Storie di vite parallele dell’artigiano contadino e dell’esploratore
Dialŏgus è composto da dià, “attraverso” e lògos, “discorso”. Letteralmente, è quel movimento
per cui due o più persone si lasciano attraversare dalla parola. Ecco come nascono le idee e le
riflessioni profonde. È proprio in un rapporto dialogico sui processi educativi, metodologici e
tattici che “forse” ho trovato quel piccolo dettaglio che differenzia l’arte di allenare giocatori e
giocatrici in età giovanile e adolescenziale rispetto ai calciatori e calciatrici in età adulta.
Eh sì, perché in fondo il gioco è il gioco, i processi cognitivi dell’apprendere sono
sostanzialmente gli stessi, deontologicamente la professione è sempre quella, con i suoi valori
morali ed etici, perché l’allenatore a qualsiasi livello deve possedere il cuore del poeta e il
cervello dello scienziato, parafrasando Maria Montessori. Quindi, anche l’approccio
metodologico inteso come mezzi di allenamento non cambia se non solo nella condizione
numerica di una specifica proposta. Ma quindi qual è la differenza?
Senza dubbio vi è una differenza comunicativa dentro e fuori dal campo, c’è uno stare “accanto”
diverso, ma soprattutto c’è un approccio di base alla professione che risulta sostanzialmente
differente.
Allenare, formare ed educare i giovani (prendiamo come tappe generali di riferimento l’infanzia e
l’adolescenza) è un mestiere artigianale, è un seminare attraverso esperienze generative.
Allenare nel settore giovanile è un atto di fede nel futuro, è un gesto di generosità verso un
sistema, verso gli altri, è un “dare” che spesso non vede la propria gioia nel prodotto finale, ma
nel tempo e nelle ore passate meticolosamente a seminare, a condividere, ed è in queste
relazioni che si nutre l’allenatore, che alimenta sogni e ambizioni.
Ma per far sì che tutte le esperienze siano educative e che generino apprendimento, quali sono le
condizioni perché ciò avvenga, si chiedeva il Filosofo e Pedagogista J. Dewey.
Lo sguardo pedagogico-metodologico deve dunque volgere sull’apprendere esperienziale,
compito fondamentale “insegnare” ad apprendere dalle situazioni reali, dagli scenari infiniti del
gioco. Questa capacità passa attraverso l’asimmetria educativa, in un atto pratico che trova il suo
compimento nel Differenziale di Sviluppo, come ci ricordano la Dott.ssa Lucangeli e soprattutto lo
Psicologo L. Vygotskij. Non c’è conoscenza senza partecipazione, serve dunque costruire
insieme, attraverso processi di comunicazione, attraverso forme specifiche di valorizzazione
dell’esperienza. Compito nostro è progettare campi di esperienza potenzialmente trasformativi,
assecondare e sostenere l’arte dell’apprendere, in questo modo la “vita” accade, e il “gioco”
associativo sarà una conseguenza naturale, un bisogno primario.La fatica dei giovani di oggi è la fatica dell’educatore e dell’allenatore, dobbiamo educare al
possibile non al probabile. Se la parola circola, il possibile nasce; se le condizioni sono quelle
giuste, il potenziale umano esploderà, ognuno con i propri tempi e le proprie possibilità.
L’allenatore del settore giovanile dunque lascia i semi, le esperienze future specifiche e non (in
una concezione di educazione cosmica a cui faccio riferimento nella mia professione),
permetteranno o meno di far germogliare questi semi.
Abbiamo detto che la differenza tra allenare nel settore giovanile e le prime squadre non sta nella
deontologia della professione e nelle competenze metodologiche, ma sta nell’approccio alla
professione.
Allenare i “grandi” (prendiamo come tappe generali di riferimento la tarda adolescenza e l’età
adulta) è far interagire i potenziali umani nella loro massima performance. Questo atto nasce
dall’esplorare l’individuo. È cercare di capire quali semi sono germogliati, quali caratteristiche
individuali per il bene collettivo sono emerse, oppure ancora sepolte in attesa di essere
valorizzate. L’esploratore deve intuire la forma “dell’informa” e fare in modo che questa prenda
vita. L’allenatore non si limita alla trasmissione di conoscenze, ma deve leggere i segnali del
mondo e adattarsi alle circostanze mutevoli. Deve guidare il ragazzo fattosi uomo ad abitare le
sue memorie (apprendimenti ed esperienze pregresse) per proiettarlo in altri futuri (autoefficacia
e performance). La gioia è raccolta nelle relazioni che generano la prestazione e nella forma
dell’esito. Insomma, nell’incontro tra questi elementi l’allenatore trova le proprie ragioni, spesso
assurde, di vivere una vita critica, una vita al limite del sopportabile, ma si sa: il cuore ha le sue
ragioni che la ragione non conosce, B. Pascal.
Riassunto del riassunto: allenare è un’arte, dobbiamo provare piacere nel seminare, accettare distare nell’incertezza del gioco e nell’imprevedibilità dell’essere umano. Solo navigando in questa complessità di relazioni e interazioni, potremmo generare dei processi trasformativi.
BIO: Riccardo Catto
Papà di due meraviglie; Andrea e Vittoria.
Marito di un splendida donna; Carlotta
Laurea in scienze dell’educazione
Tesi; Apprendimento Pedagogico
Master in Pedagogia Montessoriana
– Fc Torino Calcio season 2023/2024 Head Coach U15
-Youth Sector OfK Ostersund Consultant since 2022
– Fc Juventus Head Coach U14 2021-2023
– Fc Juventus Assistent Coach U15 2018-2021
– Fc Ivrea 1905 Head Coach U19 2016-2018