MILAN, PERCHÈ DEVI CREDERE ALLA LOTTA SCUDETTO

Si è levato il sipario su un nuovo atto, uno di quelli che la Storia, con la S maiuscola, esige che venga scritto col sangue e col sudore. Fonseca, il nuovo regista di questa narrazione calcistica, ha preso il posto di Pioli. Quel Pioli che ha scolpito, pezzo dopo pezzo, un Milan che ha saputo resistere alle tentazioni del decadimento, ma che ora è chiamato a qualcosa di più grande, di più elevato.

E qui entrano in scena i nuovi protagonisti: Emerson Royal, Fofana, Pavlovic, e persino Morata, che dai Colchoneros giunge come un eco lontano di guerre passate. Questi non sono solo nomi, sono maschere tragiche che devono indossare il rosso e il nero con la consapevolezza di essere gli eredi di un lignaggio glorioso. Questo Milan, è arrivato secondo, non può più permettersi di vivere all’ombra di nessuno, tantomeno di quell’Inter che ha dominato il campionato scorso ma che si è rifugiata in acquisti non di primo pelo, prendendo Taremi e Zielinski. Due che forse si accontentano di far ruggire un motore che comincia a tossire senza l’apporto di olio nuovo.

E allora il Milan non deve solo credere alla lotta scudetto, deve incarnarla, come un eroe che sa che la sua sfida è irta di ostacoli, ma che combatterà comunque, perché è la lotta stessa che dà senso alla sua esistenza. Fonseca è l’uomo chiamato a dirigere questa sinfonia, a tessere i fili di una narrazione che non può, non deve finire in sordina.

Si tratta di sapere, di sentire nelle ossa che la battaglia è qui, ora, e che il Milan, con la sua Storia e il suo presente, ha il dovere di reclamare il proprio posto tra le stelle. Questo Milan è l’attore principale, l’eroe tragico che deve combattere, non per il semplice gusto della vittoria, ma perché il destino lo ha chiamato a recitare questo ruolo, e non c’è altro modo di sfuggire al proprio destino se non affrontarlo.

Perché questo Milan non può e non deve sottrarsi alla chiamata del destino? Perché dallo scorso anno è stato portato avanti un restyling della rosa, rinvigorita e ringiovanita. La ciliegina sulla torta è il francese Fofana. Quest’ultimo non è solo un altro nome sulla lista, non è solo un volto nuovo per il centrocampo rossonero: è l’elemento che può davvero fare la differenza, che può trasformare un buon centrocampo in uno straordinario.

Immaginate il centrocampo del Milan come una sinfonia in diversi movimenti. Loftus-Cheek è la potenza, la fisicità che rompe le linee avversarie; Reijnders rappresenta l’armonia, il giocatore che orchestra il gioco con intelligenza tattica e passaggi calibrati; Bennacer, il cuore pulsante, capace di fare il lavoro sporco e al contempo di illuminare con la sua visione di gioco. E poi arriva Fofana, il contrappunto perfetto, il giocatore che aggiunge quel tocco di imprevedibilità e dinamismo. Naturalmente ne potranno giocare due, massimo tre, ma un reparto nevralgico così valido a livello qualitativo e così profondo non lo vantano in molti in Serie A…

Con l’arrivo di Fofana, il Milan ha aggiunto un giocatore che non solo si adatta perfettamente ai suoi compagni, ma che può elevare il loro gioco a un livello superiore. E in una stagione che si preannuncia lunga e complessa, tra Campionato, Champions League, Supercoppa Italiana e Coppa Italia, avere in squadra un giocatore come Fofana potrebbe essere il dettaglio che fa la differenza tra una buona stagione e una stagione memorabile.

C’è poi qualcosa di affascinante, quasi poetico, nell’idea di un calciatore come Álvaro Morata che arriva al Milan, portandosi dietro l’aria di Madrid e il peso di una carriera segnata da alti vertiginosi e bassi altrettanto pronunciati. Morata, a 32 anni, non è più un giovane prodigio, ma un uomo che ha attraversato la tempesta, uno che sa cosa vuol dire vincere, ma anche cosa vuol dire essere messo in discussione. Lo spagnolo è anche il giocatore che conosciamo bene: capace di lampi di genio, di quei momenti in cui sembra sfidare le leggi della fisica con la sua eleganza, ma anche di sparire dal campo, come un fantasma che si dissolve quando la squadra avrebbe più bisogno di lui. Jovic e Okafor non hanno finora dato garanzie eccezionali, pur avendo disputato una stagione più che decorosa. Morata ha dimostrato, ad ogni modo, di essere più sereno e rendere meglio quando non ha avuto grande concorrenza.

Paulo Fonseca è stato chiaro sul mercato: il tecnico portoghese ha chiarito che non arriverà più nessuno, di essere soddisfatto e che il suo Milan è da lotta scudetto. Queste parole sono state proferite alla vigilia della gara contro il Torino di Vanoli. Fonseca è uomo di calcio, lo respira e lo intuisce, e nel suo ragionamento non c’è l’ombra di arroganza, ma piuttosto una consapevolezza figlia di chi sa leggere tra le righe di una rosa ben costruita. L’ex tecnico della Roma è abbastanza scaltro da sapere che il nostro amato calcio si fonda su una verità lapalissiana: non prendere gol è il primo passo verso la vittoria. Se poi dietro c’è una difesa solida, che sa soffrire e sa uscire con eleganza, allora le ambizioni scudetto non sono più una chimera, ma una possibilità tangibile.

Conosce le insidie del campionato italiano, un torneo che ti logora e ti mette alla prova su ogni campo, dal più infimo al più glorioso. Eppure, l’intreccio di qualità e quantità nella sua rosa, unito a quella grinta che ha sempre contraddistinto le squadre vincenti, gli fa dire, non senza ragione, che il Milan può davvero lottare per il tricolore. Lo scorso anno questo Milan ha messo i primi tasselli per arrivare al trionfo. L’Inter vanta diversi top player e ha stracciato l’ultimo campionato ma si riparte da zero. I cugini non sono a fine ciclo ma sono consapevoli che i 94 punti della scorsa annata sono un traguardo probabilmente irripetibile nel breve e alcuni big hanno un anno in più.

Questo Milan è più giovane e l’entusiasmo è alle stelle. In pochissimi hanno vinto al primo anno. Fonseca non ha l’obbligo di scudetto ma è chiamato a macinare punti e a deliziare i palati fini di una tifoseria recentemente delusa da un gioco di Pioli troppo altalenante. In fondo, il calcio è una questione di dettagli, di piccoli margini che possono essere spostati a favore di chi ha il coraggio di crederci. E Fonseca, a quanto pare, ci crede. E fa bene.

BIO: VINCENZO DI MASO

Traduttore e interprete con una spiccata passione per la narrazione sportiva. Arabista e anglista di formazione, si avvale della conoscenza delle lingue per cercare info per i suoi contributi.

Residente a Lisbona, sposato con Ana e papà di Leonardo. Torna frequentemente in Italia. 

Collaborazioni con Rivista Contrasti, Persemprecalcio, Zona Cesarini e Rispetta lo Sport.

Appassionato lettore di Galeano, Soriano, Brera e Minà. Utilizzatore (o abusatore?) di brerismi.

Sostenitore di un calcio etico e pulito, sognando utopisticamente che un giorno i componenti di due tifoserie rivali possano bere una birra insieme nel post-partita.

Una risposta

  1. Ancora un bel pezzo Vincenzo con una esauriente disamina del recente passato Pioliano. Ora il testimone è passato dalla sua mano sapiente (fuorché i 6 KO di fila nei derby) a quella in evidente stato di maturazione del lusitano Fonseca. Inutile far finta di niente! Il Diavolo si è rinforzato in tutti i reparti e per giunta ha dalla sua una enorme riserva di linfa fresca cui attingere nei momenti di difficoltà, alias la giovanissima equipe di Milan Futuro?
    Dunque un Ritorno al Futuro come nella famosa pellicola?
    Me lo auguro, da Rossonero quale sono, di vero cuore… purché si battano ed una volta per sempre quei fastidiosi ” Libici” con la livrea Nerazzurra, costituirebbe una vitamica panacea per la cucitura della nostra tanto agognata seconda Stella!
    Un caro abbraccio.

    Massimo 48
    Nerazzurra

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