articolo 165 TFEU).
In sostanza il diritto EU riconosce la specificità del settore sportivo e ne promuove l’autonomia; sulla base di tale principio, il mondo sportivo viene lasciato più o meno libero di “autoregolarsi”, ed è quello che hanno fatto le Federazioni Internazionali e Nazionali.
Ma questo principio, sempre semplificando, trova dei limiti: ed è proprio la Corte di Giustizia Europea (ECJ) che a questo punto entra in campo a fischiare eventuali fuorigioco delle regole emanate dal sistema sportivo, rispetto ai principi cardine del diritto europeo.
Ricordate il caso Bosman?
In quell’occasione la ECJ cristallizzò un concetto elaborato nel corso degli anni precedenti dalla sua stessa giurisprudenza: l’autonomia dello sport rispetto all’applicazione del diritto EU trova un limite per quelli che sono gli aspetti economici dello sport.
In sostanza, il principio giurisprudenziale elaborato dalla ECJ prevede che l’eventuale violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla normativa europea ( ad esempio: diritto di libera circolazione, alla libera prestazione di servizi, alla libera concorrenza, etc.) da parte di norme sportive (come quelle di FIFA e UEFA) possa essere “sanzionata” con la prevalenza del diritto europeo.
La valutazione deve essere fatta “on a case by case basis”: vale a dire, caso per caso.
L’elemento chiave per la valutazione di un’eventuale prevalenza del diritto europeo sulle norme sportive è quello del “carattere economico”: ogni qualvolta una regola sportiva abbia una portata economica, oltre che prettamente sportiva, bisognerà valutare se tale regola sia o meno in linea con i principi del diritto europeo.
Nel caso Bosman FIFA e UEFA, a seguito della pronuncia della ECJ, furono costrette a modificare le proprie regole sportive.
Per chi volesse approfondire: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX%3A61993CJ0415
Ecco un esempio di “precedente” simile a quello che sembra stia accadendo ora, a più di vent’anni di distanza, con il caso della ESL.
Ora, tornando alla questione de quo, quando parliamo di competizioni internazionali abbiamo detto che FIFA e UEFA hanno l’esclusiva sulla loro organizzazione e gestione, così come previsto dai loro statuti (vale a dire, le norme “sportive”).
Non è forse questa una limitazione, rispetto a quanto previsto dal diritto europeo in materia di libero mercato e libera concorrenza?
Non è forse questo un monopolio?
È proprio su questi aspetti che la ECJ è stata chiamata a pronunciarsi.
Va da sé che l’organizzazione e la gestione delle Coppe, oltre che una questione di normativa sportiva, costituisca anche un fattore economico non trascurabile: numeri da manovra finanziaria. Il “carattere economico” di tali questioni sembra pertanto innegabile.
Come detto, quando nella primavera del 2021 è stato presentato il progetto ESL, UEFA in primis e FIFA subito dopo, sulla base della propria esclusiva, hanno minacciato sanzioni disciplinari a club e giocatori che avessero partecipato a competizioni “non ufficiali”, vale a dire organizzate al di fuori del loro perimetro di esclusiva.
Da qui l’azione legale che ha portato alla pronuncia della ECJ: la questione parte infatti da un’azione inibitoria avviata dalla società promotrice del progetto ESL di fronte al Tribunale di Madrid, per inibire a UEFA e FIFA l’emanazione di qualsiasi sanzione disciplinare.
Senza appesantire troppo con dettagli tecnici, non è questa la sede, la questione è stata rinviata dal tribunale spagnolo alla ECJ, proprio per avere una sua valutazione ufficiale in merito alla compatibilità o meno delle regole FIFA e UEFA, rispetto ai principi cardine del diritto europeo: libera concorrenza e divieto di posizione dominante.
Teniamo presente due questioni importanti: la prima è che corre in parallelo una procedura, per certi aspetti simile, riguardante il monopolio sulle competizioni sportive esercitato dalla Federazione Internazionale di Pattinaggio su Ghiaccio, sulla quale la ECJ ha emanato proprio ieri un comunicato stampa (https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2023-12/cp230202en.pdf ), in linea con quanto espresso in riferimento al caso ESL.
La seconda è che un anno fa, nel dicembre 2022, l’Advocate General della ECJ si era espresso, con un parere non vincolante (https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2022-12/cp220205en.pdf ), sulla presunta compatibilità delle regole FIFA e UEFA rispetto al diritto europeo.
Sotto questo aspetto, la decisione di ieri della ECJ può pertanto essere risultata inaspettata.
Ora, dal punto di vista tecnico, la palla ripassa al Tribunale di Madrid che dovrà pronunciarsi sul merito della causa, applicando i principi indicati ieri dalla ECJ: sotto questo profilo, è pertanto prematuro esprimersi.
Alla luce di tutto questo, possiamo però concludere che, ancora una volta, la ECJ abbia dato uno “scossone” importante al mondo del calcio, ma non solo; l’intero “modello europeo dello sport” potrebbe risultarne compromesso.
Tutto ciò cosa significa? Passeremo ad un modello di sport e di competizioni più simile a quello americano?
Tremano davvero i pilastri del “modello europeo dello sport”?
Se fosse davvero così, sarà meglio o peggio?
FIFA e UEFA saranno in grado di apportare ai propri regolamenti in tempo le modifiche necessarie?
Il progetto ESL verrà davvero finalizzato e messo in campo? Sarà un successo e le “vecchie” coppe perderanno interesse?
A queste domande commenteranno i tifosi, ma magari con un po’ più di consapevolezza sui retroscena della vicenda.
BIO Filippo Chierici:
- Collaboratore presso lo studio Interlaw Monaco S.A.M.
- Of Counsel presso LawOneTax, da settembre 2019
- Expertise tematiche
- Consulente specializzato in materia civile e commerciale al servizio di clientela privata e corporate italiana e straniera
- Specializzato in diritto dello sport, presta assistenza a campioni ed istituzioni sportive
- Specializzato in questioni di diritto internazionale, nel contesto di operazioni transnazionali
- Expertise di settore
- Diritto dello sport
- Diritto privato internazionale
- Qualificazioni
- Iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Milano
- Full member STEP
- Professore a contratto presso l’Università Internazionale di Monaco (IUM)
- Legale fiduciario dell’Ambasciata d’Italia a Monaco
2 risposte
Sul piano generale non posso che condividere quanto riportato in questo pregevole articolo.
La domanda che mi sovviene è: UEFA e FIFA possono rifiutare il tesseramento a società operanti in altra lega? Questo dovrebbe essere il vero nocciolo della questione. Ove fosse così, le società aderenti alla superlega, non potrebbero partecipare a campionati fatti sotto l’ombrello di Fifa, Uefa e FIGC. Stessa cosa per i tesserati.
Poichè i mondiali sono organizzati dalla FIFA gli atleti che giocano nella superlega non potrebbero giocare nei mondiali.
Diciamo che si va ad aprire una catena di problemi concatenati.
Il problema vero per la superlega è quello degli enormi costi cui va incontro. Non è detto che la dinamica, che da qualche tempo, vede confluire sul calcio elle grande significative risorse possa continuare e non formare una bolla destinata a scoppiare o sgonfiare.
Poi, si dovrà vedere l’insieme dell’organizzazione di questa superlega. Se è come quella che hanno tentato di fare la vedo dura. Difficilmente i tifosi delle squadre non partecipanti si allontaneranno (almeno nel breve termine) dal tifo della propria squadra storica.
Buone feste.
Buonasera Giuseppe,
concordo pienamente e condivido i Suoi dubbi.
Oltretutto il problema dell’esclusiva sulle coppe e quello delle sanzioni minacciate da UEFA e FIFA ai club ed ai giocatori, come ad esempio l’esclusione dalle gare, fino a spingersi alla revoca delle licenze, ha un altro aspetto di criticità: FIFA e UEFA che, sulla base dei principi stessi di specificità ed autonomia del sistema sportivo, emettono i propri regolamenti, sono poi gli stessi organi che gestiscono i sistemi di “decision making” e sanzionatori, in caso di violazione di quelle stesse regole.
Questo è un aspetto controverso del sistema di giustizia sportiva endofederale: in barba al principio cardine della separazione dei poteri predicato già da Montesquieu, ci troviamo di fronte a federazioni che da una parte emanano le regole, e dall’altra hanno poteri di giustizia sportiva e sanzionatori, almeno in “primo grado”.
Sotto questo aspetto, a mio avviso, il discorso della posizione dominante sollevato dalla ECJ ha una portata ancor più importante.
Per quanto riguarda il tipo di sanzioni, per il momento quelle codificate nel regolamento disciplinare di UEFA sono elencate all’articolo 6 e, tra le altre, prevedono sospensione e revoca della licenza.
Concordo pienamente sul fatto che si andrebbero a presentare una serie a cascata di problemi, come quello della partecipazione ai Mondiali.
Bisogna vedere anche come reagiranno FIFA e UEFA per stare al passo con i tempi e far buon viso a cattivo gioco; UEFA ha già dato segnali di adeguamento con i suoi nuovi regolamenti, ma avremo una situazione più chiara nei prossimi mesi.
Venendo poi al tema della sostenibilità finanziaria della Superlega, non bisogna dimenticare che dietro al progetto c’è l’ombra dei fondi di Quatar ed Arabia Saudita, ed avremmo probabilmente una situazione simile a quella che che si è vista nel golf, con la LIV, la Superlega araba.
Ne è emblematico il passaggio di Jon Rahm dalla PGA alla LIV, con tanto di dichiarazione: “Amo il golf ma tengo famiglia”.
Il motivo? Una montagna di soldi.
E qui si apre un altro tema: lo strapotere finanziario dei sauditi e quello che è stato denominato come “sportwashing”.
L’amore dei tifosi per la propria squadra del cuore rimarrà fedele e vincerà su tutto, in questo scenario di cambiamenti?
L’asso nella manica della Superlega secondo me è stato quello di proporre partite in chiaro per tutti, e questo potrebbe stravolgere gli schemi.
In ogni caso da parte mia spero proprio di sì, che i tifosi restino sempre e tutti fedeli al primo amore, ma bisogna anche vedere cosa decideranno di fare i club.
Nel frattempo FIFA e UEFA, per fronteggiare questo scenario, devono muovere velocemente almeno i primi passi verso una strategia più moderna.
Buone feste a Lei ed a tutti i lettori
Filippo