L’apprendimento non è un processo lineare. Non ritengo valida l’idea della progressione didattica dal facile al difficile, “dall’alfabeto al tema”, come strumento per garantire l’apprendimento. L’apprendimento è soggettivo: lo stesso mezzo di allenamento può essere più o meno formativo per ogni giocatore. Si pensi per esempio allo strumento della video analisi: ogni giocatore ha diverse capacità, sia in termini qualitativi che in termini di tempo, nel saper cogliere e successivamente trasferire i concetti visti a video sul campo di gioco.
L’apprendimento è strettamente legato alle emozioni: psicologi e neuroscienziati concordano nell’idea che le emozioni positive possano favorirlo nel breve periodo e migliorarne la ritenzione nel medio – lungo periodo.
L’apprendimento è correlato alla qualità delle relazioni che si creano con tutte le persone coinvolte, al contesto in cui il soggetto vive e agisce come persona e come atleta.
L’apprendimento non avviene “step by step”, bensì attraversando diversi stadi in continuo alternarsi tra loro: possono esserci momenti di “stagnazione”, in cui si ha l’impressione di non progredire, persino eventuali regressioni, così come fasi in cui improvvisamente si possono ammirare salti qualitativi nelle capacità, nelle abilità e nelle prestazioni.
Lev Vygotskij, psicologo e pedagogista nato alla fine del 1800, con il concetto di “zona di sviluppo prossimale” prova a definire quale potrebbe essere il corretto livello di difficoltà dei problemi che l’educatore dovrebbe sottoporre al bambino per poterne aumentare competenze e abilità. Per accompagnare il bambino verso lo sviluppo del proprio potenziale (zona di sviluppo potenziale), l’adulto dovrebbe far sperimentare e vivere al bambino esperienze con un livello di difficoltà leggermente superiore rispetto alle sue abilità attuali (zona di sviluppo attuale). Tale livello di difficoltà viene definito da Vygotskij come zona di sviluppo prossimale. In figura 1 è mostrata una sua rappresentazione grafica.
FIG.1
In uno sport di squadra, è molto difficile garantire ad ogni singolo giocatore il migliore livello di difficoltà durante gli allenamenti, in considerazione delle diverse abilità individuali. Ritengo comunque si possano creare contesti di allenamento collettivi e globali in cui l’allenatore possa creare condizioni più o meno stressanti per il singolo giocatore. Per esempio, in una situazione di gioco, in un possesso o in una partita, formando i gruppi di lavoro delle squadre partecipanti, si possono mettere in contrapposizione due giocatori con abilità simili, oppure, al contrario, con diversi livelli di abilità, per variare la difficoltà della situazione di gioco individuale.
Un’elevata variabilità del livello di difficoltà dei mezzi di allenamento può favorire l’apprendimento: alternare proposte in cui la percentuale di successo è alta ad altre in cui si “stressano” maggiormente i giocatori contribuisce a creare contesti diversi da cui si possono trarre diversi benefici.
Personalmente, ho utilizzato questa strategia anche come strumento per agire sui livelli di autoefficacia, concentrazione e attivazione della squadra. Per esempio, negli ultimi allenamenti precedenti una partita importante o contro un avversario prestigioso propongo spesso esercizi in cui i giocatori possano sperimentare il successo grazie a un’alta percentuale di efficacia, mentre io, con lo stile di conduzione dell’allenamento, posso sottolineare le azioni positive e le loro qualità, sia come squadra che riferendomi a qualche singolo giocatore.
Al contrario, in un periodo di risultati particolarmente positivi si può riscontrare una diminuzione della concentrazione e della voglia di applicarsi per continuare a migliorare e a sviluppare le proprie abilità; in questo caso si può utilizzare qualche mezzo di allenamento particolarmente sfidante, in modo che i giocatori percepiscano la necessità di aumentare il livello di attivazione, anche in questo caso con il rinforzo dell’allenatore, grazie al contenuto e alla qualità dei suoi feedback.
Pensiamo adesso a come trasferire questi concetti alla pratica dei nostri allenamenti, mantenendo un occhio di riguardo al fatto che ogni sistema-squadra è composto da singoli giocatori con diversi livelli di talento e abilità.
In particolare, mi focalizzerò sullo sviluppo della fase di rifinitura e finalizzazione, con riferimento agli attacchi posizionali, ossia alla fase di gioco in cui la nostra squadra è interamente schierata nella metà campo avversaria e prepara la ricerca del tiro in porta contro un’avversaria schierata con blocco medio o basso.
È possibile alternare diversi livelli di difficoltà principalmente agendo su tre aspetti del gioco:
- La condizione numerica dei giocatori coinvolti
- Gli spazi (e dunque i tempi) a disposizione.
- L’utilizzo di particolari vincoli o regole
Vedremo esempi che riguardano il variare della superiorità numerica della squadra in possesso palla. Le seguenti situazioni di gioco e partite a tema sono proposte secondo livelli di difficoltà crescenti, ma è importante sottolineare che, coerentemente con quanto detto, i mezzi di allenamento non vadano proposti con una successione lineare di difficoltà.
Il primo mezzo di allenamento, mostrato in figura 2, è una situazione 10 vs P+4 (1-0-0-3-1).
FIG.2
In questa situazione di gioco, la squadra in possesso sarà chiamata a superare la prima pressione in una situazione 5 vs 4 per poi sviluppare rifinitura e finalizzazione negli ultimi 25 metri con 5-6 giocatori senza opposizione di avversari (ad eccezione del portiere). L’assenza di difensori attivi negli ultimi metri allontana la situazione dalla realtà e dalla imprevedibilità del gioco, ma comporta il vantaggio che i giocatori possono vivere e sperimentare più frequentemente interazioni e combinazioni positive arrivando più frequentemente alla conclusione in porta.
In figura 3 è mostrata una situazione 10 vs P+6 (1-2-0-3-1) in cui l’aggiunta di 2 difensori nella squadra in non possesso avvicina alla realtà del gioco la situazione che i giocatori dovranno risolvere nella fase di rifinitura e finalizzazione. La presenza di 2 difensori centrali dovrebbe favorire la ricerca della rifinitura da una zona laterale (“lato corto” dell’area), attraverso l’utilizzo degli attaccanti esterni e/o la corsa di inserimento di un trequartista o di un terzino. Sarà scelta dell’allenatore lasciare libertà nella rifinitura dell’azione, oppure dare un incentivo (gol doppio) o un obbligo per la rifinitura “da lato corto”.
FIG.3
CONTINUA…
BIO: GIOVANNI VALENTI è Laureato in Economia e Commercio ed ha conseguito la licenza di allenatore UEFA A. È appassionato di lettura, corsa e cucina.
2 risposte
molto interessante
contributo meraviglioso, quindi la zona prossimale è ciò che osserviamo in un giocatore sotto forma di compito da svolgere e che crea in esso una sorta di “crisi” momentanea per poi assestarsi in quella che è la zona potenziale per poi diventare zona attuale quando si è consolidata l’abilità?
per questo è importante la variabilità delle esercitazioni? per mettere in atto una sorta di esplorazione e ricerca di questa zona prossimale?
grazie per questi preziosi contributi