IL NUOVO ZDENEK ZEMAN È QUELLO DI PRIMA, È QUELLO DI SEMPRE.

Ho rivisto Zdenek Zeman dopo moltissimi anni in cui le nostre strade non si sono più incrociate.

Eravamo ospiti nella sala conferenze del Comune di Spoltore alle porte di Pescara: 19.000 abitanti sono troppi per poterlo definire un borgo, ma i tratti di questo paese sono così intimi, gli spazi così raccolti, la gente così gioviale tra un portone e l’altro, che definirlo tale è una romantica scelta e non certo una diminutio.  

Era la sua prima uscita in pubblico dopo un lungo percorso ospedaliero. Mi è parso fisicamente gracile – come al solito -, ma lucidissimo e particolarmente ironico, graffiante. Di buon umore. A causa della malattia, ha dovuto interrompere la sua ennesima avventura sulla panchina della squadra abruzzese che però era presente con una folta delegazione e il suo vice, ora promosso a capo allenatore, Giovanni Bucaro. Una sorpresa che ha commosso il boemo. 

La sala era affollatissima e il tecnico ha risposto di buon grado alle tante domande, mie e del collega Pippo Russo, dell’agente Uefa Dino Zampacorta, della sindaca Chiara Trulli e della conduttrice Grazia Di Dio. Ho toccato con mano, una volta di più e dopo tanti, l’amore che la gente nutre per quest’uomo vero, coraggioso, tenace, che in gioventù praticò anche nuoto, pallanuoto, hockey, basket, pallamano e numerosi altri sport: “Non saprò mai se ho scelto quello giusto”, ha strappato l’ennesimo sorriso.

Emigrato a Palermo alla fine degli anni Sessanta, a causa dei moti della “Primavera di Praga”, si è dedicato al calcio la cui passione gli era stata trasmessa dallo zio materno Cestmir Vyckpalek (fu tra l’altro allenatore della Juventus con cui vinse 2 scudetti consecutivi nel 1972 e nel 1973). A Palermo ha anche conosciuto la donna che ha sposato, l’ex nuotatrice Chiara Perricone.

Considerato l’importatore del calcio moderno in Italia, insieme con Nils Liedholm, Corrado Viciani e Luis Vinicio, mescolò la filosofia alla tradizione danubiana e generalmente dell’Est: zona, copertura totale del campo, ordine, organizzazione, mentalità offensiva. Nonostante i soli 3 titoli (promozione dalla C2 alla C1 con i siciliani del Licata e dalla B alla A con Foggia e Pescara), è considerato una delle massime espressioni tra gli allenatori del calcio italiano.

I veri miracoli, sia dal punto di vista estetico che di risultati, li ottenne a Foggia dopo per 3 stagioni consecutive non solo condusse i pugliesi alla salvezza, ma a piazzamenti storici sfiorando persino l’Europa. Fu con i rossoneri che tenne a battesimo talenti come il portiere Mancini, Petrescu, Di Biagio, Baiano, Rambaudi, Beppe Signori, Kolyvanov, Shalimov.

E’ l’unico caso di condottiero di Lazio e Roma ugualmente amato da entrambe le tifoserie, nonostante il passaggio da una sponda all’altra. Con i biancocelesti conquistò un secondo e un terzo posto, sempre con il miglior attacco del campionato; con i giallorossi invece un biennio di buon football, ma avaro di risultati e di piazzamenti. 

Zeman è diventato un nemico giurato della Juventus, che ha accusato a più riprese a proposito di doping e di un sistema di potere torbido. La sua testardaggine, la sua coerenza (“Nella mia carriera mi hanno dato più soddisfazione alcune sconfitte che certe vittorie”, ha ripetuto a Spoltore), la sua inflessibilità nel perseguire valori, nel mettere in campo le sue idee, nel non accettare né cedere mai ai compromessi, ne hanno probabilmente pregiudicato alcune possibilità di panchine prestigiose.

E’ un personaggio scomodo, come lo sono sovente gli uomini tutti di un pezzo. In questo incontro di pochi giorni fa in Abruzzo, Zeman ha presentato il suo libro autobiografico “La bellezza non ha prezzo” e io il mio, “Il cuore di un uomo” che in un romanzo racconta la storia del più grande medico argentino, René Favaloro, inventore del bypass con sangue siciliano.

In una delle battute finali (“Non sono stato grande come Favaloro”) c’è l’essenza della sua inattaccabile onestà intellettuale. E’ stato molto bello rincontrarlo e abbracciarlo: dice che i medici gli hanno promesso di rimetterlo a nuovo e che dopo l’estate potrà tornare ad allenare. Ha giurato di fumare solo 4 o 5 sigarette al giorno (“Ma di nascosto nessuna?”, gli hanno chiesto. “Per ora no”, ha risposto), ha voglia di tornare in sella alla tigre. Compirà 77 anni a maggio, lo spirito, la passione, la voglia invece sono rimaste giovani. 

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

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