Ammetto che sia complicato essere obiettivo, parlando di Rino Gattuso. Ho conosciuto così a fondo la persona, i suoi familiari, i suoi amici in questi 25 anni, dall’essermi fatto un quadro umano che supera di gran lunga qualsiasi considerazione tecnica legata alla sua professione, di calciatore prima e di allenatore poi.
Parto però da quest’ultima parte, quella che lo ha visto guidare 8 club da quando ha appeso le scarpe al chiodo. Esperienza complicata, un po’ per le realtà societarie in cui si è imbattuto all’inizio (Sion, Palermo, Ofi Creta, Pisa), un po’ per il suo carattere che lo ha successivamente portato a rotture drastiche (Milan, Napoli, Fiorentina, Valencia, Olympique Marsiglia). Ovunque, Gattuso ci ha messo del suo: soldi, faccia, prestigio. L’idiosincrasia nei confronti dei compromessi, dell’aziendalismo coatto, lo rende insofferente al mondo sommerso del calcio che vive invece di intrecci accettati per il solo fatto di essere abituali. Nel suo palmares una promozione dalla C alla B con il Pisa e una Coppa Italia con il Napoli, oltre a una serie di rapporti umani con i calciatori che si è spinto oltre il normale rapporto professionale.
L’ultima esternazione di Jordan Veretout è molto significativa: l’OM ha infilato 4 vittorie di fila, ma il giocatore ha mandato un messaggio molto affettuoso al suo ex tecnico. “Ci ha fatto male la sua separazione”, ha detto il francese, “perché è un grande uomo e nello spogliatoio ci era molto vicino. La colpa di come stavano andando le cose era nostra e non sua, ma si riprenderà a farà grandi cose”.
Sanguigno, di origini umili, lavoratore di fatica, “Ringhio” crede profondamente nei suoi valori, in maniera integralista, assoluta. Non minimizza, non metabolizza, non dissimula: la schiettezza è una bestia feroce, un mostro a due teste che non lascia alternativa. Penso sia davvero complicato trovare una piazza, una società, un presidente che soddisfino i suoi requisiti, che lo accompagnino non proni, ma complici nel suo lavoro. Che lo sostengano, lo difendano, lo proteggano magari. Il Milan lo aveva fatto affidandogli la squadra “Primavera” dopo le prime esperienze difficili, già coronate dalla promozione in Toscana però.
Il salto in prima squadra in un momento di passaggi di proprietà complessi che hanno chiuso il trentennato di Berlusconi, non è stato fortunato: il legame con l’ambiente era solidissimo, i risultati buoni nonostante una squadra non eccelsa, ma per pochi dettagli (un punto…) non è riuscito a riportare i rossoneri in Champions e lì sono affiorate incomprensioni e divergenze che hanno determinato le dimissioni. Quanti soldi ha lasciato sul tavolo Gattuso allenatore! Un paio di volte ha pagato di tasca sua gli stipendi ai giocatori, a Napoli persino agli impiegati durante il Covid, e poi le dimissioni qua e là…
Questa professione gli sta costando denaro e salute. Ora bisogna studiare e condividere un progetto. Il futuro non farà sconti seppure, subito dopo Marsiglia, già il Sassuolo si era fatto avanti per averlo come guida. Sarà necessario coniugare le sue idee di gioco offensivo e a campo aperto, con gli interpreti e i programmi.
Da giocatore era più semplice: l’organizzazione della sua vita prevedeva impegno quotidiano, corsa, sudore, affinamento della tecnica. E come sempre lealtà. Non poteva riuscire simpatico agli avversari, eppure in molti hanno persino iniziato ad amarlo, comprendendone la natura. Natura guerriera, semplice, concreta, non ammette deroghe. Affronta anche i compagni frontalmente. Un Milan Club pugliese lo attendeva nel giugno 2005, pochi giorni dopo la maledetta finale di Champions a Istanbul persa contro il Liverpool. Nessuno più lo aspettava, al Milan Club, ma Gattuso arrivò e si arrabbiò per la sorpresa di chi lo accolse: “Vi ho dato la mia parola, vi ho fatto una promessa, quindi è normale che sia qui”.
Ricordo un pranzo domenicale con lui, Diego Abatantuono, Umberto Smaila, il giorno dopo il suo primo gol con la maglia del Milan, a Bologna. La semplicità e il suo senso di appartenenza calabrese, così come l’autoironia e un particolare senso dell’umorismo, colpirono tutti. Ricordo qualche cena ricca di pesce, a casa sua o nei suoi ristoranti di cui va orgogliosissimo (così come del suo peschereccio che lavora nelle acque del Sud): “Gattuso e Bianchi”, “Posteria San Rocco” entrambi a Gallarate.
Rino è una straordinaria persona normale, come era uno straordinario giocatore normale, capace di moltiplicarsi nella rabbia come nell’esaltazione. Severo con sé stesso dunque con gli altri. Da uomo e da professionista del pallone, l’ardore, la focosità, la mancanza di diplomazia diventano un difetto quando e dove viene privilegiato il sotterfugio, la bugia, il compromesso appunto. Troppo piccolo per essere uno struzzo e affondare la testa nella sabbia, troppo grande per concedere spazio alla pavidità.
Di lui mi ha sempre divertito la rapidità supersonica con cui passa dalla smorfia grintosa alla risata, con tempi quasi cinematografici. Qualche volta ho pensato che quella dell’attore avrebbe potuto essere un’alternativa alla tormentata carriera di allenatore, ma mi sono corretto: non ama recitare nella vita, gli verrebbe complicato farlo davanti a una cinepresa. Vestire i panni di un altro personaggio che non sia lui, con mille pregi e molti difetti per carità, ma vero come pochi anche nei torti.
BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.
3 risposte
La ringrazio Dr. Serafini per la bellissima fotografia sull’uomo e calciatore/allenatore Rino Gattuso.
Complimenti!
Lo apprezziamo molto “Ringhio”, non solo per essere stato un giocatore determinante nel suo periodo nel Milan ma soprattutto per essere un modello “unicum” nel mondo del calcio e nella vita.
Cordialità.
Amerigo D’Aloisio
Ho avuto la fortuna di ricevere la maglietta autografata di Gattuso, mio idolo assoluto, quando ero in coma. Lo porto sempre come esempio di coerenza e amore per la professione scelta. Si Era offerto di venire a trovarmi ma non ho voluto incontrarlo da un letto d’ospedale. Inutile dire che mi sono pentito
…. e mettiamolo in carriera anche il periodo a Forza MIlan, non ci siamo incrociati per poco, arrivato al Centro Documenta nell’agosto 1991, ho lavorato (da milanista) con Edo T. e Vittorio M. Seguo e apprezzo i tuoi articoli ovunque li legga. Continua così.
Sul mio blog ho dedicato un articolo al grande capitano Franco Baresi