ANALISI DELLA 1^ GIORNATA DI SERIE A

La prima giornata di campionato, conclusasi con i roboanti successi di Juventus e Atalanta nella giornata di lunedì (che hanno sancito la momentanea leadership nella graduatoria di sabaudi e orobici in compagnia di Lazio e Verona), è risultata oltremodo intrigante e quanto mai foriera di tematiche, contenuti e spunti su cui è doveroso analiticamente soffermarsi per delineare al meglio un quadro globalmente già stuzzicante e variopinto.

Doveroso partire dalle convincenti prestazioni delle compagini di Thiago Motta e Gasperini, annunciate in difficoltà per problematiche simili e ironicamente vicendevolmente influenti: le rallentate evoluzioni concernenti le operazioni di mercato, su tutte il “caso” Koopmeiners che ha privato entrambe le formazioni dei servigi dell’olandese, sommatesi alle indisponibilità di alcuni uomini chiave (specie fra le fila bergamasche, sia per defezioni di natura esclusivamente fisica, sia per mal digeriti e forzati accantonamenti dovuti alle ormai insulse dinamiche appartenenti alle “trattative”, così come per la Juve, alle prese differentemente con diversi esuberi resi tali dalla scelte societarie), avevano indotto a credere che gli impegni contro Lecce e Como potessero risultare particolarmente insidiosi e altresì già decisivi, soprattutto per i bianconeri, per indirizzare le velleità stagionali.

Se l’Atalanta, in attesa di recuperare diversi elementi e di poter schierare i recenti nuovi arrivi, ha potuto far leva su un impianto collaudato e sciorinato alla perfezione dai veterani presenti in campo al “Via del Mare” (con i decisivi innesti nell’undici iniziale di Retegui e Brescianini, autori entrambi di una doppietta e dunque rivestitisi di un impatto devastante), la Juventus era chiamata a dimostrare la bontà delle idee riguardanti il nuovo ciclo, concettualmente e strutturalmente distanti, sideralmente, dalla gestione precedente.

Ebbene, l’Allianz ha assistito allo spettacolo di una squadra finalmente dominante, felicemente volta a far sì che l’incontro potesse essere determinato esclusivamente dalla propria ideologia, avvolgente, evoluta e, particolare non di poco conto, finalmente incurante di chi possano essere gli attori protagonisti di un impianto collettivamente tale da poter esaltare anche esordienti o vecchie conoscenze mestamente ridimensionate dalla “filosofia” puntualmente accantonata dal direttore sportivo Giuntoli.

Or dunque, nessuna preoccupazione nelle scelte anche se volte a schierare ragazzi in erba, nessuna sottolineatura varia di indisponibilità, nessuna sensazione di ridimensionare il materiale umano a disposizione, nessuna paura nel proseguire il proprio spartito e la propria convincente prestazione nonostante defezioni a gara in corso come quella di Weah, autore della seconda rete, che hanno ulteriormente catapultato in campo un altro elemento della Next Gen.

A testimonianza di cosa voglia dire allenare, regalare certezze individuali e collettive, donare sicurezze ed innalzare il livello di chiunque attraverso la consapevolezza di un gioco cui fare riferimento. Il tutto al cospetto di un Como semplicemente da lodare nella volontà di perpetrare la propria identità sin dall’esordio sul campo storicamente più significativo per antonomasia del panorama nazionale, con l’indiscussa proposta da attuare in sede di costruzione dal basso ( brava la Juve a non offrire la potenziale inferiorità numerica facendosi attrarre dalla gestione del pallone di Reina, volta a trovare sempre il terzo uomo e a godere, per l’appunto, di una futura superiorità individuale e territoriale nello sviluppo dell’azione) e tatticamente preciso: ha ragione Fabregas a parlare di differenze finali dettate dalla qualità individuale più che da defaillance interpretative.

Se Juve e Atalanta hanno dunque rappresentato le note liete fra le squadre di alta classifica (con la Lazio che, seppur non direzionata verso i medesimi obiettivi delle più autorevoli coinquiline al primo posto, ha domato il Venezia evidenziando la bontà di un progetto basato sulla sagacia e sulle capacità dell’ottimo Baroni, su questo blog ed in questa sede già più volte esaltato), sono costrette a leccare parzialmente le ferite Inter e Milan.

I campioni d’Italia hanno visto sfumare il successo sul campo del Genoa a pochi istanti dallo scadere, successivamente ad una prova complessivamente sufficiente ma decisamente opaca in alcune espressioni individuali. La sensazione è stata quella di una squadra ragionevolmente conscia delle proprie certezze, concettualmente capace di sciorinare il proprio calcio per occupazione degli spazi, tempi di gioco e sviluppo della manovra, ma generalmente ridimensionata dalla condizione attuale non ottimale e da elementi giustificatamente lontani non solo dalle proprie vette apicali bensì dal proprio standard, come Lautaro, Calhanoglu, Mkhitaryan, Di Marco e Sommer, colpevole sulla rete dell’iniziale vantaggio ligure e globalmente insufficiente nonostante il rigore neutralizzato e poi ribadito in rete da Messias.

Per Inzaghi il compito principale sarà quello di mantenere alte fame e voglia di primeggiare al fin di tentare di intraprendere la strada sinora percorsa dalla sola Juventus negli ultimi quindici anni in termini di successi consecutivi: non basterà nei prossimi incontri aggrapparsi ad un Thuram straripante, i cui margini di miglioramente lasciano ragionevolmente supporre possa divenire un profilo decisamente, ulteriormente, completo e determinante, da annoverare fra i top player continentali.

Ed eccoci al Milan. Beh, da dove iniziare: parrebbe inevitabile dire, in termini d’immediatezza riflessiva, che Fonseca abbia peccato d’entusiasmo, sulla scia di un precampionato a dir poco positivo, schierando una formazione non solo contemporaneamente priva di diversi elementi imprescindibili ma tatticamente a dir poco rivedibile. Al di là di insufficienti prestazioni individuali, inaspettate nelle modalità viste di scena lo scorso sabato, è stato azzardato rinunciare contemporaneamente a Morata, Theo, Rejinders e forse allo stesso Gabbia (in attesa di Pavlovic).

E se la giustificazione a posteriori pare immediata e plausibile ( si trattava di giocatori che non potevano far leva su un adeguato minutaggio e che, anzichè sostituire dal campo, si è preferito far subentrare nella speranza che l’incontro fosse già indirizzato), desta più perplessità essersi presentati, con i tre punti in palio e al cospetto di una formazione tatticamente evoluta (solo chi non conosceva Vanoli, per anni nello staff di Antonio Conte e reduce dal campionato di Serie B vinto ai play-off con il Venezia, avrebbe potuto supporre il contrario), osando al punto tale da schierare Saelemaekers (verosimilmente il migliore della pre-season assieme a Chukwueze) terzino sinistro sulla fascia di competenza di uno straripante Bellanova (dichiaratosi a posteriori felice di non aver letto il nome di Theo Hernandez nella distinta delle formazioni ufficiali), con Loftus-Cheek in mediana e l’intero plotone offensivo sulla linea della trequarti alle spalle di uno spaesato e sempre più non all’altezza Jovic.

Il problema principale del Milan nella scorsa stagione è stato, come noto, costituito dalla fragilità in termini di filtro a sostegno della linea difensiva, di per sè carente a causa di rendimenti individuali non propriamente sublimi: è per questo che è stato acquistato Fofana e si è puntato su un marcatore puro come Pavlovic, che si esalta sull’uomo e nel corpo a corpo e non difetta in carattere e personalità. E’ per questo che verosimilmente Chukwueze, quando esaurirà la spinta derivante da una convinzione mentale frutto dell’ottima estate di cui si è reso protagonista, lascerà i galloni della titolarità sulla trequarti a favore di Loftus-Cheek con lo spostamente nuovamente di Pulisic sul versante destro. E’ per questo che il primo equilibrio da costruire avrebbe dovuto essere rappresentato dalla volontà di non subire concettualmente ciò che era imputato al Milan nelle ultime due stagioni.

Con l’incertezza relativa al rendimento di Thiaw (evidentemente mentalmente ancora non pronto al salto di qualità), in attesa di Fofana, contro una squadra collettivamente già istruita ed individualmente di buon livello, “concedere” di poter essere offesi lì dove poteva essere inevitabile accadesse in virtù delle reminiscenze note è stato rischioso e altresì puntualmente punito.

La bontà delle sostituzioni, una rosa che al completo pare notevole, la qualità individuale e la voglia messi in campo negli ultimi minuti hanno fatto sì che l’incontro fosse quanto meno parzialmente portato a casa. Sarà fondamentale accantonare la falla principale, biecamente perpetrata, se l’intento, come da dovere, è quello di puntare alla vittoria del titolo.

La ricerca di filtro ed equilibrio sarà la discriminante decisiva per la stagione rossonera, di per sè non facile da suggellare nonostante Fofana e Pavlovic in virtù di una squadra per vocazione tesa ad una fase offensiva prevaricante.

Altro punto di domanda: Emerson Royal e, come noto, Theo Hernandez, sono profili di notevole spinta, indicativamente molto più idonei a padroneggiare da quinti l’intera fascia. Risulterà proficuo aver costruito una squadra sì forte ma molto sbilanciata nelle caratteristiche? Riusciranno Fofana e Pavlovic a mascherare le lacune degli ultimi due anni? Considerando altresì l’incertezza relativa al rendimento di Tomori? Riuscirà Rejinders a mitigare le sue discese palle al piede, a onor del vero belle da vedere e decisive, per supportare maggiormente lo schermo del neo acquisto francese? Servirà lavorare e non cavalcare un entusiasmo che ancora non può basarsi su alcuna certezza.

Di sicuro, a livello nominale, il Milan può fare paura. Per chiudere: convincenti la prestazioni del giovane ed intenso Parma di Pecchia e del Bologna di Italiano, entrambi meritevoli di una vittoria, non arrivata, contro Fiorentina e Udinese. Blando l’esordio della Roma, alle prese con la grana Dybala.

Semplicemente scioccante l’esordio del Napoli di Conte, sopraffatto, dopo un buon primo tempo, dal Verona di Zanetti (e di Sogliano, da tempo uno dei migliori direttori sportivi, in grado di individuare e quasi mai sbagliare elementi sconosciuti e autore del miracolo della scorsa stagione assieme al già citato Baroni): ciò che preoccupa maggiormente l’allenatore salentino, e che era emerso nella prima gara ufficiale della stagione contro il Modena in Coppa Italia (e vinta soltanto ai calci di rigore) , è la pressochè nulla propensione ad una mentalità dominante e vincente di una compagine eppur campione d’Italia non più tardi di un anno e mezzo fa.

Il decimo posto della scorsa annata ha sottolineato quanto, seppur influenzati dall’euforia derivante dalla vittoria del tricolore in una piazza non propriamente abituata ad archiviare tutto per pensare al trionfo successivo, i giocatori abbiano probabilmente vissuto l’apicale vetta delle proprie performance nell’anno dello scudetto.

Non è il valore individuale a spaventare Conte (che in carriera ha ampiamente dimostrato di condurre ben oltre i propri limiti le compagini allenate e di instillare ed instaurare una mentalità vincente pressochè ineguagliabile), visibilmente perplesso prima e dopo l’incontro contro gli scaligeri, ma l’assenza di una reazione dinanzi alle difficoltà.

Difficoltà che il Napoli ovviamente sarà chiamato ad affrontare più volte nel corso dell’annata. La verità è che, probabilmente, con un altro timoniere nessuno avrebbe accostato i partenopei alla potenziale vittoria del titolo (facendo altresì leva sull’intera settimana a disposizione per preparare gli incontri di campionato).

Liquefarsi come accaduto al Napoli nella ripresa, per giunta alla prima di campionato (notoriamente psicologicamente enfatica di per sè) senza periodi negativi alle spalle, significa non aver minimamente appreso l’identità della guida tecnica. Alla quale, con plurime dimostrazioni in tal senso alle spalle, sarebbe ingeneroso attribuire una mancata capacità di aver trasmesso in un mese di ritiro la propria anima.

BIO: ANDREA FIORE, con DIEGO DE ROSIS, gestisce la pagina INSTAGRAM @viaggionelcalcio.

4 risposte

    1. La ringrazio vivamente sia per i complimenti, sia per aver espresso il suo pensiero successivamente alla lettura. Alla prossima!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *