LA STORIA SENZA LIMITI DEL BRERA FC.

Tra poche settimane un nuovo club italiano debutterà in Serie A. Sì, ma in quella mongola, la Deed Lig. Non è uno scherzo. E anzi è solo l’ultimo capitolo di una saga ormai planetaria che ha dell’incredibile. Che parte all’inizio del nuovo millennio da Brera, iconico quartiere degli artisti a Milano, fino a toccare Wall Street, Hollywood, l’UEFA, il calcio della Macedonia del Nord, del Mozambico e ora, appunto, della Mongolia. Una storia unica, una startup del calcio che emerge dal dilettantismo e scala fino al professionismo, oltre ogni confine e con un’idea ben precisa: afferrare il calcio, strizzarlo, capovolgerlo, provocarlo e riutilizzarlo in modo innovativo come un grande esperimento socio-culturale e sportivo.

Fase 1 Milano non è solo delle big. Brera, dilettanti visionari (2000 2022)

Il Brera FC nasce nel 2000, su iniziativa dell’attuale presidente Alessandro Aleotti (il rapper J-Ax non c’entra nulla, è solo omonimia). L’allenatore di allora è un debuttante di lusso: Walter Zenga, oltre 300 presenze con l’Inter e 58 in Nazionale maggiore. La casa del primo Brera è l’Arena Civica, nel pieno centro di Milano. La categoria è la Serie D, che però rimarrà il punto più alto mai toccato dai neroverdi nella piramide sportiva italiana. Fu subito retrocessione in Eccellenza e da lì un saliscendi tra i dilettanti lungo molti anni, ma poco importa. Il Brera inizia presto a far parlare di sé per il suo impegno in numerosi progetti locali di stampo sociale dove il calcio è il mezzo, più che il fine. Porta il pallone tra i carcerati di Opera a Milano, progetto poi esportato in altri istituti penitenziari; usa il calcio per l’integrazione di comunità rom e richiedenti asilo. La forte risonanza mediatica che ne deriva consolida in poco tempo la notorietà locale del brand e conquista la simpatia dei milanesi, al punto da giustificare l’autoproclamazione di “terza squadra di Milano”. Sotto i cieli meneghini, dopo il Milan e l’Inter c’è il Brera: non certo per ranking sportivo, ma per indici di awareness. E nel frattempo aumentano i contatti. Il networking funziona e bene.

E allora il Brera comincia a costruirsi la propria fortuna anche sul campo, in modi del tutto inaspettati, quasi a dire: ‘se non posso partecipare a manifestazioni di prestigio, allora le creo’.

Senza per questo tradire la propria missione sociale originaria. In piena pandemia, tra una video call e l’altra, ad Aleotti e soci viene l’idea di istituire il Fenix Trophy, poi passato alla stampa come “la Champions League dei Dilettanti”. Il progetto riesce ad ottenere il riconoscimento della UEFA e si inaugura nel 2021. Club dilettantistici “cult” europei – tra i più virtuosi e innovativi nel loro impegno sociale – si sfidano sotto lo slogan making friends, not millionnaires, in una competizione dal significato e dall’atmosfera marcatamente extra-calcistiche. Alcune parole d’ordine: fairplay, inclusione, comunità locali, calcio dal basso. E così il Brera FC si trova ad affrontare in campo internazionale realtà come l’FC United of Manchester, un club no-profit controllato dai supporters e nato nel 2005 dallo sdegno di alcuni ex tifosi dei Red Devils verso il calcio come business. “Punk football vs prawn sandwiches (panino ai gamberetti)” dicono riferendosi ai ricchi cugini. Un approccio ‘militante’ al calcio sociale che il Brera non ha mai mostrato, pur destinando il proprio impegno a diverse fragilità.

Il Fenix Trophy rappresenta senza dubbio il punto più alto della storia del primo Brera, quello esclusivamente dilettantistico e di Milano. Ed è il momento in cui una ‘piccola’ società dilettantistica capisce che aprire nuove vie rispetto a quelle del calcio mainstream è davvero possibile. Sarà il preludio di una dirompente espansione internazionale verso il professionismo. Perché quelli del Brera sono romantici, ma anche pragmatici. E il progetto è un esperimento sociale, ma anche sportivo. Nessuna velleità di scalare la piramide calcistica italiana: troppo costoso. Ma la ricerca di strade innovative e ultra-sostenibili verso l’alto è continua.

Fase 2 Un fenomeno globale. Brera, nuova via al professionismo (2023 oggi)

I confini geografici per il Brera saltano definitivamente quando il progetto cattura l’attenzione di alcuni investitori americani. Tra questi c’è Chris Gardner, il senzatetto diventato milionario che ha ispirato il film La ricerca della felicità, interpretato da Will Smith. È il simbolo perfetto: la ricchezza che rilancia le ambizioni del progetto; il passato difficile che ricorda le origini sociali del Brera. La voglia di crederci e le imprevedibili traiettorie della vita. Alla comitiva si aggiungerà un altro personaggio illustre: uno degli eroi del triplete nerazzurro, Goran Pandev. In poco tempo succede l’incredibile: si costituisce una società irlandese, Brera Holdings Ltd, che raccoglie quasi 8 milioni di dollari sui mercati finanziari e il 27 gennaio 2023 debutta in Borsa a New York, quotata al NASDAQ.

Oggi la holding porta avanti una strategia multisport non soltanto finalizzata alla crescita del Brera. Ma fin dal primo giorno per i neroverdi c’è stata una chiara strategia di sviluppo: creare un “club globale” teso ad entrare nel calcio professionistico. In questa nuova cornice, il Fenix Trophy diventa il prezioso lascito del Brera al calcio dilettantistico, l’eredità dei suoi primi 22 anni di impegno sociale. Sta lavorando per poter tornare a calcare i campi della manifestazione. Nel frattempo se ne prende cura con il proprio staff di Milano, assieme ad una scuola calcio non competitiva dalla quale Aleotti assicura “non uscirà nessun campione, ma tutti i bambini si divertiranno moltissimo”.

Ma ora, accanto a questo, a Milano sorge anche il quartier generale di una serie di squadre satellite a marchio Brera (sì, stesso logo e stessa maglia) che stanno spuntando come funghi tra la prima e la seconda divisione di paesi europei e continenti calcisticamente minori.

Oggi, a poco più di un anno di distanza dall’approdo a Wall Street, sono già ‘3M’ oltre Milano: Brera Strumica (in Macedonia del Nord), Brera Tchumene (in Mozambico) e Brera Ilch (in Mongolia). Si parte dalla Serie A macedone. Dei tre è l’approdo più ambizioso sul piano sportivo, in un movimento già abbastanza maturo che il 24 marzo 2022, al 92’, aveva infranto il sogno mondiale degli Azzurri. La holding rileva l’Akademija Pandev e attua il rebranding in Brera Macedonia, di cui Pandev è ancora Presidente. E da lì si punta agli introiti che deriverebbero dall’accesso alle fasi preliminari delle competizioni UEFA. Poi è la volta dell’avventura africana, con il Brera Tchumene che riesce a farsi ammettere alla Serie B del Mozambico. Lì i neroverdi vincono subito il campionato ed entrano in prima divisione: ora il progetto è di consolidare la categoria e sviluppare la managerialità. E poi, senza perdere tempo, il continente asiatico. E questa è la storia più recente. Si vola a Ulanbaatar, capitale della Mongolia, dove il Brera Ilich debutterà in massima serie tra poche settimane. Un territorio inesplorato dagli investimenti stranieri, che rende l’avventura ancor più affascinante. L’acquisizione in questo caso è avvenuta a campionato in corso, ma non ha impedito al club di fare rebranding e indossare neroverde. Il Brera Ilich eredita il penultimo posto in classifica del precedente Bayanzurch Sporting Ilich FC ma punta comunque a riscrivere gli equilibri del calcio locale. Da “terza squadra di Milano” a prima della Mongolia. ‘3M’, ciascuna con una propria strategia di sviluppo, ben calata sul contesto locale. Il nuovo Brera è un giramondo che si adatta facilmente a ciò che trova, non agisce come un rigido franchising.

Non resta che chiedersi: cosa verrà dopo? Di certo la risposta sarà sorprendente e non tarderà nemmeno ad arrivare. Anche perché Brera Holdings Ltd sta cercando investitori per raccogliere 100 milioni. Si guarda agli altri continenti, per continuare ad espandere il progetto su scala planetaria. Sì era detto Sud America, ma lì il calcio è più maturo e costoso. Oggi la pista più percorribile sembra quella dell’Oceania. Ma tra Papua Nuova Guinea e Micronesia (sarebbe la quarta ‘M’) non saprei su quale puntare. Staremo a vedere.

BIO Alessandro Scalcon: 35 anni, sociologo di formazione, senior researcher dell’Istituto SWG. Cura indagini scenariali, osservatori valoriali e sondaggi d’opinione, in particolare su giovani, innovazione, sport, lavoro e ambiente. Svolge con regolarità ricerche a supporto di iniziative di comunicazione e posizionamento strategico. Si è occupato della generazione di contenuti editoriali data-driven tra gli altri per La Gazzetta dello Sport e La Repubblica. Da sempre cuore rossonero, appena può in Curva Sud al Romeo Menti di Vicenza.

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