FUTSAL: NON C’È ATTACCO NÉ DIFESA, È UN TUTT’UNO.

Un mitico giocatore di calcio argentino Àngel Labruna disse: “il calcio è lo sport più difficile del mondo, perchè si gioca con i piedi obbedendo alla testa…e guardate la distanza che c’è fra le due parti!” In realtà é guardando l’ambiente che mi circonda, quello del Futsal, uno spazio ridotto, un 40×20 che – comparato ad un campo di calcio e analizzando i comportamenti che in questo devono emergere, sembra così piccolo – comprendo quanto sia un meraviglioso miracolo quello a cui il giocatore di Futsal dà la vita. E parlando di difficoltà, rispetto alla sua, peggiore è solo la condizione della giraffa, che si innamora oggi e lo sa all’indomani mattina!

Per la velocità e il carattere imprevedibile del Gioco, i dubbi hanno un prezzo alto nell’economia di un giocatore. Quando un attaccante riceve un passaggio ai 6 metri, nella zona migliore di finalizzazione di fronte alla porta, un’esitazione permette al difensore di rubargli la palla e di perdere quindi una grossa opportunità.

Nella vita non è la stessa cosa? Quante possibilità vanno perse per mancanza di reazione o di coraggio? Nelle partite che disputiamo quotidianamente c’è un tempo per l’azione e un tempo per la riflessione e di solito questi, oltre a non coincidere, non sono neanche funzionali, nello stesso momento, allo stesso obiettivo. Va bene analizzare e riflettere su quanto è già accaduto, ma nel momento dell’azione è utile solo calciare in porta e vedere quello che succede, lasciando che i comportamenti emergano e che i piedi possano orientare il cammino senza che la testa domini le decisioni.

Un giocatore davanti ad una chiara occasione da rete deve tirare, anche se poi manda la palla in tribuna, ma deve agire con la nitida visione di poter fare goal ed esultare. Il problema è che nella vita non sempre percepiamo questo come qualcosa di chiaro e molte volte esitiamo senza agire. Perdiamo il momento di fare goal a causa della classica “paralisi per analisi”. Dovremmo invece giocare solo con i piedi. Agire d’istinto e continuare adattandoci a quello che accade.

L’azione di colpire un oggetto con i piedi sembra essere innata. Calciare, passare, dribblare: gli esseri umani prendono un oggetto e cercano di tenerlo lontano da un rivale che vuole prenderglielo; mirano ad un altro oggetto cercando di conquistarlo e di sfruttarlo. Tutto sembra innato perchè non è altro che un’estensione della pratica della caccia.

Ci vuole poi, un gigantesco salto nell’immaginazione per creare e segnare un goal! E per deformazione riporto tutto quanto mi colpisce del Gioco al paragone con quanto osservo nell’ambiente che vivo, in un piccolo 40×20, dove non c’è attacco ne difesa ma è un tutt’uno, interdipendente, dove l’obiettivo primario è non perdere la palla, tirare in porta da qualsiasi punto non sempre è la soluzione migliore, bisognerebbe prima disequilibrare la difesa affinchè la finalizzazione sia imparabile.

Il numero dei giocatori è minore e per questa ragione, dettata anche dallo spazio nel quale agiscono, le transizioni difesa-attacco sono costanti e vertiginose: questo fa sì che lo spazio fra attaccare e difendere quasi non esista. Tutto inizia e si sviluppa in un figura geometrica simile al rombo, al quadrato o ad un trapezio, offrendo al possessore della palla sempre un passaggio di sicurezza, per assicurare la continuità del gioco e soprattutto un castigo per le gambe degli avversari che corrono dietro la palla.

Il Gioco quindi, questo Gioco, rappresenta un problema enorme per chi lo gioca, ancor più grande per chi vuole prevederlo o per chi semplicemente cerca di risolverlo, senza conviverci, come un qualsiasi problema di matematica: con un’unica soluzione.

La complessità che in questo gioco si rivela parte da una struttura determinata dalla comprensione dello stesso e finisce con un’usura fisica più rapida provocata dal difendere e attaccare continuamente, senza sosta: un finale senza uscita nel quale l’unica cosa che il corpo e la testa ti chiedono, è acqua e, forse, un time- out. In questo senso un proverbio cinese dice: “Se non puoi risolvere un problema, ingrandiscilo.” Ecco l’equazione straordinaria del processo di allenamento, che nel suo aumentare l’entità dei problemi, ne facilita la comprensione.

Potrebbe però essere riportato in un campo di calcio e servire alla convivenza del calciatore con il suo problema: ingrandirlo diminuendo lo spazio di gioco, non semplicemente, ma mantenendo le regole che in quello spazio sono scritte e gli strumenti che in quello spazio sono usati, facendo venire fuori le attitudini che in quello spazio sono comuni. “Vorrei giocatori che riescano a fare movimenti decisivi in spazi piccoli, voglio che lavorino il meno possibile per mettere da parte energie per l’azione decisiva”, diceva Cruyff.

Giocatori totali? Dal fisico esplosivo nei primi metri? Che vedono linee di passaggio fra le gambe degli avversari? E che poi queste linee le percorrono, come le uniche strade che portano a quel salto immaginario, necessario per creare un goal, non curanti dell’errore (recuperabile&trasformabile), della palla persa (recuperabile&trasformabile), del contrattacco avversario (recuperabile&trasformabile), consapevoli che gli errori che danno vita a grandi insegnamenti sono quelli che vengono fuori dal coraggio di aver optato per una sconfitta meravigliosa invece che per una vittoria mediocre.

E il coraggio di calciare, equivale al coraggio di rivoluzionare.

BIO: Massimiliano Bellarte

  • Nato a Ruvo di Puglia il 30 novembre 1977, ha assunto la guida della Nazionale il 15 settembre 2020 dopo un’esperienza ventennale da tecnico sulle panchine di Ruvo, Modugno, Acqua e Sapone, con cui nel 2014 ha vinto una Coppa Italia e una Supercoppa italiana, e Real Rieti.
  • Nel 2017 ha guidato i belgi dell’Halle-Gooik, conquistando scudetto, Supercoppa di Belgio e Coppa del Benelux e venendo eletto dalla federazione belga miglior allenatore dell’anno. Per lui anche un’esperienza nel futsal femminile con il Salinis, suggellata dallo scudetto vinto nella stagione 2018/2019.
  • È anche il tecnico della Nazionale azzurra di futsal Under 19.
  • Massimiliano ha studiato lingue e parla inglese, portoghese, spagnolo e francese. Ha frequentato Sociologia all’ Universita’ La Sapienza di Roma.

3 risposte

  1. Grazie Max per questo articolo evocativo e simultaneamente zeppo di futuro, capace di punzecchiare con incessanti pensieri la nostra passione per gli aspetti metodologici di calcio, calcio a 5 & affini arrivando nei pertugi più intricati, scovando le nicchie più generative dei nostri bodies… Complimenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *