NELL’ERA DEI CYBORG PORTIERI

C’era una volta, in un tempo non troppo lontano, un mondo in cui i portieri del calcio erano figure di statura alta ma difficilmente imponente, uomini ordinari con un talento straordinario per gettarsi a capofitto tra i pali e impedire al pallone di baciare la rete. Oggi, però, la storia è cambiata. Nell’arena contemporanea del calcio, i portieri non sono più semplici guardiani della porta. Sono diventati giganti maestosi, creature che dominano il campo con la loro altezza imponente e i loro piedi raffinati.

Giganti tra i Pali

Osservando le nuove leve di portieri, si nota subito una caratteristica dominante: l’altezza. Questi atleti sembrano quasi giganti, come se provenissero da un’antica mitologia. Gli scienziati hanno a lungo suggerito che l’aumento dell’altezza è correlato a un accesso più facile al cibo per le donne incinte e i bambini. L’altezza media è aumentata, anche nel giro di pochi decenni. In passato un estremo difensore di un metro e ottantacinque era considerato alto. Adesso un Cragno e, a livelli più alti, un Sommer sono considerati bassi. E si tratta di due elementi che sfiorano effettivamente il metro e ottantacinque. Buffon, nato a fine anni ’70 era considerato un gigante. Adesso i portieri oltre il metro e novanta rappresentano la normalità. Molti dei migliori sono sul metro e novantacinque. Oblak ed Ederson, che citerò in seguito, sfiorano il metro e novanta ma non sono considerati alti per il ruolo. Gianluigi Donnarumma, con i suoi 1,96 metri di pura potenza, incarna perfettamente questa trasformazione. La sua figura imponente, quasi titanica, trasmette una sicurezza contagiosa ai compagni di squadra e incute terrore negli avversari. Ogni centimetro della sua statura sembra ergersi come un baluardo insormontabile.

L’arte dei piedi

Ma non è solo l’altezza che distingue i portieri moderni. Un altro aspetto fondamentale dell’evoluzione di questi atleti è il loro straordinario gioco con i piedi. Un tempo, il portiere era visto come un ultimo baluardo, confinato tra i pali, ma oggi è un giocatore a tutto campo, un regista arretrato. Ederson del Manchester City è un esempio lampante di questa metamorfosi. Con il suo piede educato e il tocco preciso, è capace di lanciare palloni millimetrici, orchestrando l’azione offensiva con la stessa facilità con cui sventa un tiro avversario.

Per comprendere appieno la succitata metamorfosi, bisogna tornare indietro nel tempo, all’epoca di Gyula Grosics, il “Ragno Nero” dell’Ungheria. Grosics il precursore, l’anello mancante tra il vecchio e il nuovo. Grosics non era solo un portiere, era un rivoluzionario. Con il suo stile unico, si spingeva fuori dall’area di rigore, partecipava attivamente al gioco, anticipando i movimenti degli avversari e aprendo nuovi spazi per i suoi compagni. Per molti, era un folle; per chi sapeva vedere oltre, era un visionario.

Ma se Grosics piantò i semi, è Manuel Neuer che ha raccolto e fatto fiorire quella rivoluzione. Neuer è il guardiano moderno, il maestro dell’arte del portiere-libero. La sua abilità con i piedi è un’arma letale, un’arte affinata negli anni e perfezionata fino a diventare un pilastro del gioco contemporaneo. Osservarlo in campo è come assistere a un balletto elegante e potente allo stesso tempo. Grosics d’altronde è un antesignano. Basti pensare che il portiere tedesco è circa 15 cm più alto rispetto alla leggenda dell’Aranycsapat.

Questa evoluzione, questa rivoluzione silenziosa, ha portato gli estremi difensori a essere protagonisti non solo nelle fasi difensive, ma anche in quelle offensive. Non è più sufficiente avere riflessi fulminei e mani sicure. Oggi, un grande portiere deve avere piedi educati e visione di gioco. È una trasformazione che ha coinvolto ogni angolo del pianeta, dalle scuole italiane, un tempo indiscusse regine della formazione dei portieri, alle accademie di calcio del Sud America, dell’Europa dell’Est e oltre.

Questa trasformazione del ruolo, che ha reso i portieri degli interpreti a 360 gradi, è avvenuta a latere di un’evoluzione del calcio e, di concerto, dei suoi interpreti. I portieri di oggi sono atleti completi, formati in modo da eccellere non solo tra i pali ma anche con la palla tra i piedi. Questa trasformazione ha permesso a squadre come il Manchester City di affidarsi a Ederson, la cui capacità di distribuire il pallone è paragonabile a quella di un centrocampista di classe mondiale.

Un ruolo oramai globalizzato

Non è più solo l’Europa “che conta” a produrre portieri di classe mondiale. In passato, la scuola italiana era vista come l’indiscutibile fucina dei numeri uno, ma oggi i talenti emergono da ogni angolo del globo. Prendiamo Jan Oblak, il guardiano sloveno, la cui carriera ha preso il volo dall’Atletico Madrid. La sua presenza calma e il suo istinto felino lo hanno reso uno dei migliori al mondo, dimostrando che l’arte del portiere non conosce confini nazionali. Curioso il fatto che a inizio carriera Oblak ed Ederson giocassero contemporaneamente nel Rio Ave. Sì, quel Rio Ave che ha rischiato di sbattere fuori il Milan dall’Europa League qualche stagione fa.

In questo labirinto di talenti emergenti, uno dei più affascinanti è senza dubbio Giorgi Mamardashvili, il gigante georgiano. La Georgia, una nazione che nelle mappe antiche era solo un confine nebuloso tra oriente e occidente, oggi ci regala un portiere che incarna l’essenza della globalizzazione calcistica. Mamardashvili, con i suoi 1,99 metri, si erge come un colosso, un titano che domina l’area di rigore con una presenza quasi mitologica. L’estremo difensore della Georgia si è reso protagonista di diverse parate fondamentali, che sono valse lo storico passaggio agli ottavi di finale della nazionale caucasica.

Ma come è possibile che un talento simile emerga da una nazione periferica? La risposta risiede nella stessa natura del calcio moderno, un intricato tessuto di influenze e connessioni globali. Internet e la televisione hanno reso accessibili le tecniche e le strategie di allenamento sviluppate nelle scuole più rinomate, diffondendole come un’eco in ogni angolo del pianeta. Così, i giovani portieri di Paesi lontani possono studiare e emulare i loro idoli, abbattendo le barriere che un tempo limitavano l’accesso all’élite.

Pensiamo a Edouard Mendy, che dal piccolo Senegal è salito sul trono d’Europa con il Chelsea, o a Keylor Navas, che dalla Costa Rica ha difeso le porte dei club più prestigiosi del mondo. Questi portieri non sono solo atleti, ma simboli viventi di una nuova era, in cui il talento può emergere ovunque e in qualsiasi momento. I due estremi difensori in questione sono un po’ spariti dai radar adesso ma si tratta di due calciatori che hanno vinto la Champions negli ultimi anni. Non portieri emergenti dalla Cortina di ferro (l’est Europa è una fucina di talenti e vanta una scuola di primo livello per quanto riguarda lo sviluppo degli estremi difensori) ma nati in aree esotiche e poi perfezionatisi in Europa.

Portieri sempre più completi

E poi c’è Alisson Becker. Con la sua straordinaria capacità di combinare riflessi fulminei con un controllo palla degno di un centrocampista, l’ex estremo difensore della Roma è il simbolo di questa nuova generazione di portieri. La sua capacità di distribuire il gioco e di partecipare attivamente alla costruzione dell’azione lo rende un giocatore indispensabile, un vero e proprio jolly in campo.

In questo labirinto di evoluzioni e trasformazioni, i portieri moderni si sono trasformati in archetipi di una nuova era calcistica. Essi non sono più confinati alla mera difesa della porta, ma sono diventati creatori di gioco, leader silenziosi che orchestrano il flusso della partita. La loro evoluzione riflette una più ampia trasformazione del calcio, uno sport che, come un libro infinito, continua a riscriversi e a reinventarsi. La figura di questi portieri-cyborg, che si staglia nell’area di rigore, incarna una rassicurante sicurezza per i compagni di squadra, mentre evoca un senso di timore per gli attaccanti che osano sfidarli. In passato i grandi attaccanti scartavano con facilità i portieri. Possiamo scommettere che un Ronaldo Fenomeno, il re di questa skill, oggi avrebbe una percentuale decisamente inferiore di successo negli uno contro uno contro gli estremi difensori.

Nel vasto campo delle possibilità, i portieri moderni hanno anche perfezionato l’arte della parata. Le tecniche di intervento, affinate da anni di allenamento e di studio, sono diventate quasi una scienza esatta. Alisson, con i suoi riflessi fulminei e la capacità di leggere il gioco in anticipo, rappresenta la quintessenza del portiere completo. Ogni sua parata è un atto di pura intuizione, un’azione che sembra sfidare le leggi del tempo e dello spazio.

Conclusione

Ogni dettaglio ha una storia, e ogni storia ha un’anima. Così è per i portieri moderni, la cui evoluzione racconta di un calcio che non smette mai di reinventarsi. Questi atleti, alti come alberi e agili come gatti, sono i nuovi eroi di un gioco antico. E in ogni parata, in ogni passaggio, c’è un frammento di questa straordinaria trasformazione, un’eco lontana di un’epoca passata che si mescola armoniosamente con il presente, creando un’arte sublime che continua a stupire e a incantare.

In questo viaggio tra passato e presente, tra storie di pionieri e leggende moderne, il portiere è diventato il simbolo di un calcio che non smette mai di evolversi, di stupire, di incantare. E noi, spettatori di questo straordinario spettacolo, non possiamo che applaudire, riconoscendo in loro i veri eroi di un’arte che continua a regalarci emozioni indimenticabili.

BIO: VINCENZO DI MASO

Traduttore e interprete con una spiccata passione per la narrazione sportiva. Arabista e anglista di formazione, si avvale della conoscenza delle lingue per cercare info per i suoi contributi.

Residente a Lisbona, sposato con Ana e papà di Leonardo. Torna frequentemente in Italia. 

Collaborazioni con Rivista Contrasti, Persemprecalcio, Zona Cesarini e Rispetta lo Sport.

Appassionato lettore di Galeano, Soriano, Brera e Minà. Utilizzatore (o abusatore?) di brerismi.

Sostenitore di un calcio etico e pulito, sognando utopisticamente che un giorno i componenti di due tifoserie rivali possano bere una birra insieme nel post-partita.

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