COSTACURTA E IL BILLY CHE PENSAVO DI CONOSCERE

Una conversazione, non un’intervista. Spontanea nelle domande del conduttore, il vicedirettore Omar Schillaci, sincera nella risposte dell’interlocutore Alessandro Billy Costacurta. Quasi a braccio, senza scaletta, una parola, una frase portano a quella successiva nonostante la preparazione di alcune clip: “Il buio oltre la siepe” (libro preferito), “La febbre del sabato sera” (da giovane amava il ballo), “Tranquillo” dei Sottotono, la canzone d’amore con Martina Colombari. E qualche altra. 

“Stories” (SkyTg24) rivela nell’episodio “Difendimi per sempre” un Costacurta sconosciuto al pubblico, cui appare da sempre come un nobile che ogni mattina scende da un quadro di famiglia, cammina in mezzo al mondo e la sera vi risale. Aspro qualche volta, insofferente, di solito prudente e chiuso nel socializzare. Mi aiuta l’amicizia ormai quasi quarantennale, l’esserne il testimone di nozze, aver ricevuto attestati di affetto molto vicini a una fratellanza, la condivisione di valori ferrei con vedute talvolta differenti, anche distanti. E un rispetto estremo. Ecco perché lo so sincero in questo ritratto televisivo, per quanto inedito, a tratti sorprendente.

E’ diventato paziente aiutato dall’incedere del tempo, dall’inedita quotidianità. Si nutre di emozioni che in tutto questo tempo mi erano parse invece scivolargli via qua e là. Il Billy che conosco io è un uomo stabile, capace di metabolizzare gli eventi nella gioia come nel dolore, misurato nelle feste e nei tormenti, legato a princìpi solidi con un’ottica severa su sé stesso, i suoi limiti e i suoi difetti, sicché spietato nei confronti di quelli altrui. Da qui la selezione naturale nei legami, nelle frequentazioni, in quei cordoni ombelicali che sono stati il Milan, Martina, un gruppo di amici, la sua carriera di opinionista a Sky. Anche se, confessa, la tentazione di cambiare lo ha sfiorato: il Milan per gli Stati Uniti, per esempio, quando il club rossonero lo aveva congedato salvo poi richiamarlo in fretta e furia. 

“Il buio oltre la siepe” grazie a un maestro scolastico che amava, essendo un bravo studente. “La febbre del sabato sera” sognando di ballare come John Travolta, salvo poi smettere quando – riconoscibile – lo prendevano in giro e soprattutto a causa del due di picche da parte di un’aspirante fidanzatina. “Mediterraneo”, proprio per quella voglia di fuggire cui non si è mai abbandonato, con qualche piccolo rimpianto. 

E le emozioni, soprattutto. Quelle camminate dal centrocampo al dischetto del rigore molto più che una vittoria, un trionfo o una sconfitta cocente. Non spoilero altro perché se avete voglia di conoscere un personaggio, un uomo particolare entrato nella storia più alta del nostro calcio, vale la pena di guardarsi una mezz’ora passare via come un refolo di vento.

Ricordo che nelle prime trasferte a seguito del Milan di Sacchi, mi colpiva vederlo leggere – in aereo o in treno – i quotidiani politici, o un libro. Aveva poco più di 20 anni. Parlammo un giorno di musica e gli citai la mia passione per Burt Bacharach che lui non conosceva: “Vieni a un concerto allo ‘Smeraldo’, ti stupirai nel riconoscere quanti brani famosi ha scritto”. Da quella sera è nato un rapporto che mi ha regalato il fratello mai avuto, più coerente e responsabile di me, un completamento ideale, una toppa spontanea nelle mie imperfezioni. Uno che non ha mai accettato il verbo “giocare” a calcio, intendendolo come un mestiere, essendovisi applicato con abnegazione per sopperire a una tecnica, o a un talento, che non si riconosceva non per falsa modestia. 

Vissi con lui l’estate della crisi con Martina, che se non ricordo male (ma anche lui in “Stories” ha fatto un po’ di casino con qualche data…) coincise con l’allontanamento dal Milan. Lo accompagnai a Milanello a svuotare l’armadietto in un viaggio mesto e silenzioso, ero arrabbiato e lui no: “La società ha il diritto di fare le sue scelte”, mi aveva detto. Potei solo immaginare cosa avesse dentro, senza chiedere. Ero con lui anche la notte in cui Vittorio Mentana, team manager del Milan, telefonò per annunciargli che Galliani voleva rimetterlo sotto contratto. 

Calcisticamente, gli devo poche primizie assolute quando ancora giocava: io chiedevo poco, lui rispondeva ancora meno, ma dopo l’arrivo in rossonero di Reiziger e Davids, poi Bogarde e Kluivert nel ’96 e nel ’97, mi ripetè la stessa frase (“Questi non ci faranno vincere niente”). Al contrario, dopo soli 3 o 4 giorni dall’acquisto di Kakà, mi telefonò una sera dal ritiro e mi disse: “Questo ci fa vincere lo scudetto”. E’ stato il mio lasciapassare per i rapporti stretti negli anni con tanti altri suoi ex compagni, perché se eri amico suo voleva dire che ci si poteva fidare.   

I milanisti oggi lo amano meno, a causa di sue prese di posizioni drastiche. Ho dovuto spiegare molte volte come sia uno che non si è mai bastato, figuriamoci nei confronti di un decadimento repentino come quello sofferto dal club negli ultimi anni. Nonostante lo scudetto. “Dovete sapere che uno che sta con Martina Colombari da 30 anni”, ho detto una sera a un gruppo di tifosi, “ha sempre bocciato tutte le mie fidanzate… Fate voi l’equazione”. Eppure se non vede una partita del Milan, ancora oggi chiede in prima persona plurale: “Come abbiamo giocato?”, perché le origini e i legami sono in testa a tutto anche se ovviamente imparagonabile a quello con il padre, la madre, i fratelli, gli zii, per un certo periodo di tempo tutti insieme in un’unica palazzina nel varesotto. 

C’è un passaggio finale molto schietto sul rapporto con il figlio, una presa di coscienza esposta in maniera pacata ma che arriva dritta al petto, suscitando riflessioni profonde. Ho intervistato Billy molte volte, ci siamo confidati su un’infinità di cose, sappiamo (credevo di sapere) tutto l’uno dell’altro, eppure nell’intimità di un’amicizia così lunga raramente lo avevo visto nudo, sereno, disponibile come da Schillaci. E ne sono sollevato per le partite della sua esistenza che sta continuando a giocare ogni giorno. 

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

18 risposte

    1. Un bel salotto attorno alla persona di Billy Costacurta perfettamente descritto dal nostro Luca Serafini che ha voluto esoressamrnte sottineare alcuni aspetti di vita a noi sconosciuti del gran difensore rossonero.
      Un caro saluto.

      Massimo 48

  1. Il mie ricordi di Billy sono diversi , la educazione che aveva con lo staff , lui entrava in fisioterapia e chiedeva “per favore posso avere un massaggio?” Non era da tutti lui Paolo e pochi altri .Un giorno discute con un giocatore importante e gli chiede di pulire il lavandino dopo che si era fatto la barba , il giocatore sorpreso gli replicò “ ma ci sono le donne delle pulizie “ e Billy gli disse “ appunto per questo bisognaa rispettare il lavoro degli altri , confesso che lo ammirai molto ,per questo l ‘ altro ricordo l estrema freddezza a Yokohama ,prima della finale col Boca ( Nesta era infortunato) lo stavo preparando riscaldando e lui mi raccontava un episodio io ero alle prime armi ero tesissimo , gli dissi “ Billy ma cazzo non sei teso ?) ricordo benissimo che alzo la testa e mi disse teso di cosa? Per dire la sua freddezza , credo che sarebbe stato un ottimo Sniper . Una bella persona comunque

  2. Per me Luca Serafini è il migliore giornalista al di là del tifo per la squadra di calcio che ci sia , l’unico che mi ricorda i grandi del passato. Mi piacerebbe averlo come amico perché mi piace il suo modo di dire le cose non solo calcistiche

  3. Bel racconto come sempre Luca, complimenti. Non ricordavo assolutamente il passaggio del Milan che lo aveva allontanato.. Non lo ricordavo proprio. 🤔

  4. Ho avuto la fortuna di parlare con Billy prima di un derby e nonostante la tensione per la partita molto gentile.Ho invece incontrato Luca alla presentazione a Varese del suo fabuloso😂libro Top tutti e due🤗

  5. Ne esce un bel. Ritratto di Billy,buon x lui…le emozioni alla base anche di lui,non e’ sorprendente,neppure casuale
    …un po’ coraggio in più nel dire pane al pane,vino al vino,sarebbe gradito,nelle analisi partite Milan…un gran salutoe abbracci a Filippo Galli e Luca Serafini

  6. Gran bel pezzo e gran bel ritratto di Costacurta. Complimenti davvero. Va al di là delle doti di un giornalista: anche a parità di esperienza non tutti sono capaci di scrivere così.

    1. Repetita iuvant (gesti tenici a parte) diceva qualcuno caro Adriano. Non so se Luca vorrà risponderti ma, per quel che mi riguarda, lo esorto a scrivere altri articoli come questo.

  7. Che dire, quando leggi queste cose raccontate in questo modo rimani lì a riguardare le ultime parole e chiederti” è già finito?”

  8. Ho visto l’intervista di Schillaci a Costacurta. Mi ha commosso. Mi sono immedesimato nell’uomo: marito, padre e figlio. Cose vere come il rapporto con il figlio e la difficoltà che gli adolescenti vivono in questa società che si sta dimenticando sempre più di loro. Aver letto l’articolo di Luca mi ha fatto rivivere le emozioni dell’intervista. A volte, dal punto di vista giornalistico, è difficile. Intervenire dopo l’intervista di Omar Schillaci era compito arduo. Luca Serafini lo ha superato a pieni voti. Da collega (piccolo piccolo) devo inchinarmi. Grazie.

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