Le due espressioni qualitativamente e collettivamente di gran lunga più convincenti sinora ammirate in una competizione non particolarmente foriera di maestosità anche laddove avrebbe dovuto inevitabilmente esserci, quasi fosse intrinseco ed inconfutabile, nonchè le compagini nazionali che detengono il maggior numero di campionati europei conquistati nel corso della storia della manifestazione continentale, tre a testa, si affrontano in un quarto di finale che, seppur banale a livello concettuale ma quanto mai prossimo a definire la verità, profuma di finale anticipata: Spagna e Germania, oltrepassati i rispettivi ostacoli rappresentati da Georgia e Danimarca (in maniera decisamente più brillante la “roja”, un pizzico di buona sorte ha dovuto invece affiancare la bravura dei teutonici), si affronteranno in quel di Stoccarda sintetizzando il meglio che l’Europa possa in questo preciso squarcio temporale offrire.
Gli uomini di De la Fuente hanno per il momento saputo solo vincere e convincere: tramortita in un tempo la Croazia, asfaltata e devastata l’Italia, battuta con la totalità delle riserve l’Albania, Rodri e compagni si sono presentati all’appuntamento con la sorprendente Georgia con la volontà di dimostrare ulteriormente quanto identitaria e tecnicamente aulica fosse l’espressione totalitaria di una squadra che ha anche dato prova di saper reagire allo svantaggio imponendosi nettamente nei confronti della lodevole selezione capeggiata da uno straripante Kvaratskhelia.
Una conclamata solidità difensiva ( l’autorete di Le Normand, prossimo a diventare un nuovo giocatore dell’Atletico Madrid, è la sola marcatura subìta dalle “furie rosse” nel corso del torneo), una fase di costruzione che poggia la bontà dell’esecuzione dei tempi di gioco sulla nobiltà tecnica di Rodri, Pedri e Fabian Ruiz, il dominio sulle corsie laterali di un inarrestabile Nico Williams e del gioiellino Lamal coadiuvati alla perfezione dagli esterni bassi Carvajal e Cucurella (che ne esaltano la libertà offensiva fungendo da equilibratori indispensabili pur non lesinando spunti in sovrapposizione), sono i principali aspetti che caratterizzano la superiorità sin qui evidenziata da Morata ( utilissimo nella gestione del pallone e nella creazione di spazio alle spalle per gli inserimenti degli esterni e delle mezzali) e compagni.
La sensazione è, altresì, che individualmente non tutto il potenziale sia stato espresso pienamente: Pedri può giocare ad un livello superiore, Morata ha nelle corde prestazioni più altisonanti, Yamal potrebbe risultare pressochè devastante qualora migliorasse il suo rapporto per il momento non propriamente idilliaco con la porta, in più di una circostanza semplicemente accarezzata ai confini senza scalfirne lo specchio.
La Germania, dal canto suo, dopo aver dovuto oltremodo soffrire per custodire il primato nel girone contro la Svizzera (rivelatasi compagine di livello assoluto), riacciuffando nello scontro diretto con gli elvetici il pari soltanto nei minuti conclusivi, ha avuto ragione della Danimarca (storicamente insidiosa e sempre difficile da battere) sottolineando ulteriormente le proprie peculiarità; al di là di alcune evitabilissime disattenzioni difensive (con il reparto arretrato probabilmente individualmente al di sotto delle proprie potenzialità nonostante la presenza di gente come Kimmich e Rudiger) Kroos e compagni hanno sciorinato un calcio godibile reso particolarmente moderno, “fresco” e pungente dai terribili ragazzi su cui Nagelsmann ha sostanzialmente fondato le sorti di un’intera nazione: Wirtz, Musiala e Havertz, regalmente esaltati dalla presenza di Gundogan ( giocatore con pochi eguali per intelligenza, letture, inserimenti, occupazione degli spazi e scelte con e senza palla) hanno trascinato la selezione tedesca definendone inequivocabilmente contorni di beltà espressiva.
Ai designati esecutori del fato della nazionale ospitante si è aggiunto l’implacabile Fullkrug, centravanti d’area di rigore d’antico pelo iconografico, un nove vecchio stampo spigoloso e spietato su cui Nagelsmann sa perfettamente di poter contare a gara in corso.
La chiave tattica dell’incontro potrebbe essere rappresentata dalla capacità da parte della Germania, di deduttiva inclinazione strutturale osservando il sistema, di poter “punire” fra le linee la Spagna in virtù della presenza sulla trequarti dei succitati elementi altresì pericolosamente interscambiabili: Havertz come riferimento mobile non basta per assorbire la dinamicità degli uomini offensivi, senza compattezza e adeguata copertura delle linee di passaggio la Spagna potrebbe trovarsi in inferiorità numerica nella zona nevralgica dello sviluppo della seconda costruzione tedesca.
Attirare i centrali in zone non di competenza consegnando a maestri del calibro di Kroos e Gundogan il compito di annusare la traiettoria adeguata alla finalizzazione delle punte risulterebbe una discriminante decisiva: Pedri e Fabian Ruiz potrebbero essere chiamati a svolgere un lavoro insolito e inusuale, privando la Spagna delle peculiarità principali in termini di sviluppo della manovra.
La Germania deve porre le condizioni per costringere Nico Williams e Yamal ad un lavoro in fase difensiva tale da poter supportare di squadra le eventuali folate in ripartenza evitando che Kimmich e Raum siano costretti all’uno contro uno a campo aperto: in questo senso fondamentali risulteranno i raddoppi dei centrali difensivi sul versante di riferimento con il compito, per chi non è chiamato a fornire sussistenza al terzino di turno, di marcare Morata. Dal canto suo la Spagna, qualora puntasse strenuamente sul proverbiale possesso potrebbe, abbassato il baricentro in fase di costruzione, attirare la Germania e, con pulizia tecnica, cercare quegli spazi ideali per affondare in conduzione con le mezzali creando le condizioni per offendere centralmente e lateralmente.
Le prestazioni individuali degli uomini chiave, all’interno del piano partita, determineranno le sorti di un incontro che dal punto di vista tattico appare foriero di straordinaria magnificenza concettuale per contenuti e interpretazioni supponibili. La gara di quest’ oggi è per formulazione alchemica e strategica una delle vette più alte che il football odierno possa offrire.
BIO: ANDREA FIORE, con DIEGO DE ROSIS, gestisce la pagina INSTAGRAM @viaggionelcalcio.