VAR: VIDEO ASSISTANT REFEREE.

La RAI ha da poco compiuto 70 anni: auguri e grazie comunque, perché la televisione ha cambiato la vita dell’umanità: importante sottolineare in rosso questo banalissimo incipit, per domandarsi subito dopo se l’abbia cambiata in meglio.

La risposta – credo siamo tutti d’accordo – è certamente sì perché ci ha aperto le finestre sul mondo, sulla cultura, sull’arte, sullo sport, sullo spettacolo, sull’informazione soprattutto. Quali sono le controindicazioni? Le scelte che facciamo, a partire dalla dipendenza di cui soffrono in molti al limite della patologia, trascorrendo ore e ore davanti al piccolo schermo, e le preferenze sui programmi. Esistono la buona tv e la pessima tv, l’educazione e la volgarità: sta noi decidere se orientarci su un documentario o “Il grande fratello”, su Alberto Angela o su Alfonso Signorini. 

Per aumentare la nostra sicurezza abbiamo adottato le telecamere: in città, in autostrada, nei supermercati, nelle banche, nelle portinerie, molti persino in casa. Il Grande Fratello, non la fiction ma lo strumento che vive, spia, indaga nel bene e nel male nelle nostre esistenze, ci rassicura. Infine le abbiamo introdotte nello sport, dove funzionano benissimo aumentando la regolarità, la correttezza nello svolgimento delle gare e dei risultati. Vanno alla grande nel basket, nel football, nel tennis, nel volley, nella pallanuoto, nell’atletica… Persino nell’ippica. E fanno mediamente molto bene anche nel calcio (salvo qualche normale eccezione) nelle coppe europee, in Premier League, in Bundesliga, nella Liga. Ovunque, insomma, eccetto che nel nostro Paese. 

Il mondo vive meglio la quotidianità nella vita e nello sport grazie alla televisione, alle telecamere, alla tecnologia. Il mondo, eccetto l’Italia. Eccetto l’Italia del calcio. Qui dove il Video Assistant Referee, il VAR, è stato introdotto per la prima volta nella storia, adottato in serie A prima che in qualsiasi altro campionato, è un caos. Una rissa. Una polemica continua. Quando chiama o quando non chiama, quando vede o quando non vede, cosa (non) chiama, cosa (non) vede, come, perché, e soprattutto chi.

Si tratta principalmente di un tema riguardante la cultura, che purtroppo in Italia scarseggia e quando alberga è comunque minata, contaminata, calpestata dalla fede, dal tifo, dagli interessi di cortile, dagli alibi. E’ il sospetto che la fa da padrone, è il complotto che aleggia nei cieli degli stadi, sono ineluttabilmente i poteri forti a condizionare decisioni, risultati, campionati.

Dunque su questo bisognerebbe – come al solito – lavorare duro, a partire dalle scuole, dalle società sportive, dai poteri forti appunto – perché no – e dalle palestre (per non parlare delle famiglie): purtroppo è dai tempi di Cavour che è fatta l’Italia ma non gli italiani, quindi se non vogliamo rassegnarci e c’è ancora in giro qualcuno che ha voglia di lottare in questo senso, insegnando educazione, lealtà, correttezza, sportività insomma, sosteniamolo. Anche se purtroppo vedranno (forse) un minimo risultato soltanto le generazioni future…

La prima cosa concreta da ristabilire è che non ci siano un protocollo, un vademecum, delle norme le quali già per definizione creano un’ingestibile discrezionalità, ma delle regole. Regole precise, chiare, agili.

Chissenefrega se la partita, invece di 90′, durerà 2 ore: la gente spende centinaia di euro per andare allo stadio, sarà disponibile a godersi uno spettacolo prolungato, purché sia regolare. Già adesso le interruzioni sono reiterate a causa degli arbitri e delle loro omelie su ogni calcio di punizione, ogni rigore, ogni ammonizione (per favore, vi supplico: guardate una qualsiasi partita dei campionati stranieri per notare le differenze negli atteggiamenti), a causa delle sceneggiate dei giocatori, delle perdite di tempo, dell’ostruzionismo. E dopo il giusto, straordinario, visionario esperimento dei Mondiali in Qatar con i recuperi fiume a favore dello spettacolo e appunto della regolarità, tutto è tornato come prima. L’arbitro, dopo più di un’ora e mezza stanco e con poco ossigeno al cervello, decide a capocchia quanto recupero dare, non è mai uniforme nelle decisioni: il tempo effettivo è un’altra legge da introdurre immediatamente. Ripeto: legge. Bisogna stabilire un codice, non continuare (a vanvera) attraverso una maldestra e non meglio identificata consuetudine. 

Le proposte. 

1) Anzitutto, è assolutamente necessario sgombrare il regolamento dagli impicci: il fallo di mano è fallo di mano e basta, punto, fine. Deve comprendere tutto il braccio, non una parte. Non è fallo solo se serve a proteggersi e se è attaccato al corpo, in tutti gli altri casi è fallo e basta, volontario o no. Va punito, stop.

2) Se nel tackle tocchi prima la palla, non è mai fallo e basta, punto, fine, stop. Anche se poi ci scappa la rotula. Altrimenti i compianti Scirea, Beckenbauer oppure Bellugi, Rosato, Morini, Maldini, Baresi, Vierchowod e… Filippo Galli non sarebbero mai nati. 

3) Le simulazioni vanno punite severamente. 

4) Il fuorigioco va completamente capovolto nel concetto: l’attaccante è in posizione regolare fino a quando almeno il tallone, la nuca o un dito siano in linea con il difensore, non viceversa. Fino a quando non c’è “luce”, insomma, perché nella revisione tecnologica una frazione di secondo o un millimetro possono essere involontariamente manipolati. L’errore è fatalmente dietro l’angolo, insomma. Il fuorigioco nacque per punire i furbi, non gli abili a smarcarsi, e non è concepibile che lo scopo di questo sport – il gol – sia inibito per un’unghia rispetto a un campo lungo 110 metri, con la velocità alla quale vanno oggi giocatori e pallone. 

5) Il giocatore che resta a terra ululando dal dolore, a meno che poi non sia costretto a uscire per infortunio reale, deve stare fuori 2 minuti. 

6) Infine, anche se i corner sono diventati importantissimi in uno sport basato sempre più sugli episodi, non sono d’accordo di ricorrere al VAR per le stabilire se ci sia o non ci sia stata deviazione, perché secondo questo principio bisognerebbe rivedere bene anche tutti i calci di punizione negli ultimi 30 metri. 

Il VAR.

1) Bisognerà chiamare per qualsiasi episodio dubbio in area, non solo per quelli “ritenuti” gravi.

2) Bisognerà segnalare qualsiasi tipo di atteggiamento gravemente antisportivo. 

3) Va assolutamente abrogata la definizione “intensità” di una spinta: valuta l’arbitro in campo, sbaglia l’arbitro in campo, a meno che il VAR si accorga che l’arbitro non l’ha vista per niente. 

4) Bisogna imporre ad arbitri e varisti di guardare 3 partite alla settimana, una per ogni campionato europeo importante (Premier, Liga e Bundesliga) e fargli scrivere poi una breve relazione. Bisogna imparare quando c’è da imparare. Tenete presente che l’Inghilterra fu a lungo riluttante rispetto al VAR, ma è in assoluto il posto dove il rapporto arbitri-giocatori-allenatori-VAR funziona meglio. Tenete presente che la Germania, dopo averlo adottato, sospese il suo utilizzo per qualche settimana allo scopo di stabilire regole precise: anche lì adesso funziona. Le eccezioni esistono, ma sono una tantum e – rispetto all’Italia – in numero assolutamente trascurabile. 

5) Bisogna concedere un “challenge” per tempo ad ogni squadra, chiamato dall’allenatore o dal capitano, su un qualsiasi episodio a loro scelta. Allora sì, potrebbe essere richiesto su un corner in pieno recupero… Uno solo per tempo, senza nessuna sanzione se l’esito fosse omologato alla decisione arbitrale. 

6) Rivedere ruolo e mansioni dei guardalinee, ridotti ormai a dei semplici segnalatori del pallone che esce, come fanno i dirigenti con i fazzoletti nel calcio dilettantistico. Non servono più ad altro. Ci sono cose che i guardalinee – ancora oggi – per primi dovrebbero vedere e segnalare a occhio nudo, ma sono diventati muti e ciechi-

Sono proposte. Vanno discusse a bocce ferme, in estate. Dall’International Board (IFAB), Fifa, Uefa, federazioni, società e associazioni allenatori e calciatori. E’ necessario uniformare regolamenti e VAR, in modo che anche l’Italia si adegui alle regole internazionali.

Di recente mi ero già occupato della questione per analizzare un altro aspetto, che sottopongo alla vostra riflessione: “Non c’è omogeneità nelle chiamate, nei giudizi, nelle valutazioni, nell’evidenza come nel dubbio. Non credete all’ira di dirigenti e allenatori: anche loro contribuiscono in maniera pesante a questo andazzo, perché gli alibi fanno sempre comodo. Oggi a te domani a me (…). Quindi arrabbiatevi tutti fin che volete, ma ricordatevi che questo è un sistema che sta bene a Federcalcio, Lega, tecnici e dirigenti. Solo ai tifosi fa venire il voltastomaco, o l’ulcera”.

Non so se mi spiego.

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

8 risposte

  1. Ho letto l’articolo e condivido solamente con il punto 3 delle proposte. Purtroppo il resto rientra tra i discorsi moviolistici che il var non deve mai intraprendere, non è moviola. Il protocollo var è chiaro, l’errore di letture degli episodi sono e restano episodi come sbagliare un calcio di rigore per un calciatore. La cultura è fondamentale in ciò e serve a togliere i paraocchi a tifosi accecati e fomentati ad hoc al fine di distorcere la realtà. Un abbraccio

    1. E’ moviola solo nel calcio, però: in tutti gli altri sport in cui esiste la tecnologia, è una normale revisione affidata agli arbitri e ai giudici…

  2. Buongiorno
    Concordo quasi totalmente su quanto analizzato dal buon Serafini, che ritengo in assoluto il miglior giornalista sportivo in circolazione.
    Il “quasi” deriva dal fatto che a mio parere, il var dovrebbe intervenire anche sulla concessione dei calci d’angolo in quanto azioni importanti di gioco (in base alle statistiche il 30% dei gol derivano da azioni da palla inattiva). Aggrraverei le sanzioni a chi allontana la palla anche di pochi metri (vedi Premiere League)e per chi simula non solo in area di rigore. Per quanto riguarda la distribuzione dei cartellini, ritengo che dovrebbero aggiungere un cartellino arancione. Non si possono punire falli di natura diversa con la medesima sanzione.
    Un caro saluto.

  3. parliamoci chiaro e senza tanti giri di parole il var è una presa in giro in quanto prevale sempre l’obiettività del arista se far intervenire o meno l’arbitro e dell’arbitro se giudicare o meno l’episodio.
    e, come sempre è accaduto e continuerà ad accadere, il più delle volte ad averla “franca” è la big di turno. che si chiami Milan o Juve o Inter o anche altre squadre più “titolate” e con un bacino di utenza più elevato, a “pagare” è QUASI sempre la squadra meno titolata. Un episodio dubbio o al limite del regolamento che possa causare il rigore contro una piccola (ma anche l’annullamento di un gol) , 9 volte su 10 viene analizzato e di conseguenza (giustamente per carità) sanzionato. Difficilmente avviene il contrario. Non si tratta di malafede, ma di quella che è una sorta di reverenza, sudditanza chiamala come vuoi che possa in qualche modo non andare a sfavore della “big” di turno.

  4. Caro Filippo ci hai preso in tutto e condivido a pieno ogni singola parola. Io metterei due “challenges” per tempo per sqaudra come nel football americano e toglierei completamente l’intervento del VAR per scelta dell’arbitro o della sala VAR stessa, cosí ogni allenatore/capitano dovrebbe pensarci bene prima di giocarsi una chiamata per una stupidata. Tutta la tematica riguardante falli di mano, , falli anche se hai preso la palla, guardalinee e fuorigioco mi trova assolutamente d’accordo. Hai riassunto in poche righe il male del calcio moderno. E mi dispiace, da milanista, dover ammettere che due o tre giocatori che fingono di essere stati uccisi ce li abbiamo e mi da un fastidio enorme. Un’altra cosa che andrebbe corretta sono i gialli per protesta, o si danno sempre o non sindanno mai. Al milan ne prendiamo uno a giornata mentre altri giocatori possono accerchiare ed urlare quanto gli pare senza subirne le conseguenze. PS: 8 sostituzioni, un gol, un paio di infortuni e di VAR check, e solo 4min di recupero nel secondo tempo di coppa italia contro l’Atalanta…mag, fate un po’ voi.

  5. Condivido tutto. Mi soffermerei però sulla regola numero tre “Le simulazioni vanno punite severamente.”
    Un giocatore che “simula” in qualsiasi parte del rettangolo di gioco deve essere punito anche in ritardo. Se la simulazione avviene fuori dall’area di porta e non ha provocato vantaggi decisivi, l’arbitro su segnalazione del VAR deve ammonirlo alla prima interruzione del gioco.
    Non so se questo sia già contemplato, ma accade troppo spesso di vedere rallenty che mostrano simulazioni evidenti a centro campo e lungo le fasce laterali nelle assegnazioni di falli laterali e calci d’angolo.
    Grazie per l’attenzione.

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