Quando uno fa dell’onestà, dell’etica del lavoro e della generosità le basi su cui fondare non solo la propria carriera ma la sua esistenza intera diventa impossibile capire e di conseguenza accettare un tradimento.
… quando poi i tradimenti sono due e nel giro di poche settimane uno dall’altro …. beh, allora l’impresa diventa praticamente impossibile.
Siamo negli ultimi giorni di maggio del 1970. La Nazionale azzurra è in Messico aspettando l’inizio dei mondiali di calcio organizzati nel Paese del Centroamerica.
In attesa di esordire contro la Svezia dalla spedizione azzurra è arrivata una notizia non certo di buon auspicio. Pietro Anastasi, centravanti della Juventus e uomo designato ad affiancare Gigi Riva nell’attacco della Nazionale, dovrà abbandonare il Mondiale a tornarsene a casa. Un banale scherzo con un componente dello staff azzurro lo costringerà ad un delicato intervento ad un testicolo.
E’ a quel punto che Ferruccio Valcareggi, il selezionatore della Nazionale italiana, si accorge che tra i 22 convocati di attaccanti gliene rimangono soltanto due: il suddetto Gigi Riva e il suo compagno di reparto al Cagliari Sergio Gori, detto “Bobo”.
In più, pare che non sia in grado di decidere con chi rimpiazzare Anastasi.
Con Roberto Boninsegna? Con Riva ha già giocato nelle file del Cagliari un paio di stagioni prima ma mentre fuori dal campo tra i due è nata una bella amicizia in campo finivano spesso per pestarsi i piedi viste le caratteristiche di gioco molto simili … a tal punto che Manlio Scopigno, il “filosofo” allenatore del Cagliari, decide di cedere “Bonimba” all’Inter in cambio proprio di Sergio Gori, assai più adatto ad integrarsi con “Rombo di tuono”. Scelta azzeccata visto che poche settimane prima della partenza per il Messico il Cagliari ha messo sul petto il suo primo scudetto.
Con Pierino Prati? Il bomber del Milan pur avendo caratteristiche diverse e probabilmente assai più complementari con Riva è da sempre considerato l’alternativa al n° 11 del Cagliari tanto che Prati con Riva non ha mai giocato insieme una partita ufficiale in Nazionale.
E’ a quel punto che il debole e perennemente incerto Valcareggi compie un autentico “coup de théâtre”: li convoca entrambi!
A questo punto non serve un genio della matematica per capire che nella rosa della Nazionale c’è un giocatore di troppo.
Ragion per cui uno dei giocatori già presenti in Messico dovrà lasciare il ritiro, abbandonare il palcoscenico calcistico più prestigioso del mondo e fare ritorno in Italia.
Quel “qualcuno” è proprio Giovanni Lodetti.
Per il centrocampista del Milan la delusione è enorme.
Proprio lui, quello che correva più di tutti e che dai test realizzati dallo staff medico azzurro era colui che meglio si era adattato all’altura degli stadi messicani.
A Lodetti nessuno ha mai spiegato il perché anche se, visto il trattamento nei confronti di Gianni Rivera in quel Mondiale (Pallone d’oro solo l’anno prima) fu poi facile capire che senza Rivera in campo il suo “scudiero” Lodetti era assolutamente prescindibile.
Giovanni Lodetti, da persona schietta e genuina, non fece mai nulla per nascondere questa delusione. Perfino le (tristi) lusinghe della dirigenza della Nazionale che offrì a lui e alla moglie una vacanza esotica durante tutto il Mondiale furono rispedite al mittente senza indugio.
“Gioanin” guarderà i suoi compagni arrivare fino alla finale con il Brasile dove una squadra ormai senza più energie dopo la drenante sfida con la Germania Ovest in semifinale reggerà poco più di un ora contro il talento e la fantasia dei “Verdeoro”.
… sarà una magra consolazione vedere che ben 7 dei suoi 22 compagni non giocheranno neppure un minuto in un Mondiale dove, pur giocando praticamente ogni quattro giorni e spesso oltre i duemila metri di altezza … a chi aveva il comando delle operazioni la parola “turn-over” non venne minimamente presa in considerazione.
Passano poche settimane. La testa del buon Lodetti è già probabilmente al prossimo campionato e con il suo Milan, squadra nella quale milita da tredici stagioni e della quale da almeno sette ne è titolare inamovibile, c’è tanta voglia di rivincita dopo una stagione non certo in linea con le due precedenti dove i rossoneri hanno vinto praticamente tutto quello che c’era da vincere: Campionato, Coppa delle Coppe, Coppa dei Campioni e Intercontinentale.
Ma se la delusione per il trattamento ricevuto al Mondiale si è rivelato un colpo decisamente duro da assorbire quello che accadrà da lì a poco il suo rientro in Italia sarà molto, molto peggio.
Il Milan, il “suo” Milan, decide di inserirlo in una trattativa per portare nelle proprie fila il giovane centrocampista della Sampdoria Romeo Benetti.
Sarà il biondo centrocampista veneto il nuovo luogotenente di Gianni Rivera.
«A comunicarmi la cosa fu la segretaria del Milan. Ero al mare in Versilia … sinceramente mi aspettavo un trattamento diverso».
A Lodetti non rimane che una cosa da fare: preparare le valigie e andare in Liguria dove giocherà quattro eccellenti stagioni entrando nel cuore della tifoseria blucerchiata per quella generosità, per quella intelligenza tattica e quei polmoni che pare possano contenere più aria di tutti gli altri.
ANEDDOTI E CURIOSITA’
Nonostante tutti i trofei vinti con il Milan Lodetti ha sempre avuto le idee molto chiare su quale fosse stato il giorno più bello della sua carriera.
«Il provino per il Milan al campo Scarioni. Quello era il classico treno che passa solo una volta nella vita. Io per fortuna sono riuscito a salirci sopra».
Molto divertente il ricordo del primo contratto con il Milan.
Quando Lodetti entra nello studio della sede del Milan si trova di fronte Nereo Rocco e Gipo Viani.
Entrambi stanno leggendo imperterriti un quotidiano e per diversi minuti non degnano di uno sguardo il giovanissimo Lodetti.
Poi Viani si decide.
«Quanto vuoi?”
«Tre milioni e un posto nella rosa della prima squadra» risponde Lodetti.
«Ti diamo un milione» è la risposta di Viani che riprende a leggere il giornale.
A quel punto interviene Rocco.
«Dai Gipo! Diamogli almeno un milione e mezzo!»
Viani, senza troppo entusiasmo, dà l’assenso.
«A quel punto ero contento come una Pasqua. Era comunque mezzo milione in più della prima offerta. … scoprii molto tempo dopo che mi avevano fregato! Ero per distacco il meno pagato di tutta la rosa!» ha sempre ricordato il centrocampista lombardo di quell’incontro.
Altro episodio che val la pena di essere ricordato è quello relativo al suo esordio in campionato.
Il Milan vince tre a zero contro il Novara. A fine partita capitan Maldini distribuisce i premi partita: 160 mila lire anche per Lodetti, che era ancora di fatto un giocatore della Primavera.
«Dalla paura che me li rubassero evitai di prendere i mezzi pubblici. Feci non so quanti chilometri a piedi. Quando arrivai a casa li consegnai a mio padre Angelo. Lui faceva il falegname e ne guadagnava 45 mila al mese. Iniziò a contarli. Arrivato al sesto bigliettone mia madre già piangeva. Mio padre finì di contarli. Mi disse “Bravo Gioanin” … e se li mise in tasca tutti! Neanche un biglietto da dieci mi lasciò! Ma con tutti i sacrifici che aveva fatto per il sottoscritto fu più che giusto così»
Nils Liedholm fu l’allenatore che di fatto influenzò maggiormente la carriera di Lodetti.
«Lui curava tantissimo la parte tecnica e io grazie a lui migliorai tantissimo. Mi chiamava “Bikila” come il grande maratoneta etiope. In un derby contro l’Inter segnai una doppietta. Uno dei due gol lo segnai con il sinistro, non esattamente una mia specialità. “Brafo Giofanni! Pensare che tu col sinistro non sai salire neanche sul tram!” mi disse il “Barone” dopo quel gol!»
Molto chiara ed esaustiva la versione di quanto accaduto in Messico da parte di Lodetti.
«Quando mi comunicarono la mia esclusione cercarono di addolcirmi la pillola offrendo a me e mia moglie una vacanza ad Acapulco. Gli risposi che sarei invece immediatamente tornato in Italia con il primo aereo … spiegando loro nei dettagli dove potevano mettersi la loro vacanza!»
A volerlo a tutti i costi alla Sampdoria fu il grande Fulvio Bernardini, uno degli allenatori più bravi e preparati di tutta la storia del nostro calcio. Con il Milan che voleva fortemente Romeo Benetti i rossoneri offrirono come contro partita sia Trapattoni che Malatrasi che Sormani.
Bernardini fu irremovibile: «O mi date Lodetti o non se ne fa nulla».
Per diversi anni Lodetti fu ospite come opinionista di diverse tv private, soprattutto lombarde dove si faceva apprezzare per la sua competenza e per la sua ineguagliabile schiettezza.
Fra tutte la sue bellissime “uscite” val la pena di ricordarne una che Lodetti amava ripetere spesso ma che sempre di più sta rimanendo inascoltata.
«Genitori portate i vostri figli a giocare a calcio e dite loro solo questo: divertitevi. E mentre loro giocano voi fate una cosa: andate al cinema».
Infine, l’aneddoto entrato ormai nella leggenda; quello di “Ceramica” … ma a raccontarlo è giusto che sia proprio lui a farlo, il grande, compianto Giovanni Lodetti.
BIO: Remo Gandolfi e’ nato e vive a Parma. Ha gia’ 9 libri all’attivo. Dopo “Matti miti e meteore del calcio dell’est” che aveva fatto seguito al precedente libro di gran successo intitolato “Matti, miti e meteore del futbol sudamericano”, Remo, in collaborazione con Cristiano Prati, figlio dell’indimenticato campione, ha scritto, pubblicato da Urbone Publishing: “PIERINO PRATI – Ero Pierino la Peste” .
Ha una rubrica fissa sul popolare Calciomercato.com (“Maledetti calciatori”) e con gli amici di sempre gestisce un blog www.ilnostrocalcio.it . Quanto all’amato pallone, e’ profondamente convinto che la “bellezza” e “il percorso” contino infinitamente di piu’ del risultato finale.
2 risposte
Che dire…occupandomi di giornalismo calcistico per passione, il mio lavoro è un’altro, non posso che apprezzare ogni “pezzo” scritto da Remo Gandolfi.
La storia di Lodetti è un pezzo vita vissuta che non tornerà. Il Milan è stato più volte truffato dal “sistema”: avrebbe meritato almeno 5 scudetti in più tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70! Ma la “perla” della truffa della rete di Muntari non convalidata, che trasformò un 5-0 in un 1-1, ha dell’incredibile. Fu l’episodio che comportò l’inizio del ritiro di Berlusconi dal calcio e l’inizio del falso ciclo rubentino.