YOUR DEFENSE IS TERRIFIED!
I luoghi comuni tipo “le bandiere non esistono più”, “ormai non ci sono più i Maldini, Baresi, Zanetti, Totti”, “sono tutti mercenari”, trovano terreno fertile, negli ultimi anni, tra le opinioni degli appassionati di calcio e non. Spesso, queste affermazioni, trovano ulteriori puntuali conferme nei comportamenti della maggioranza dei giocatori, sempre e comunque tesi a massimizzare la loro carriera a livello di profitto, successo e fama.
A prescindere dal fatto che le Bandiere citate in precedenza fanno parte della storia del nostro paese e provengono da realtà più o meno vincenti ma comunque sempre di calcio mainstream, possiamo affermare che, anche lontano dai riflettori del calcio “che conta”, o perlomeno ai suoi margini, vi sono comunque, ancora oggi, esempi longevi e romantici di giocatori totalmente rappresentativi di una determinata realtà sportiva, città, club o maglia.
Stiamo parlando di Jamie Vardy, classe 1987, nato a Sheffield e dal 2012 bandiera e incontrovertibile icona del Leicester City, che nel corso degli anni ha portato, a suon di gol, addirittura al titolo di Premier League nel 2016 (24 reti in quella stagione) sotto la magica guida di Claudio Ranieri,
Vardy abbraccia Mister Ranieri. Insieme vinsero il titolo della Premier League nel 2016
alla doppia vittoria Charity Shield / FA Cup nel 2021, e infine, dopo la retrocessione dalla Premier nella stagione 2022/23, alla immediata promozione di nuovo nella massima divisione con il primo posto in Championship (20 gol quest’anno), con alla guida ancora un allenatore italiano, il nostro Enzo Maresca.
Vardy con Mister Enzo Maresca
462 presenze e 188 gol con i Foxes per Vardy, e una simbiotica e simbolica dichiarazione d’amore sottoscritta con il Leicester proprio nel 2016, quando l’Arsenal di Arsene Wenger mise sul piatto un contratto principesco per Jamie, uno di quei contratti che praticamente nessuno rifiuta, soprattutto alla soglia dei 30 anni.
E qui entrò in gioco il romanticismo del calcio.
Jamie Vardy avrebbe potuto diventare l’ennesimo ottimo giocatore di una squadra dei miracoli reduce da una grande stagione che viene ingaggiato da un top team, incrementando così il lavoro del proprio ufficio stampa e facendo fronte a nuovi impegni mondani, magari extra calcio, nella grande Londra.
Invece Vardy decise di declinare l’offerta, rimanendo nelle East Midlands invece di scegliere le luci della ribalta dell’Emirates Stadium.
E oggi, otto anni dopo quella decisione, Vardy è ancora lì, al centro dell’attacco dei biancazzurri con la fascia di capitano al braccio, sempre pronto a fare gioire ed esultare i 32 mila del King Power Stadium.
6 agosto 2023 – esordio del Leicester vs Coventry, al King Power Stadium nell’ EFL Championship, nella stagione 2023-’24
Ok, Vardy da bambino era tifoso dello Sheffield Wednesday, essendo nato in zona Hillsborough, ma dal momento in cui è arrivato a Leicester nel 2012, la intensità del suo rapporto con il club, con i tifosi e con la città, si è cementato in una unica e inscindibile armonia.
Vardy con i Foxes ha vissuto tutte le molteplici parabole di alti e bassi degli ultimi 12 anni, dalla Championship appena arrivato, alla promozione in Premier League, alla fantastica cavalcata al Titolo 2016 dopo due dal suo esordio nella massima serie.
Nell’immaginario comune la vera quint’essenza della Bandiera di una squadra, è essere un tutt’uno con la maglia, con il club e con il tessuto sociale della città e del sottobosco culturale dei tifosi.
Sappiamo altresì che solamente pochi uomini, ancor prima che giocatori, hanno la forza mentale mista a talento per affermarsi come tali al cospetto di un intero popolo calcistico.
Ovviamente non tutti i giocatori hanno il substrato umano e sociale per scegliere di diventare simboli di una squadra, soprattutto se non si parla di squadre “mainstream” di grandi metropoli o di totale visibilità europea e mondiale, proprio come il Leicester City.
Non dimentichiamo che nel Leicester delle meraviglie di Claudio Ranieri altre pietre miliari di quella vittoria come ad esempio N’Golo Kante, Danny Drinkwater e Riyad Mahrez hanno poi scelto stipendi faraonici con grandi club come Chelsea e Manchester City, scelte ovviamente condivisibili e comprensibili, ma che confermano ulteriormente la natura di base individualista, materialista e di base pragmatica di molti giocatori.
Jamie Vardy invece no.
Lui ha scelto cuore, vibrazione, appartenenza e personalità.
Ha preferito prendersi carico del fardello totale dei Foxes, full package, un immenso fardello fatto di grandi prestazioni e di cattive prestazioni, ha scelto di metterci la propria faccia sia nel bene sia nel male, cadendo e rialzandosi ogni volta assieme alla squadra, qualsiasi fossero i compagni di squadra e qualsiasi fosse l’allenatore in quella determinata stagione.
Questo significa essere una Bandiera, ESSERCI NEL BENE E NEL MALE.
Vardy mostra con orgoglio il suo nome sulla maglia del Leicester
Non dimentichiamo che Jamie Vardy ha debuttato in Premier a quasi 28 anni (27 anni e 232 giorni per l’esattezza), e dopo Ian Wright, è stato il debuttante più vecchio della storia a realizzare 100 gol in Premier League, essendo ora al quindicesimo posto con 136 reti realizzate, pronto per la prossima stagione a scalare la classifica, all’attacco di Robin Van Persie (144), Teddy Sheringham (146), Les Ferdinand (149) e Michael Owen (150).
Tutte reti segnate con la maglia dei Foxes, reti pesanti, reti vissute come in una missione, in simbiosi con la squadra e la maglia che indossava.
Dopo i fasti della fantastica stagione della vittoria in Premier, l’Arsenal si fece avanti con decisione nei confronti dell’uomo da Hillsborough offrendogli un contratto con parecchi zeri, una cifra che, unita al fatto che i Gunners sono una squadra abituata ai maggiori palcoscenici europei e mondiali, abituata alla Champions League e ad essere sempre in corsa per tutte le maggiori competizioni, avrebbe convinto la stragrande maggioranza dei giocatori a trasferirsi a North London.
E invece, semplicemente per attaccamento alla maglia, alla città e al club (ovviamente percependo comunque un ottimo contratto con il Leicester, data la sua importanza come giocatore), Vardy decise di rimanere nelle East Midlands.
Ma quel è la reale differenza tra un Jamie Vardy e un Harry Kane (preso a caso come esempio di ottimo giocatore che è andato ad una grande squadra con un contratto faraonico), al netto delle differenze sostanziali tecnico tattiche e di eventuale talento?
LA PASSIONE
Non che il centravanti del Bayern Monaco difetti di passione nel suo gioco, ma ciò che Vardy è riuscito a trasmettere non solo ai tifosi del Leicester ma a tutti coloro che amano il gioco ad ogni latitudine, è una cosa che non si può né insegnare né imparare.
La passione per il gioco, al suo massimo.
Una passione viscerale, quasi malata (nel senso più positivo del termine), per la propria maglia e la propria gente, non solo per il gioco in sé al massimo livello e per la conseguente esposizione mediatica che ne consegue.
Jamie Vardy esulta dopo uno dei suoi goal
Trascorrendo tutta la sua carriera con i Foxes, rifiutando offerte cospicue di club molto più blasonati, Jamie ha semplicemente dimostrato che il romanticismo del calcio non è morto, non è scemato, non è stato comprato da sceicchi miliardari, da presidenti speculatori o da fondi d’investimento.
Quello che Vardy rappresenta è un monito, un segnale, un manifesto.
La sua presenza in campo con la maglia del Leicester, oggi, a 37 anni (presenza ancora di tutto rispetto, ricordiamo, 20 gol realizzati in Championship in questa stagione), racconta di una storia d’amore infinita con la città e con la maglia e con il gioco del calcio.
Non si sverna.
Non si tirano i remi in barca.
Non ci si accontenta di una flebile e consenziente fine di carriera.
No.
Si lotta.
Ancora.
Nel fango delle East Midlands, lontano dai magici riflettori delle big di Londra, dei Reds, dei Red Devils e dei Citizens.
Lontano dagli effimeri lustrini del calcio moderno.
Jamie Vardy lotta e rimane ancora oggi quel VARDY IS ON FIRE YOUR DEFENSE IS TERRIFIED che cantavano i tifosi inglesi agli Europei 2016 e ai Mondiali 2018, non perché il ragazzone da Sheffield sia il più grande attaccante della storia del gioco o perché sia il più forte o talentuoso prodotto del Football made in Albione.
Semplicemente perché Jamie Vardy riesce a solleticare l’immaginario del VERO appassionato di calcio, per la rabbia, la passione e la voglia di sacrificarsi sul campo per i propri colori, con foga, impegno e divertimento, senza pensare troppo ai lussi e ai benefit del mainstream.
Welcome back to Premier League, Jamie Vardy!
BIO: Daniele Vecchi è un giornalista, scrittore, commentatore, TV producer e Communication Manager di Ferrara. Ha scritto 12 libri di basket, calcio e narrativa, è appena uscito il suo nuovo libro LUKA DONCIC – IL GIOVANE DELLE MERAVIGLIE.
Ex musicista, da sempre nel mondo dello sport, commenta la Bundesliga per Sky Sport Switzerland, il Guinness Six Nations di rugby, collabora con La Giornata Tipo, con la Lega Volley Maschile e con la CEV (Confédération Européenne Volleyball).