EURO ’24 – PRE GARA 2 – GRUPPO B : SPAGNA – ITALIA

L’esordio contro l’Albania, perentoriamente portatasi in vantaggio a causa di un’amnesia primordiale e altrettanto celermente ridimensionata dagli azzurri, bravi a reagire immediamente alla defaillance iniziale, ha evidenziato quanto la nostra nazionale, pur non essendo costellata da quei bagliori individualmente luminosissimi che storicamente hanno in maniera diacronica contraddistinto pressochè sempre l’esposizione talentuosa delle diverse epoche del calcio nostrano, sia ragionevolmente da considerarsi una delle migliori espressioni collettive che questo campionato europeo ha sino ad ora avuto modo di consegnare al continente: l’impianto orchestrato dall’indiscutibile Spalletti, verosimilmente il principale fattore discriminante della compagine azzurra, indubitabilmente uno dei principali conoscitori dei dettagli all’interno dei contesti e dei diversi sistemi, ha fatto sì che la bontà della prospettiva collettiva collimasse ed esaltasse le seppur non assolute qualità individuali.

Sopperire all’assenza di fuoriclasse cui inconsciamente consegnare il compito di elevare il potere decisionale a livello individuale, attraverso la bontà dell’organizzazione, è quanto di più logico e pregnante possa rivestire la mente pensante di una guida tecnica: Luciano da Certaldo non ha esitato a lanciare lo spavaldo e scintillante Calafiori all’interno di un meccanismo volto ad esaltare le sue ed altrui caratteristiche, consegnare al completo e moderno centrale bolognese la possibilità di sciorinare quelle funzioni che sempre maggiormente distinguono nella letteratura del calcio contemporaneo i ruoli dai compiti, innalzare il livello della costruzione attraverso un’impeccabile occupazione degli spazi e attraverso la nobile conduzione già in possesso della retroguardia, con Di Lorenzo e Bastoni a coadiuvare un dominio nella prima fase di possesso che ha consentito a Barella e compagni di stanziarsi stabilmente nella seconda metà della metà campo avversaria, esercitare una forte pressione al fin di recuperare immediatamente la sfera, fornire sempre un appoggio, una soluzione, un fraseggio facilitato dalla presenza, per ovvia conseguenza, di molti elementi in prossimità dello sviluppo di una manovra che puntava a creare densità in mezzo tanto quanto a tendere al respiro esterno attraverso l’ampiezza di Chiesa e Di Marco.

Ricomporre una linea difensiva a quattro nei rari momenti in cui veniva effettivamente esercitata un’opposizione ai tentativi di costruzione albanese ha consentito di escludere Chiesa da inutili e dispendiosi ripiegamenti in fase di non possesso, permettendo all’esterno bianconero di mantenere quella lucidità nella scelta e nell’uno contro uno che spesso non ha avuto modo di sciorinare nel club di appartenenza a causa della lasciva e dimessa interpretazione calcistica da parte dell’ormai ex allenatore della Juventus: in virtù di ciò Federico è risultato una spina nel fianco della difesa avversaria, inevitabilmente arroccata negli ultimi venticinque metri, sottomessa al possesso e alla circolazione italica.

Or dunque, mentre Jorginho tendeva ad abbassarsi per dettare agli albori i tempi di gioco dei compagni, occupando gli spazi alle spalle dei difensori in fase di costruzione o favorendone lo scarico, Barella ( straordinario per dinamismo, duttilità, letture, atletismo, soluzioni e tecnica da tuttocampista), Frattesi e Pellegrini avevano facilmente il compito di preoccuparsi esclusivamente di incunearsi negli spazi abilmente creati dalla manovra e altresì dai movimenti di Scamacca, riferimento strutturale indispensabile per poter ususfruire della schiera e delle folate offensive dei suddetti centrocampisti.

La sensazione evidente è stata che, qualora protagonisti di una prestazione individuale di maggior spessore ( o ancora se il loro valore assoluto fosse stato ancora più vicino a quello di campioni più affermati ed oggettivamente più decisivi sulla trequarti), Pellegrini e Frattesi avrebbero potuto incidere maggiormente e risultare determinanti anche e soprattutto attraverso la realizzazione di marcature: il centrocampista dell’Inter è molto abile negli inserimenti e freddo sottoporta ma pecca concettualmente nella partecipazione o nell’individuazione di soluzioni volte a favorirne, fra le altre, la possibilità decisiva di ricevere più spesso il pallone in situazioni più rilevanti; Pellegrini ha tecnica e fiuto per interpretare il ruolo ma la sua presenza deve acquisire contorni discriminatori più elevati.

E’ per questo che, probabilmente, contro la volontariamente asserragliata e rintanata Albania, l’utilizzo di Raspadori al posto di uno fra Frattesi e Pellegrini avrebbe potuto indirizzare verso binari più tranquilli in termini numerici le dinamiche di un incontro che, contrariamente a quanto espresso, è stato vinto con una sola marcatura di differenza.

Contro la Spagna, sia che alla fine gli attori protagonisti in termini di undici iniziale rispecchino le scelte della gara d’esordio, sia che possa verificarsi l’innesto di Cristante al posto di Frattesi ( con Barella più libero di svariare nell’ultimo terzo del terreno di gioco), l’idea sarebbe quella di comporre un 1-4-2-3-1 tendenzialmente più consono a neutralizzare le più rilevanti peculiarità in termini di pericolosità degli iberici, ormai palleggiatori dediti ad un possesso meno stucchevole e più verticale, che collocano gli esterni offensivi (Nico Williams e lo straordinario Yamal) con i piedi a calpestare la linea laterale: sarebbe un suicidio esporsi con molto campo alle spalle dei difensori costruendo come contro l’Albania, più logico ricondurre Di Lorenzo e Di Marco a compiti di maggior copertura per arginare le potenzialità dei dirimpettai.

Va da sè, naturalmente, che la principale capacità degli azzurri, vale a dire proporre, prevalere in termini di espressione, esplicare al meglio le proprie idee sciorinando qualità e ribadendo l’attuazione incontrovertibile di un certo tipo di mentalità, debbano essere le peculiarità narrative di un capitolo decisivo nelle sorti del girone: battere Rodri e compagni determinerebbe non solo la vittoria del girone ma soprattutto gridare all’Europa la propria forza, candidarsi alla difesa del titolo (benchè due o tre selezioni paiano oggettivamente individualmente superiori), ricollocare l’Italia nei giusti meandri di un’egemonia intrinseca quando si tratta di portare a casa manifestazioni internazionali.

Una corretta conduzione, uno sviluppo adeguato, un possesso costante e soprattutto una giusta occupazione degli spazi nelle due fasi limiterebbe la Spagna, ridimensionerebbe le qualità del suo centrocampo, comporterebbe per caratteristiche di logiche individuali una probabile superiorità nella zona nevralgica: se Scamacca riuscirà quanto meno fisicamente ad impegnare e attrarre i centrali difensivi avversari, consentendo alla squadra di attuare i princìpi fondamentali della propria idea di calcio, se il tutto sarà accompagnato da prestazioni individuali sopra le righe, l’Italia ha buone possibilità di competere per i tre punti.

BIO: ANDREA FIORE, con DIEGO DE ROSIS, gestisce la pagina INSTAGRAM @viaggionelcalcio.

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