STADIO: Stade d’Angondjé
CAPACITÀ: 40.000
ANNO DI COSTRUZIONE: 2011
CITTÀ: Libreville (GABON)
EVENTO MEMORABILE: Finale di Coppa d’Africa del 2012
EVENTO MEMORABILE
La finale della Coppa d’Africa del 2012, disputata allo Stade d’Angondjé, a Libreville in Gabon, è entrata nella storia del calcio per il profondo significato che ha avuto per i vincitori del torneo, lo Zambia.
Una serie di particolari coincidenze ha reso memorabile questa partita, che ha concluso un capitolo del calcio zambiano iniziato nel 1993 a Libreville con una tragedia e terminato nella stessa città nel 2012, con l’estasi per la conquista del suo primo, e finora unico, grande trofeo nazionale.
La nostra storia comincia il 27 aprile 1993, quando un aereo che stava trasportando la nazionale dello Zambia a Dakar precipita nell’Oceano Atlantico, proprio davanti alla costa di Libreville, causando la morte di tutti i componenti del velivolo. La selezione zambiana si stava recando in Senegal per giocare una partita di qualificazione per il mondiale di calcio di U.S.A. ’94. Nell’arco di pochi istanti quasi tutta la generazione d’oro del calcio zambiano sparisce. I proiettili di rame (il loro soprannome) infatti, avevano grandi possibilità di riuscire a qualificarsi per la prima volta ad un campionato mondiale: la loro, di fatto, era l’evoluzione della squadra che nel 1988, stupendo tutti, era riuscita ad arrivare fino ai quarti di finale alle Olimpiadi di Seul, dopo aver battuto ai gironi, tra le altre, anche la selezione olimpica italiana con un clamoroso quattro a zero.
Il destino non riesce ad essere clemente con lo Zambia nemmeno nel 1994, quando la rinnovata nazionale zambiana riesce, quasi miracolosamente, ad arrivare in finale di Coppa d’Africa, dove però subisce la rimonta della Nigeria, sua storica bestia nera calcistica.
Seguiranno poi anni difficili per lo Zambia fino appunto al 2012, anno in cui la sua selezione allenata dal giramondo francese Hervé Renard si approccia alla Coppa d’Africa, come sempre senza avere i favori del pronostico. Nonostante ciò, i ragazzi di Renard superano brillantemente il girone iniziale, arrivando al primo posto in virtù di due vittorie ed un pareggio. Ai quarti di finale superano per tre a zero un non irresistibile Sudan; si qualificano quindi alle semifinali dove incontrano il temibile Ghana che viene sorprendentemente battuto per uno a zero per effetto della rete di Emmanuel Mayuka, accedendo così alla finale, che, ironia del destino, si giocherà proprio a Libreville, il luogo della tragedia aerea del 1993. Ad attendere in finale i ragazzi di Renard ci sarà la favorita del torneo, la Costa d’Avorio di Didier Drogba e dei fratelli Touré.
Il 12 febbraio 2012 allo Stade d’Angondjé, di fronte a circa quarantamila persone, Zambia e Costa d’Avorio danno vita ad una finale emozionante e tirata, con occasioni per entrambe le squadre fino da primi minuti di gioco. Il risultato, però, non si sblocca nemmeno quando al settantesimo minuto alla Costa d’Avorio viene assegnato un rigore per l’atterramento di Gervinho; Drogba calcia altissimo e lo zero a zero si trascina fino alla fine dei tempi supplementari, si va così ai calci di rigore.
Segnano tutti e si prosegue ad oltranza fino all’errore di Gervinho, il difensore zambiano Stophira Sunzu non fallisce il successivo rigore e lo Zambia compie l’insperata impresa.
Gioia, orgoglio e dolore si fondono nelle urla zambiane nella notte di Libreville. Il cerchio, che il destino aveva iniziato a tracciare 19 anni prima, si era finalmente chiuso.
LO STADIO
Si è vero, forse non lo stadio più affascinante della serie…forse nemmeno il più iconico ma la storia dello Zambia campione, davvero meritava di essere raccontata.
Lo Stade d’Angondjé è un impianto abbastanza recente costruito da una ormai sempre più frequente join venture tra un paese africano (in questo caso il Gabon) ed il governo cinese.
Dal punto di vista architettonico, lo Stade d’Angondjé e’ stato progettato in linea con i più moderni stadi europei. È presente un podio alla base nel quale solitamente vengono allocate le funzioni commerciali (megastore, bar, pub, museo ecc.) in modo tale da connettere l’impianto al tessuto urbano facendolo vivere 7 giorni su 7.
La facciata dello stadio (non esattamente un capolavoro di architettura) ben si integra con il design essenziale e funzionale di tutto l’impianto.
Molto interessanti sono le coperture: queste coprono solo i lati est ed ovest (notoriamente i posti che generano più revenue) e si sviluppano lungo da due enormi travi reticolari; quella sul lato più esterno è sorretta una serie di pilastri diagonali (i quali caratterizzano anche dal punto di vista estetico la facciata), mentre quella lato campo risulta essere come un grande arco che si poggia su due enormi plinti in calcestruzzo posti ai lati dello stadio. Il catino è di forma ovale e si sviluppa su due anelli soltanto lungo le tribune laterali in modo da garantire gli spazi hospitality ad oggi fondamentali per garantire redditività.
Parlando di stadi in terra africana, avremmo sicuramente potuto scegliere impianti più interessanti dal punto di vista architettonico, ma a noi piace parlare di storia e di storie uniche come quella della nazionale dello Zambia. L’impatto sociale che ha la costruzione di uno stadio viene spesso visto come un elemento secondario ma è sbagliato pensare ciò. Il microcosmo che si viene a creare all’interno del catino contribuisce alla realizzazione di miracoli sportivi, i quali possono avere un significato molto profondo per alcune persone. La favola dello Zambia rimarrà nella storia del calcio perche’ racconta non solo una storia di calcio ma, soprattuto, una storia di vita.
ANDREA FERRARO & EMMANUELE SANNA
BIO: Andrea Ferraro è un architetto.
Durante la sua carriera, avuto la fortuna di lavorare per alcuni dei più importanti studi di architettura d’Europa e del mondo. La sua passione per il calcio lo porta a specializzarsi in architettura sportiva, e collabora attivamente alla progettazione di alcuni degli impianti che, negli anni avvenire, saranno il nuovo punto di riferimento nel settore delle sport venues.
Bio: Emmanuele Sanna – Savonese, professore di geografia, appassionato di calcio. Ama esplorare le dinamiche urbane e comprendere come le città si evolvono e come le persone interagiscono con il loro ambiente. Dalla geografia e dal calcio ha imparato l’importanza della relazione tra spazio e tempo.