Uno dei divulgatori più apprezzati e più capaci, Federico Buffa, ha raccontato che quando chiede ad alcuni dei suoi ascoltatori/lettori quale sia la storia da loro più apprezzata, la risposta più gettonata è: “Quella dedicata a George Best”. E se chiede per quale motivo la persona che ha davanti gli risponde: “Perché avrei voluto vivere come lui…”
Questo tipo di ammirazione può risultare deleterio. Ci sta di rimanere affascinati o attratti da di chi ha trascorso l’esistenza sul filo del rasoio ma la comunicazione sportiva dovrebbe indurre i suoi seguaci a discernere, entro gli umani limiti e secondo i propri gusti, gli esempi a cui aderire nella consapevolezza che determinati comportamenti possono risultare deleteri per se stessi e per gli altri.
Da poche settimane è visibile nel circuito televisivo satellitare un meraviglioso documentario sulla Lazio dello scudetto 1974, Un’opera, questa, di grande impatto emotivo. Fatti i complimenti a chi lo ideato e creato, si percepisce chiaramente una sorta di fascino, di attrazione, di benevolenza nei confronti di alcune peculiarità che hanno caratterizzato quel gruppo, tra cui l’abitudine ad accompagnarsi alle armi, che di tanto in tanto venivano pure utilizzate, e/o una serie di comportamenti ai limite del codice penale che, viceversa, andrebbero censurati.
Pensare che la Lazio del 74 abbia fondato le sue vittorie su questi aspetti è del tutto fuorviante.
La Lazio del 74 ha vinto perché era una grande squadra e, probabilmente, con comportamenti diversi sarebbe rimasta ai avertici del calcio italiano molti più anni anziché disgregarsi tra inimicizie, scandali di scommesse clandestine e una serie di disavventure personali di alcuni dei suoi protagonisti.
A scanso di equivoci, non stiamo auspicando una comunicazione e una divulgazione ecumenica. Riteniamo, tuttavia, eccessivo il peso che si tende a dare alla trasgressione con il rischio, già rilevato in precedenza, di confondere la “personalità” con l’attitudine a comportarsi male o a rovinare se stessi e gli altri.
Se la promozione del prodotto calcio è ad appannaggio dei media, quella del calcio al di fuori del prato verde è demandata agli organi istituzionali.
Aver inserito il valore di promozione dell’attività sportiva all’interno del dettato costituzionale implica un riconoscimento tale da impedire in futuro che gli organi legislativi ed esecutivi possano rifugiarsi nella classica frase che recita: “in questo momento ci sono altre priorità, dello sport parleremo più avanti”.
Con la modifica dell’art 33 Cost. lo sport è diventato una priorità.
La domanda da porsi è se vi siano nel nostro Parlamento adeguate competenze per promuovere la pratica sportiva.
Nel caso del calcio vi sono stati ex campioni divenuti deputati come Gianni Rivera (nominato sottosegretario della XIII legislatura), Massimo Mauro e Luigi Martini i quali, tuttavia, non hanno mai potuto far tesoro delle loro specifiche competenze considerata la residuale importanza riservata allo sport.
Nell’ottica di promozione in ambito nazionale è fondamentale che sempre più atleti vengano eletti e che sia data loro al possibilità di lavorare in ambito specificatamente sportivo, magari istituendo una commissione ad hoc come per altri contesti, sì da sfruttarne le competenze al di là del colore politico.
L’esempio dell’ex CT della pallavolo Mauro Berruto, vero artefice dell’approvazione della riforma dell’art 33 Cost., non dovrà rimanere isolato.
Gli sportivi dal nome importante non devono essere strumentalizzati in campagna elettorale per attirare preferenze e poi lasciati al loro destino. Se competenti e preparati (ed alcuni lo sono) dovranno essere posti nella condizione di contribuire fattualmente ai disegni di legge e alle attività parlamentari.
Al momento, le presenze sportive in parlamento sono per di più rappresentate da presidenti federali e figure dirigenziali dei club che sfruttano la qualifica di deputato più per portare vantaggi alla loro società o alla loro posizione in ambito federale (vedasi abolizione del limite dei mandati nelle federazioni da poco approvata) che allo sport in generale.
Un salto di qualità da questo punto di vista non è più procrastinabile.
ALESSIO RUI E FILIPPO GALLI
BIO: Alessio Rui è nato e vive a San Donà di Piave-VE ove svolge la professione di avvocato. Dal 2005 collabora con la Rivista “Giustizia Sportiva”, pubblicando saggi e commenti inerenti al diritto dello sport. Appassionato e studioso di tutte le discipline sportive, riconosce al calcio una forza divulgativa senza eguali. Auspica che tutti coloro che frequentano gli ambienti calcistici siano posti nella condizione di apprendere principi ed idee che, fatte proprie, possano contribuire ad una formazione basata su metodo e coerenza, senza mai risultare ostili al cambiamento.