Nonostante la mia lunga milizia professionale con Maurizio Mosca, sin da quando ero sbarbato, non ho mai voluto occuparmene. Il calciomercato, che Maurizio aveva ribattezzato “la fiera dei sogni” e che cavalcava in modo semiserio proprio per alimentare l’entusiasmo e il divertimento dei tifosi, è però una foresta dove per un giornalista è assai difficile sfuggire a predatori e prede, schivare pozzanghere di complicità che infestano i sentieri tra il vero e il falso, favori e dispetti che si alternano come il sole e la pioggia – appunto – in una fetta di mondo un po’ selvaggia.
Bisogna essere attrezzati, armati, spregiudicati. Disposti a compromessi che io non amo.
Maurizio era uno che telefonava ai presidenti, da Viola a Moratti, da Sensi a Berlusconi, Cecchi Gori e persino Agnelli. Aveva canali privilegiati, loro stavano allo scherzo e ai suoi intrecci spesso di fantasia, ma anche fondati e accertati. Oggi bisogna passare per le agenzie, i procuratori, “gli entourage” delle società, dei giocatori e degli allenatori, quindi è diventato un lavoro ancora più complicato e tortuoso.
E’ più divertente raccontare la storia di questo fenomeno che infiamma i desideri e le suggestioni della gente. Non è facile ripercorrerla, personalmente mi sono avvalso dei ricordi e di una bella ricostruzione pubblicata qualche anno fa sullo “Sportmagazine” di “notizie.it“, avendo anzitutto conferma che il primissimo “colpo di mercato” è stato certamente quello di Fergus Suter nella seconda metà dell’800,
Fergus Suter
essendo stato il primo calciatore della storia pagato per giocare come raccontava meravigliosamente la serie Netflix “The English game”.
Altri fanno riferimento al primo campionato professionistico della storia (la “Football League”) e quindi alla cessione di Archie Goodall che passò dal Preston North End all’Aston Villa.
Archie Goodall
Noi, da buoni italiani, avendo introdotto il professionismo piuttosto tardi nel pallone, all’inizio ci arrangiavamo con i primi accordi privati, diciamo pure sottobanco. I pagamenti erano vietati, lo sport era dilettantistico e quindi si aggirava la regola con lettere, pranzi, strette di mano, occhiolini e qualche bustarella. Generalmente tra società vicine di casa sulla cartina geografica.
Nonostante il clamoroso passaggio del “figlio di Dio” Lorenzo De Vecchi dal Milan al Genoa, nel 1913, per 24.000 lire, dal 1922 il regime fascista mise paletti ancor più restrittivi secondo i quali i giocatori non potevano cambiare squadra se non all’interno della propria provincia.
Si stavano moltiplicando le squadre, si stavano strutturando meglio i campionati, il calcio insomma stava assumendo le sembianze di quel gigante che sarebbe diventato nel nostro Paese. Solo nel 1926, con la “Carta di Viareggio”, viene tracciato il solco tra dilettanti e professionisti, con la limitazione a 2 stranieri per ogni rosa che dal 1928 il regime vieta del tutto.
E’ solo qualche tempo dopo la fine della prima Guerra Mondiale che il calciomercato, su idea del presidente del Palermo (il principe Raimondo Lanza di Trabia) si sposta in una sede fissa, quella dell’hotel Gallia di Milano.
Hotel Gallia a Milano
E’ quello stesso nobile siciliano che diventa famoso per questo, ma soprattutto perché da quel momento decide di ricevere i presidenti degli altri club completamente nudo, immerso in una vasca da bagno e con una bottiglia di champagne a portata di mano. Era uno stratagemma per indurre l’interlocutore a farla finita alla svelta, pur di non restare a guardare…Un altro personaggio iconico di quell’epoca fu l’allenatore Oronzo Pugliese, che la leggenda vuole girasse per i corridoi del Gallia insieme con il presidente del Foggia gridando: “Chi vuole un terzino da 10 milioni? Vi interessa un centrocampista da 20?”, come un venditore ambulante. Un’atmosfera surreale, leggendaria per certi versi, che si chiude alla fine degli anni Sessanta quando la direzione del Gallia sfratta il baraccone: troppo caos, troppa gente che occupava la strada di fronte, troppo fumo e troppi mozziconi che bruciavano tappeti e moquette.
Scrive Sportmagazine: “Nel 1966 venne nuovamente introdotto, come ai tempi del fascismo, lo stop all’acquisto di giocatori stranieri. La scelta derivò dal fatto che la Nazionale azzurra aveva fin lì raccolto miseri risultati, disputando quell’anno un pessimo Mondiale (eliminata dalla Corea…).
La decisione si rivelò azzeccata vista la vittoria agli Europei nel 1968 e più in là la vittoria mondiale dell’82 in Spagna. D’altro canto ciò comportò un aumento del prezzo dei giocatori italiani: un esempio fu l’acquisto di Giuseppe Savoldi per ben 2 miliardi di lire da parte del Napoli, nel 1975.
Giuseppe “Beppe” Savoldi con la maglia del Napoli nelle cui file passò nel 1975 proveniente dal Bologna. Per la cifra pagata, compreso il valore dei giocatori inseriti nella trattativa, venne chiamato “Mister 2 miliardi”.
In quegli anni venne introdotta anche la comproprietà e il sistema delle buste: questo sistema, che causò diversi episodi singolari, venne poi abolito nel 2014. Nel 1980 venne invece rintrodotta la possibilità di acquistare giocatori stranieri. Fu il periodo dei grandi campioni: da Falcao a Platini, da Zico a Maradona”.
La rivoluzione avvenne nel 1995. Fino ad allora i calciatori erano stati costretti da un secolo ad accettare supini le decisioni delle società, venendo spostati da una parte all’altra come pacchi postali. Ma quella conosciuta ormai universalmente come la “sentenza Bosman” rovesciò la dittatura dei club, il cosiddetto vincolo, aprendo le porte al libero arbitrio dei giocatori.
Il belga Jean-Marc Bosman, giocatore del RFC Liegi, nonostante il suo contratto fosse ormai scaduto da 5 anni, era intenzionato ad andare a giocare in Francia ma era costretto a rimanere a Liegi a causa della mancanza di un accordo economico fra i due club. Bosman decise di rivolgersi alla Corte dei Diritti Europea che sentenziò in suo favore.
Jean-Marc Bosman: a sx da calciatore a dx nell’aula del tribunale con i suoi avvocati
Nel frattempo il calciomercato ha completamente cambiato i suoi connotati. Dura di fatto 12 mesi l’anno, ha una sezione fissa 365 giorni nelle redazioni, nelle tv, nei giornali, e centinaia di siti, esperti, influencer che se ne occupano h24 – come si dice adesso – diffondendo voci, intenzioni, ipotesi, indiscrezioni.
La fiera dei sogni è spesso la bancarella del nulla fino a quando, camminando tra la merce esposta, ogni tanto appare una sorpresa più o meno clamorosa e allora il tifoso ricomincia a sognare. O a imprecare.
BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.