EUROPA LEAGUE: MILAN – ROMA 0-1, PRIMO ROUND AI GIALLOROSSI

Uno a zero a favore della Roma: è finita così, a San Siro, la partita di andata dei quarti di finale di Europa League, unico obiettivo stagionale rimasto al Milan dopo che sia lo scudetto, ormai mesi fa, sia la Coppa Italia sono sfumati.

Si possono recriminare alcuni episodi almeno dubbi. Li citerò, non per fare del tifo becero, quello di chi si appiglia alle inezie per non riconoscere la bontà di un risultato, ma perché il calcio è fatto anche di questo e un arbitraggio di livello internazionale ha il dovere di offrire performance impeccabili o quasi.

Il fallo di mano in area da parte di Tammy Abraham sembrava evidente anche a prima vista, tuttavia il rigore viene negato, nonostante il – velocissimo – check del VAR. Poco prima, un altro fallo, al limite dell’area, da parte di Smalling su Giroud: il francese viene agganciato per le spalle e atterrato, ma anche la punizione dal limite non viene concessa e il direttore di gara fa proseguire il gioco. Vi è poi l’episodio più eclatante (ma forse anche il più controverso), perché è quello che de facto e non solo come mera speculazione, ha decretato l’esito dell’incontro, ovvero il probabile fuorigioco di Lukaku, dal quale è scaturito il calcio d’angolo che ha portato al gol di Mancini. Le immagini sembrano non del tutto dirimenti. Sono sincera: a me l’attaccante belga sembrava mezzo metro più avanti dell’ultimo difensore milanista, ma ovviamente non posso dirlo con ragionevole certezza e quindi mi attengo a ciò che ha ritenuto il guardalinee. Una diversa valutazione avrebbe riscritto la partita? Chissà… non lo sapremo mai.

E poi ci si può disperare, o quasi, per il bellissimo tiro di Adli, deviato da Svilar e destinato a colpire la traversa, o per il rigore in movimento, sbagliato da Olivier Giroud, dopo una magia di Chukwueze. La palla, tra i piedi del nigeriano, subisce come una malia e, così incantata, docile, resta lì a farsi accarezzare a fil di scarpino. Peccato che sia finita sul piede sbagliato, ovvero il destro, del nostro centravanti: la conclusione finisce altissima.

Ma in realtà, appena si dismettono i panni del tifoso deluso, magari anche arrabbiato, è onesto ammettere che il risultato di questo Milan-Roma corrisponde ai valori visti in campo (non ai valori assoluti, si badi bene). De Rossi schiera insolitamente El Shaarawy – letteralmente rinato – a destra, mette Spinazzola sulla fascia sinistra e lascia sostanziale libertà di movimento a Dybala, seconda punta e quasi mediano, in grado di spaziare, in fase di non possesso.

Tatticamente la squadra è un elastico che si sviluppa in senso trasversale per poi trovare spazi al centro, in particolare nella costruzione longitudinale di Pellegrini e dello stesso Dybala. Romelu Lukaku, con grande generosità, ci mette il fisico e salva anche un gol fatto sulla linea di porta (per due volte!). La lucidità in fase difensiva e la capacità di stroncare qualunque ripartenza sugli esterni consentono alla Roma di arginare le iniziative di Pulisic, ovvero dell’unico giocatore, almeno fino ai tardivi e opinabili cambi, che sembra volerci provare. Il giro palla è sempre fluido, rapido: salvo errori dei singoli, invero sporadici, la manovra non si inceppa.

Non si può affermare lo stesso della squadra di Pioli, con interpreti quasi sempre zavorrati a terra e incapaci di liberarsi dalla marcatura, costretti a ripartire (e ripartire e ripartire), in un gioco che, se non sempre è sterile, di sicuro è frustrante, anche da vedere. Pochi i movimenti senza palla, quasi che i giocatori avessero paura di prendere l’iniziativa, di inventare. Ce lo ricordiamo Rambaldo Melandri, in Amici Miei – Atto II? Ebbene, proviamo ad applicare il concetto che esprimeva al gioco del calcio. Cosa è dunque il genio calcistico? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione. Tutto ciò che al Milan di ieri sera, purtroppo, è mancato.

Va detto anche – questo problema è purtroppo ricorrente, ormai quasi una profezia che si auto-avvera – che nessun segno di vita è arrivato dalla fascia sinistra. I due fuoriclasse del Milan, Theo Hernandez e Leao, coloro che avrebbero potuto e dovuto fare la differenza, sono stati i grandi assenti della serata: mai un’azione pericolosa, mai uno scatto anche soltanto per sbilanciare il baricentro della difesa e creare quindi un possibile varco per i compagni.

Non so come ci si possa sentire in occasioni del genere e men che meno ho idea di come un allenatore dovrebbe gestire le ricadute psicologiche di una sostanziale non prestazione, proprio nel momento più importante di tutta la stagione. Credo che sia complicato: i giudizi dal divano sono sciocchi e ingenerosi e soprattutto dimenticano dinamiche umane imprescindibili, quando si tratta di guidare un gruppo di persone.

Tuttavia anche le decisioni sui cambi mi sono sembrate arrivare troppo tardi, quasi che il rispetto, vogliamo dire l’affetto, per i suoi ragazzi avesse finito per inibire Pioli dal fare ciò che andava fatto… molto prima. L’entrata di Adli ha conferito dinamismo e maggiore creatività al centrocampo (curioso, nevvero? Lo si accusa sempre di essere lento) e Chukwueze può essere una spina nel fianco per chiunque abbia l’ardire di volergli togliere il pallone. Ma, al loro ingresso in campo, il match aveva già preso una piega pressoché impossibile da ribaltare. Un’altra decisione avrà fatto storcere il naso a più di uno e anch’io non sono del tutto certa che sia stata la mossa corretta: far uscire Pulisic, che si muove a suo agio a sinistra e gioca senza patemi anche trequartista, e non Loftus-Cheek, il cui apporto più rimarchevole è stato quello di tenere impegnato, e di far ammonire, Cristante, ma non è mai riuscito a incidere davvero.

Quel che è stato è stato e, come innamorati del Milan, possiamo indulgere nella ruminazione – fa male a noi, per estensione, fa male alla squadra – oppure decidere, specie in un momento cruciale come questo, di sostenere i ragazzi e il mister. Opto senza dubbio per la seconda possibilità. In questo contesto, non ho voluto usare la parola “tifosi” perché il tifo implica una partigianeria aprioristica, mentre l’amore è costruzione e, come cantava Ivano Fossati, “spezza le vene delle mani, mescola il sangue col sudore”.

D’altra parte i giochi non sono fatti e, comunque la Roma scelga di impostare la gara di ritorno, se decida di optare cioè, come dire, per un gioco più conservativo oppure si presenti sfacciata e risoluta, per consolidare il vantaggio e chiuderla, il Milan ha la possibilità di ribaltare l’esito dell’andata. Ce l’ha perché, come scrivevo all’inizio, i valori che si sono visti ieri non sono misurabili in termini assoluti. Sarebbe ingeneroso per i nostri affermare una cosa simile.

Non pretendo – nessuno può farlo – l’uruguagia garra perché, mutuando ciò che scriveva Manzoni a proposito del coraggio di Don Abbondio, se non ce l’hai, nessuno te la può dare. Però mi piacerebbe vedere qualcosa che trovo sia ben esemplificato da una citazione di Romain Rolland, che Arrigo Sacchi ama ripetere: “Un eroe è colui che fa ciò che può”.

Sembra controintuitivo. Eppure, se ci fermassimo a pensare, con onestà, alle nostre quisquiglie quotidiane, ci accorgeremmo che il nostro agire è spesso ben al di sotto della soglia del possibile. Quante volte avremmo potuto e non abbiamo agito? Quante volte, pur rischiando poco o nulla, ci siamo voltati dall’altra parte?

Ecco, giovedì prossimo mi piacerebbe vedere una squadra che ci prova, che fa tutto quello che può. Mi piacerebbe vedere in campo degli eroi. E poi, vada come vada.

Di seguito il tabellino della partita:

MILAN-ROMA 0-1

Marcatori: 17′ Mancini

MILAN (1-4-2-3-1): Maignan ; Calabria , Thiaw , Gabbia , Theo Hernandez ; Reijnders , Bennacer (59′ Adli); Pulisic (78′ Chukwueze), Loftus-Cheek , Leao (78′ Okafor); Giroud. All. Pioli

ROMA (1-4-4-2): Svilar ; Celik, Smalling, Mancini, Spinazzola; El Shaarawy, Cristante(89′ Bove), Paredes, Pellegrini(89′ Aouar); Dybala (81′ Abraham), Lukaku (91′ Llorente). All. De Rossi

Arbitro: Turpin

Ammoniti: Pulisic, Adli, Loftus-Cheek

BIO Ilaria Mainardi: Nasco e risiedo a Pisa anche se, per viaggi mentali, mi sento cosmopolita. 

Mi nutro da sempre di calcio, grande passione di origine paterna, e di cinema. 

Ho pubblicato alcuni volumi di narrativa, anche per bambini, e saggistica. Gli ultimi lavori, in ordine di tempo, sono il romanzo distopico La gestazione degli elefanti, per Les Flaneurs Edizioni, e Milù, la gallina blu, per PubMe – Gli scrittori della porta accanto.

Un sogno (anzi due)? Vincere la Palma d’oro a Cannes per un film sceneggiato a quattro mani con Quentin Tarantino e una chiacchierata con Pep Guardiola!

Sono titolare della pagina Instagram: ilarie.ed.eventuali

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