FEDERCALCIO, NAZIONALE, CAMPIONATI: COSA CI ASPETTA DOPO IL CROLLO EUROPEO

Che il “materiale umano”, come volgarmente chiamiamo le risorse a disposizione, sia di scarso livello e non solo da quest’ultima generazione, è un fatto oggettivo.

Manchiamo di un centravanti all’altezza da più di 10 anni, durante i quali Immobile faceva sfracelli nella Lazio ma in azzurro non la beccava mai.

Ci siamo aggrappati a una difesa granitica, a un Chiesa sensazionale, ai lampi (pochi) di Insigne e Berardi 3 anni fa per il trionfo Europeo, oltre alla verve di centrocampisti come Pessina e Locatelli dei quali abbiamo perso le tracce. Abbiamo mascherato le magagne con buonissimi risultati internazionali a livello di club, molte finali, un paio di coppe portate a casa, però sono rimasti tutti i problemi di fondo.

Luciano Spalletti non ha cercato una formazione titolare, indugiando in un turnover di giocatori, moduli e sistemi che non hanno prodotto nulla sul piano del gioco, tanto meno su quello dei risultati. Non solo: a fine disfatta, si è scagliato contro la personalità del gruppo citando quell’affare rigorosamente di spogliatoio che è la candidatura a battere gli eventuali rigori in caso di parità: “Si sono alzate pochissime mani”.

E poi l’alibi delle poche partite di preparazione a disposizione, orpelli dialettici – qualcuno poco elegante – con i giornalisti, nessuna scusa e soprattutto nessuna assunzione di responsabilità.

Fabio Capello (e non solo) ci è andato giù pesante con il nostro C.T., spiegandogli pubblicamente che si tratta di un mestiere diverso da quello dell’allenatore. Non mi piace fare paragoni, ma 8 anni fa Antonio Conte non aveva un gruppo più forte di quello azzurro odierno, tutt’altro, eppure diede anima, corpo, gioco e solidità alla squadra disputando un’ottima edizione dell’Europeo. Non so da chi, da cosa, da come ripartirà Spalletti. Non so nemmeno se Tonali, Ricci e un paio d’altri dei quali si parla in queste ore, miglioreranno le cose. Scamacca, Retegui e Raspadori (per esempio) resteranno le punte, non c’è di meglio al momento, e se sposti sullo scacchiere (per esempio) due colonne interiste come Bastoni e Darmian piazzandoli fuori ruolo, anche là dietro avremo problemi fatto salvo Gigio Donnarumma.

Ancor più spiazzante, deprimente, è stata la conferenza stampa di Gabriele Gravina, presidente della FIGC, il giorno dopo gli schiaffi svizzeri che seguivano le paure albanesi, la rumba spagnola e lo spavento croato (sventato da una botta di fortuna fantozziana). Nemmeno da Gravina l’ombra di un mea culpa: si è addirittura scagliato contro i troppi stranieri nei settori giovanili, contraddicendosi poi nel racconto che i nostri club in Europa fanno bene grazie… agli stranieri in rosa. 

Poi, si è inventato le elezioni anticipate a novembre per evitare le attese dimissioni, nominando un gruppo di “4 saggi” (Marotta, Giuntoli, Sartori, Marino) per monitorare la “mancanza di valorizzazione dei giovani azzurri nelle proprie società di appartenenza”, di fatto spiegando con la casualità i successi delle nostre varie Under.

Un disastro di comunicazione, un capolavoro di politica spicciola e massima. Nelle ore successive la debacle europea, la notizia dell’Antitrust che ha multato con 4 milioni di euro la Federazione Italiana Giuoco Calcio “per aver abusato della propria posizione dominante nell’organizzazione di tornei giovanili”, concretamente tagliando fuori società serie e preparate da tornei che contano e che interessano la sfera federale.

Non solo mancano riforme, regole, incentivi… Non solo non si pensa seriamente a una ristrutturazione dei campionati, a una riorganizzazione metodica dei settori giovanili, ma si fanno pure inciuci perché è acclarato che i ragazzi non godono di meritocrazia, ma di favori. 

Aggiungo a questo proposito un passaggio di due interviste rilasciate (in estate 2023 e all’inizio di quest’anno) da Claudio Gentile, ex difensore della Juve e campione del mondo nel 1982, vincitore dell’Europeo Under 21 e medaglia di bronzo con quella squadra alle Olimpiadi di Atene. “I procuratori mi offrivano un sacco di soldi per far giocare i loro assistiti in Nazionale, non ho mai ceduto e mi hanno fatto fuori, non solo la Federazione, ma anche i club. Dal 2006, anno in cui avrei dovuto sostituire Lippi alla guida dell’Italia, mi hanno escluso da tutti i giochi. Ho ricevuto tante proposte dall’estero, ma nessuna, dico nessuna, da una squadra italiana, neppure di serie B. Questo vuol dire che non mi ha fatto fuori solo la Federazione, ma tutto il sistema calcio italiano. Ci sono allenatori che dopo 4 esoneri consecutivi, tornano magicamente ad allenare in serie A. Per me non c’è posto. Sono passato direttamente dalla gloria al capolinea. Forse sarebbe bastato avere un procuratore per invertire la rotta ed evitare il naufragio”.

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

Una risposta

  1. Ottimo commento, soprattutto nell’evidenziare l’inadeguatezza di Gravina.
    Spagna, Inghilterra e Germania, ci insegnano che il problema è la selezione e la crescita dei giovani. Il loro concetto di giovani è quello di ragazzi di età inferiore ai 19 anni da noi di meno di 23 anni.

    Il calcio del campanilismo è ben diverso da quello dei tornei giovanili. Noi a livello giovanile internazionale ci difendiamo bene (nei risultati); quindi non è solo un problema di qualità dei giovani, ma sopprattuto un problema del loro percorso di crescita.
    Massimo 18 anni devono abbandonare le giovanili e giocare in campionati veri (quelli del campanile).
    Forse in questi europei ci è mancata la “grinta” e/o la “condizione”; la prima l’acquisisci battendoti in campionati veri e la seconda è legata a fattori contingenti.

    Sembrerebbe che la FIGC si comporti come se fosse la Lega di Serie A, anzichè l’agenzia italiana deputata al calcio.

    Troppo politichese epoca visione.

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