ZATTERE DI SALVATAGGIO

Nelle primissime ore di questo giorno che ci vede defraudati di Bill Viola (maestro della videoarte) e del suo impareggiabile  genio  ho impattato con un video: una vecchia intervista in bianco e nero ad Italo Calvino. Una lettura della realtà che  ben si adatta ad ulteriori contesti, compreso quello del campionato europeo di calcio che questa sera vedrà il suo epilogo, evidenziando in tutta la sua crudezza una clamorosa assenza: quella della squadra italiana.

Ritorno per associazione di idee a Bill Viola e alla sua installazione video denominata THE RAFT, ( zattera di salvataggio appunto ), termine che suggerisce una condizione di pericolo, di emergenza, che l’artista interpreta mostrandoci un gruppo di persone colpito improvvisamente  da un getto d’acqua talmente violento da farlo soccombere nel disperato tentativo di mettersi in salvo. Improvvisamente com’era arrivata, l’acqua si ferma, lasciando gli individui attoniti e increduli, alcuni sollevati, altri agonizzanti.

L’istallazione in slow-motion visibile gratuitamente sui canali è anche la metafora  di questi nostri tempi calcistici in cui, allo tsunami dell’eliminazione che ha tolto a molti  svariati frammenti di motivazione e di entusiasmo sta seguendo un periodo di sbandamento tra un passato eroico ed un futuro incerto.

Ma torno a Calvino e riporto le parole dello scrittore:“Qualche anno fa si diceva: “L’immaginazione al potere”: sembrava uno slogan molto bello. Poi ripensandoci, il segreto è che L’IMMAGINAZIONE NON PRENDA MAI IL POTERE: cioè non diventi parola d’ordine, programma obbligatorio. L’immaginazione, la fantasia, la creatività – di cui tanto si parla – devono contrapporsi ad un elemento di routine, di limitatezza, di prevedibilità, che rende la vita vivibile. Guai se ci fosse solo il prevedibile: SE TUTTO È FANTASIA NON SI TOCCA NIENTE, NON SI REALIZZA NIENTE.

Probabilmente, se abbiamo intorno uno scenario di grigi parallelepipedi, possiamo addobbarlo con bandierine, festoni e ali di farfalle. Se invece abbiamo intorno uno scenario solo di ali di farfalle, non ne viene fuori niente. Per questo sono un po’ DIFFIDENTE SUL FATTO DELLA CREATIVITÀ DATO COME FINE DELL’EDUCAZIONE, come principio primo: “Ogni lavoro deve essere creativo!” NO, il lavoro deve essere ESATTO, METODICO, FATTO SECONDO CERTE REGOLE. FATTO A REGOLA D’ARTE. E poi È SU QUELLO CHE PUÒ NASCERE LA CREATIVITÀ. Altrimenti è una specie di marmellata che non ha sostanza.”In un mondo, il nostro del calcio, in cui ci si chiede “come mai in Italia non si sfornano più giocatori creativi? “ la risposta di Calvino appare nuda: perché MANCA UN LAVORO DI BASE FATTO BENE.

Le premesse risultano quindi essenziali in ogni campo. Relativamente agli europei di calcio mi sono passate tra le mani e sotto gli occhi in questo periodo rarissime perle travolte però da vagonate di luoghi comuni ( la strada, la fame, il talento precoce ), migliaia di vademecum, di eserciziari e di ricette preordinate, e dopo aver soffiato cento volte sulle 17 candeline della torta di Lamine Yamal proverei a riordinare i soliti pensieri sparsi sperando nella loro libertà e generatività.

I nomi assegnati ai gruppi delle nostre scuole calcio, ( cosa già discussa con Alessandro Crisafulli ) “PICCOLI AMICI” e  “PULCINI” ed “ESORDIENTI”( una sorta di ballo delle debuttanti, come se nel periodo precedente i bambini avendo fatto altro, rispetto al gioco calcio, dovessero esordire nel calcio vero  ), i nomi, dicevo, di tutto ci danno l’idea meno che di trovarci in un contesto di crescita. Siamo ben lontani insomma dalle categorie della MASIA in cui riscontriamo PREBENJAMIN ed in particolare i BENJAMIN nell’accezione fantastica di FIGLIO PREDILETTO, quello cioè che gode, come al tempo di Giacobbe, di una particolare considerazione sia da parte dell’allenatore ( che dovrà essere quindi il migliore della rosa e non l’ultimo degli ultimi, quello che non si sa mai dove collocare o che non sa di calcio ma sa di psicologia ) sia da parte degli altri fratelli intesi come altre categorie anagraficamente superiori.

Abbiamo negli ultimi anni confuso un sacco di cose come il PARLARE DI PEDAGOGIA NON LINEARE, COME SE POTESSE ESISTERE UNA PEDAGOGIA LINEARE, fraintendere il significato di rumore, di spazio di fase,  scambiare la scuola calcio con una sorta di INCUBATRICE, un posto protetto con bambini da tutelare.  L’ approccio edulcorato nei confronti delle giovani generazioni, lontano anni luce da quello Montessoriano ad esempio, se da un certo punto di vista ci sta, dall’altro ha portato ad un fraintendimento del concetto di ATTENZIONE: non ci ha permesso paradossalmente di vedere osservare e scoprire  la persona dietro la categoria, le potenzialità latenti, l’ essere capaci di compiere cose fin da subito insieme ad altri giocatori che compiono cose, ABILI NEL COMPIERE DELLE SCELTE, PRENDERE DELLE DECISIONI ed in particolare ASSUMERSI le proprie responsabilità.

Già, la RESPONSABILITA’. Insomma dal modello del gioco di strada tanto e forse giustamente agognato ma ormai irrealizzabile in cui andare a riprendersi la palla saltando il filo spinato era normalità, siamo passati a schiere di bimbetti profumati che arrivano sul terreno di gioco dando la mano a Misterfatinabellaesorridente, “perché è la figura femminile che ci vuole per l’età”, bambini che per “quelle” impellenti necessità vengono accompagnati in loco dall’addetto alla pipì. Sbamm.

La GAMIFICATION e tutto quello che dietro si trascina ( e ci tornerò ) ha preso vigliaccamente in ostaggio il gioco che è invece una cosa ben seria, denaturandolo,  offendendolo ed utilizzandolo per SCOPI ALTRI come il sentirsi parte di un’organizzazione, l’oliare certi meccanismi, l’omologarsi anche nei gesti stessi, illudendo i ragazzi di ricercare una propria autonomia, di favorirla, ma di fatto distruggendo i gesti del sé unico e irripetibile, inducendo i giocatori a reiterare l’inflazionato standard in nome di una non ben precisata fluidità della manovra; il Mister di turno  dispenserà utili tempestivi consigli laddove impatterà con qualcosa di diverso e indecifrabile sfuggito dalle trame degli stessi canoni federativi riportando fortunatamente tutto nell’alveo: scuole calcio insomma dove si apprende un sapere che non corrisponde più alla realtà del mondo calcistico attuale che nel frattempo sta evolvendo. E anche quando si parla di “sociale”, comunque  il gioco, sala parto di nascenti idee e stakeholder di intelligenza NON DEVE essere scambiato con babysitteraggio, e che diamine!!!

Pensavamo con gli europei di Mancini e Vialli di vivere in piena luce, ignari o quasi del fatto che stava invece arrivando una penombra a cui ci saremmo dovuti abituare e permanere per un lungo periodo e dalla quale usciremo solo se sapremo con fierezza rivalutare il nostro patrimonio materiale e immateriale pregresso, fatto di un’Italia calcistica di grande valore. Ipotizzare inoltre, studiandolo però a fondo, un futuro fatto di buone, efficaci idee. Perché anche la gioia si inventa e le scintille di genio non vanno distrutte.

C’è un momento in cui ti cadono i pensieri ed il momento in cui puoi provare a raccoglierli, cosa che farò probabilmente durante l’incontro di questa sera tra Spagna e Inghilterra. Per creare però un mondo diverso bisognerebbe forse prima immaginarlo insieme, si dovrebbe in qualche modo averlo già visto esattamente come quando si va a comperare un trapano: è il buco da fare quello a cui già pensiamo, non al trapano in sé.

E questo “averlo già visto così come succederà” non basta però per essere in grado di crearlo: è necessario provare quell’emozione che si proverebbe come se l’avessimo già realizzato creando fin da subito le condizioni affinchè avvenga. Dice GIAN PIERO GASPERINI:” E’ importante  lavorare molto sulla prospettiva, perchè il ragazzo lo vedi per quello che può diventare più che per quello che è al momento: devi provare a tirare fuori le sue caratteristiche migliori a 360°, se lui si convince hai risolto il problema.“ Insomma sorvolando sui termini forse imprecisi rilasciati in un’intervista, di certo Mister Gasperini, architetto di spazi euclidei e non euclidei, dimostra di aver in mente un’idea chiara e felice ed è in grado di convincere la squadra del fatto che tutto il vissuto sino a quel momento è solo una pallida rappresentazione di quello che si andrà a  vivere sempre di più, singolarmente e collettivamente, e che un periodo di straordinaria evoluzione sia a livello individuale che collettivo è già alle porte.

Ieri pomeriggio Borbora Krejcikova vincitrice di Wimbledon ha detto in TV: “Ho pensato che avere coraggio è l’unica cosa che mi rimaneva da fare, non avevo alternative, e allora ho preso il coraggio a due mani e sono andata avanti. Ed è così che ho vinto”.

Come sarebbe diversa la vita se nelle nostre scuole calcio mettessimo in grado ogni ragazzo di impegnare tutto se stesso, a dare significato al proprio gesto, ad esserci tutto dentro, in quell’azione, in una conoscenza incarnata e non parcellizzata tale da fargli avvertire in diretta il motivo per cui lui è lì in quel punto dell’universo in quel preciso istante, un motivo che dà significato alla sua vita e gli darà la possibilità di prendere la migliore delle decisioni  evaporando istantaneamente nell’effetto flow di un’azione realizzata.

Yamal, ci racconti del goal?

Questo tipo di tiro, quando esce dal tuo piede, sai già dove va a finire

E subito dopo cosa ha pensato?
Prima, volevo solo colpire forte e preciso. Poi ho alzato la testa: è stato come vivere un sogno
.

UN’ AZIONE E’ UN COMPORTAMENTO DI SCELTA REALE CHE EMERGE DA UNA SERIE DI OPPORTUNITÀ DI AZIONE.

Non entro mai nel terreno minato delle esercitazioni perché so bene quanto l’archivio di tutti gli addetti ai lavori sia traboccante. Preferisco dedicare il poco tempo che gli allenatori hanno a disposizione per leggere, forse, queste righe sottraendolo a momenti importanti della propria vita privata, per ragionare su degli aspetti che penso più determinanti di altri. Come ad esempio l’allenamento delle abilità motorio-percettive, l’uso della forza, problem solving e processo decisionale, ma anche l’allenamento integrato delle abilità all’interno di scenari di gioco.

La decisione basata sul riconoscimento o RPD RECOGNITION PRIMED DECISION è un modello di come il giocatore possa prendere decisioni rapide in un contesto di complessità. In tale modello il giocatore è in grado di generare una possibile linea di condotta già presente nel suo vissuto in base ad esperienze pregresse:  grazie al suo sistema percettivo esaminerà attentamente le possibili opzioni che gli si proporranno davanti tenendo bene a mente l’obiettivo finale, la sua mission, valutando rischi e benefici. Solo però riconoscendo il problema evidenziato dalla situazione come familiare, mettendolo a confronto con gli svariati vincoli che l’ambiente gli impone  sarà in grado di selezionare la PRIMA LINEA DI CONDOTTA CHE NON VERRÀ RIFIUTATA quindi ritenuta adeguata. Da chi? In passato avremmo detto dalla sua mente intendendo per mente il felice incontro tra corpo e cervello. Forse anche oggi potremmo esprimerci in questo modo, avendo però ben chiara l’idea di una COGNIZIONE INCARNATA che non parcellizza né separa i concetti di percezione e azione ma li vive in relazione. Il problema posto dalla situazione potrà essere riconosciuto del giocatore, o perché già provato in modalità simili o perché in qualche modo risolto in modalità altre. Punto fermo quindi sarà progettare scenari di allenamento in cui il giocatore potrà venire a contatto con problemi di gioco propri del modello prestativo o analoghi. Di conseguenza  il focus ulteriore cadrà sul modo in cui il giocatore valuterà la situazione e sul perché, proprio quella, l’ha trovata familiare e non tanto sulla scelta di diverse opzioni possibili che magari potrebbero essere tutte adatte e utili ma che non appartengono al suo vissuto e al suo repertorio.  Insomma i super-decisori non avranno bisogno di una sventagliata di opzioni per essere certi di scegliere quella più adeguata. La loro memoria sport-specifica è decisamente dettagliata e fornita; tali dettagli potranno essere richiamati e utilizzati in frazioni di secondo tagliando così i tempi di gioco. Una sorta di pattern anticipatori per chi si interessa di trading. GOOD NEWS: In maniera abbastanza simile, i comuni mortali, tramite adeguato efficace allenamento possono ancora nutrire speranze. Il modello RPD è applicabile proprio quando esiste la pressione temporale, quando le informazioni non sono chiarissime ma i dettagli si stanno aggiungendo nel corso dell’azione e l’obiettivo parziale non è ancora chiarissimamente delineato. Quindi proprio quando il giocatore è ancora presumibilmente ignaro della  linea di condotta che andrà ad assumere. Le opzioni potranno apparire nella testa del giocatore  ben prima di colpire o calciare la palla o prima del movimento di un  avversario ( ritorniamo al trapano ). A questo punto le risposte del giovanissimo Lamine Yamal fuoriclasse spagnolo  forse ci sembreranno  più comprensibili.

“Che cortocircuito: il senso del battesimo spiegato bene. Ma potremmo dire meno banalmente: il senso della vita, il senso di qualcosa che sta sopra a ogni religione e si cristallizza nell’unica alla quale crediamo, quella del calcio. In ogni caso, se quello è il battesimo, la Masía è il seminario, il convento, lo sappiamo da tanto. Cos’avrà passato Messi a Yamal in quegli istanti? Razionalmente diremmo solo un po’ di gentilezza e tenerezza (e sarebbe già tanto), ma non siamo persone razionali e allora diciamo che l’argentino ha passato al bambino il segreto del pallone, gli ha passato la leggerezza e la grazia. Non abbiamo motivo di dubitare che sia andata così, e infatti non dubitiamo” (Gianni Montieri, maestro, scrittore, poeta)

GODIAMOCI STA FINALE VA. STAY TUNED.

Bio SIMONETTA VENTURI:

Insegnante di Scienze Motorie.

Tecnico condi-coordinativo in diverse scuole calcio e prime squadre del proprio territorio ( Marche )

Ha collaborato con il periodico AIAC L’Allenatore, con le riviste telematiche Alleniamo.com, ALLFOOTBALL.

Tematiche: Neuroscienze, Neurodidattica

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