IL MOVIMENTO, LA DINAMICA DI GIOCO E LO SPAZIO-TEMPO

Spazio vissuto, percepito e rappresentato in stretta relazione tra loro. 

Non sarà una novità, però se ce lo conferma la scienza, meglio ancora!          

Una ricerca scientifica effettuata da alcuni neuroscienzati in Canada su giocatori di Hockey sul ghiaccio ha dimostrato che la neuroplasticità, ovvero la capacità dei neuroni di rielaborare la rappresentazione dello spazio ( rielaborazione intellettiva dei dati percettivi di spazio e tempo) avviene anche durante il sonno, mentre finora la ricerca in questo ambito si era concentrata soprattutto su ciò che accadeva da svegli.

Hanno verificato che a seguito di esperienze vissute , questi neuroni lavorano alla costruzione di nuove sinapsi, anticipando, per immaginazione eventuali azioni future una volta collocati all’interno del medesimo spazio.

Queste evidenze scientifiche sono state utilizzate quali premesse a Jean-Francis Gréhaigne et Luc Nadeau, per redigere un articolo su una rivista specializzata francese di Educazione fisica e sport. I due autori sono da sempre portatori dell’approccio per comprensione, dell’enattivismo e della pedagogia non lineare. Di questo articolo, ho estrapolato alcuni concetti chiave cercando di fare del mio meglio nella traduzione.        

“Ciò conferma quello che aveva già intuito Piaget. Egli asseriva, alla luce di continue e mirate osservazioni, che un elemento essenziale della concezione dello sviluppo spaziale del bambino è la distinzione tra percezione e rappresentazione. 

La percezione è “la conoscenza più diretta e immediata di un oggetto presente nel campo sensoriale”. La rappresentazione è la capacità di rappresentare un oggetto assente”.

Questo significa che quando parliamo di percezione spaziale, non si deve intendere per “spazio” solo ció che ci circonda: oggetti, elementi, persone, etc. ma anche parte del nostro pensiero, dato che é li che riuniamo tutti i dati della nostra esperienza vissuta.

Cosa potrebbe significare, oppure convalidare, dal punto di vista del processo di allenamento, specie nella prima formazione?

Come andiamo a sviluppare questa capacità?

Dato per assodato che non è possibile migliorare da zero questa lettura e che trattasi di dote innata del ragazzo legata alle esperienze complessive quotidiane, comunque è facoltà dell’allenatore saperle calare e fargliele ritrovare in contesti di gioco che si avvicinino quanto più possibile alla realtà di gioco.

Gli strumenti da mettere in atto?

La realtà del gioco!

L’obiettivo dell’allenatore sarà, come appena accennato, quello di ricreare contesti reali di gioco che partono dall’11 contro 11 alla facilitazione di questi contesti per attività con minor numero di giocatori in spazi adeguati, sempre conservando la logica del gioco per consentire di per poter giocare con ciò che accade fedelmente una partita. Per questo motivo l’unità minima di allenamento non deve essere inferiore al 3×3+2P, oppure con miniporte poste sulla profondità, in quanto ci potrà essere sempre un compagno a sostegno e uno in  appoggio, oppure uno che offre il passaggio in ampiezza, e un altro in profondità, un compagno che può venire incontro (vicino) e l’altro andare sul lungo, e non ultimo di poter sfruttare situazioni di duello facilitate dal comportamento dei compagni, affinché il giocatore comprenda quando è il momento. Al di sotto di questa unità, il gioco verrebbe svilito e perderebbe le sue caratteristiche complete.

Su questa unità ologrammatica di allenamento si possono costruire varie modalità esecutive, purché la squadra che ha la disponibilità della palla sia composta sempre da 3 giocatori, perché si consente al portatore di palla di agire con la disponibilità di più relazioni, cosa che non deve mai essere trascurata.

In un precedente articolo, “L’apport de la notion de configuration du jeu à la didactique des sports collectifs. Le cas du football”, l’autore, rifacendosi anche al FUNIÑO di Horst Wein, ne spiega i motivi.

Di cosa stiamo parlando ?

Trattasi di un gioco di parole per nulla banale, della fusione di due termini che dovrebbero avere una stretta correlazione:      

FUN, divertimento, e NIÑO, bambino.

Dal punto di vista tecnico, invece, è il gioco 3 contro 3 a 4 porte ideato da Horst Wein, il guru

Mondiale del calcio giovanile e ispiratore della famosissima Cantera del Barcellona.

Il Funino è proposto come struttura di base per l’apprendimento tecnico/tattico nella scuola calcio e come elemento allenante anche nel calcio degli adulti. Ovviamente si possono modificare le dimensioni del campo in base all’età e soprattutto al grado di competenza dei ragazzi.            

La Filosofia di Horst Wein

“Giocare a FUNiño significa segnare molti gol. I bambini non badano al risultato, rischiano, non hanno paura di sbagliare, anzi imparano dagli errori e si divertono, senza pressioni di nessun adulto.                      

Per molti, e tra questi anche noi, lI FUNiño è la rinascita del calcio di strada nel ventunesimo secolo”.

Via via, con il progredire delle qualità individuali e l’aumento del livello, il riconoscimento e lo sfruttamento delle configurazioni momentanee del gioco devono essere attuati in rapporti di opposizione sempre più complessi.

Durante la partita, il gesto tecnico è inserito in un contesto ambientale e globale che fa sì che questo non sia mai uguale a se stesso.

Queste continue situazioni variabili rendono la questione ben complessa: In una situazione di gioco, pensiamo alla classica partita, non sono sufficienti le abilità tecniche, in quanto si presentano due fattori che il giocatore deve saper interpretare: il tempo e lo spazio. Un giocatore che conosce e riconosce le situazioni di gioco è un giocatore che sa immediatamente quale sia l’abilità tecnica da utilizzare in funzione della situazione stessa.

Come sappiamo, essendo il calcio uno sport di situazione, è necessario un apprendimento a mappa elastica, utile a fronteggiare situazioni sempre nuove e mutevoli.

Oggi, a causa dell’evoluzione tecnico-tattica e del mutamento di alcune regole, i tempi di gioco si sono notevolmente ridotti e il giocatore ha sempre meno tempo per decidere quale azione attuare in risposta alla situazione di gioco.

Infatti, il calciatore con scarsa conoscenza del gioco tende ad affidarsi a risposte istintive e, all’arrivo della palla rimane concentrato soltanto su questa, non prendendo informazioni sulla posizione dei compagni, avversari, tempi di gioco e spazi liberi. Di conseguenza, può agire in modo affrettato o ritardato

Il giocatore che conosce il gioco, al contrario, sa ottenere in anticipo informazioni relative a spazi, posizione e comportamento di compagni e avversari, sa immediatamente valutare la traiettoria della palla e prima che gli arrivi è pronto a decidere quale azione effettuare in risposta alla situazione. Risposte di questo tipo, che possiamo definire consapevoli e intuitive, provengono da un vissuto personale e presuppongono un’elevata capacità di percezione e analisi per riconoscere la situazione, di decisione per applicare la scelta tecnica ritenuta utile.

Per ottenere questo tipo di sviluppo il giocatore deve aver svolto nel suo percorso di Settore Giovanile numerose esperienze che abbiano proposto situazioni simili al contesto reale e deve averle assimilate nel proprio vissuto.

Ogni situazione nel gioco del calcio è irripetibile, imprevedibile e aperta a innumerevoli sviluppi.

Sarà quindi fondamentale prevedere un processo di formazione attraverso il contesto di gioco dove il giocatore, fin dai primi inizi del suo percorso di Settore Giovanile, troverà e scoprirà un’infinità di situazioni.

Vivere quante più situazioni consente al giocatore di ampliare quanto più il bagaglio della propria esperienza per comprendere cosa fare nelle più differenti situazioni.

E quale riteniamo il mezzo principale per questo sviluppo?

La creazione di problemi

Questo approccio punta l’attenzione sulla relazione in una prospettiva che recupera la dimensione di sistema, ed è anche un modello operatorio perché permette, nella progettazione delle attività, di dare alle attività medesime una prospettiva olistica e quindi sistemica, che tutto ingloba e nulla trascura”.

Questo approccio deve essere la base comune di riferimenti trasversali per tutte le categorie, dagli esordienti ai senior. Ogni educatore deve conoscerlo, saperlo utilizzare e rispettarlo per facilitare così il passaggio di un giocatore da una categoria all’altra.

Pertanto l’allenatore in questo contesto formativo deve: Promuovere una pedagogia delle domande che porterà il giocatore a pensare al gioco, a trovare le soluzioni ai problemi che gli si presentano, ad ampliare le scelte possibili. Ciò non significa escludersi la necessità di intervenire, sempre senza sostituirsi, ma per orientare, sostenere, facilitare una situazione, per consentire al ragazzo di acquisire i comportamenti richiesti.

Essere chiaro e preciso nel definire le richieste. Dare e far percepire che c’è sempre uno scopo coerente con la realtà del gioco;

Essere preciso nelle correzioni spiegando il/i motivo/i degli errori commessi.

Essere rigoroso, equo e coerente nella relazione con tutti i ragazzi.

Avere e mostrare fiducia nel potenziale di ogni giocatore e nel suo tasso di sviluppo personale.

Cercare sempre di promuovere il piacere del giocatore che, aumentando la sua motivazione, svilupperà le sue qualità e la sua influenza sul gioco della sua squadra.”

4 risposte

  1. L’articolo scaturisce da una indagine scientifica.
    I risultati di questo studio dimostrano che le reti neuronali, solleciate in ambienti incerti e mutevoli, continuano a creare connessioni su quella esperienza vissuta. Ciò è l’ulteriore prova che le intuizioni a cui erano arrivati gli studiosi non erano sbagliate, tutt’altro. Che significato ha tutto questo?
    Che anche chi lavora per ” comprensione ” e con il gioco ha il supporto scientifico.
    Quindi, diventa tutta una questione di scelte metodogiche e didattiche, e che non solo chi fino a ieri si avvaleva della scienza per la preparazione atletica
    ( perché anche questo era uno dei motivi di discussione) ,ma anche coloro che utilizzano altre metodologie, hanno il suffragio delle scienze. Sono le esperienze che creano significato. La comprensione del gioco è legata alla sua logica, alla relazione incarnata.

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