ERIKSSON E IL MILAN: UN INCROCIO MAI BANALE

Siamo solo alla terza giornata di campionato e già ci sono partite che contano. Il prossimo match è un crocicchio insidioso che può incanalare sulla retta via una stagione iniziata così così per la Lazio, male per i rossoneri, dai quali ci si attendeva qualcosa di più.

Lazio-Milan assume quindi un’importanza strategica, soprattutto per il povero Diavolo, che aveva illuso durante le vacanze estive ma che al rientro tra i banchi di scuola è sembrato involuto, slegato, senza idee.

Lascio ad altri le analisi perché mi piace in questa sede fare riferimento a Sven Goran Eriksson che è venuto a mancare in questa settimana, dopo una malattia che non gli ha lasciato scampo. È stato un grande allenatore, che ha saputo portare anche in Italia la sua idea di calcio offensivo. Ha vinto tanto, perso abbastanza, ma l’ha fatto con la sua inconfondibile personalità, un aplomb da vero signore del Nord. Lazio-Milan è la sua partita, molto più di un crocevia nella sua carriera.  Eriksson ha tante volte incontrato il Milan. Era lì sull’altra panchina, quella della Fiorentina, quando metteva in dubbio i principi del filosofo di Fusignano nella seconda giornata di campionato della stagione 1987/1988, un blitz firmato Ramon Diaz e Baggio. Unica sconfitta sul campo per gli uomini di Sacchi che, non solo mangiò il panettone durante il Natale 1987, ma che stappò la bottiglia dello scudetto numero undici a fine stagione. Il buon Sven era lì a imbrigliare il Milan a Vienna nel 1990 nella finale di Coppa dei Campioni.

Una partita dura, bloccata, risolta dal guizzo di Frank Rijkaard. Questa volta sconfitto, ma a testa alta. Eriksson ha anche allenato il tulipano nero Ruud Gullit nella stagione 1993/1994. A Genova i blucerchiati si imposero nella partita di andata per 3 a 2, un incontro che è ricordato per l’esultanza smodata di Gullit e per la rimonta sampdoriana. Mai vittorie banali, tutte significative, anche quando non portavano a un successo finale nel campionato.

Il passaggio alla Lazio di Sergio Cragnotti ha segnato il momento più alto della carriera di Eriksson e le sfide contro il Milan di Capello prima, di Zaccheroni poi sono state sempre importanti.

Tre partite, a mio parere, meritano di essere ricordate, perché decisive nel percorso delle due squadre.

Il 29 aprile 1998 Milan e Lazio si affrontarono per il ritorno di Coppa Italia. All’andata si era imposto il Milan con una rete allo scadere di George Weah su un lungo assist di Sebastiano Rossi (andatelo a vedere). Al ritorno il gol di Albertini su punizione indirizzò la coppa verso Milano. Ma Eriksson tirò fuori dal cilindro il cambio di Guerino Gottardi che pareggiò e rimise in corsa i biancocelesti. Tre minuti dopo Jugović su rigore segnò il due a uno. Il Milan provò a resistere ma dagli sviluppi di un calcio d’angolo il ventiduenne Alessandro Nesta in mischia segnò il suo primo gol (e unico!) con i biancocelesti. La Lazio vinse la sua seconda Coppa Italia, la terza per Sven Goran Eriksson. Il Milan naufragò definitivamente qualche giorno più tardi con la Roma all’Olimpico, un 5 a 0 dopo il quale Capello alzò bandiera bianca e si scusò con società e tifosi per la stagione al di sotto delle aspettative.

Il 3 aprile 1999, sabato di Pasqua, Lazio e Milan si affrontarono per la XXVII giornata di campionato. Erano i giorni della guerra in Kosovo e la Lazio era lanciatissima alla conquista del secondo scudetto, avendo segnato un solco importante tra sé e le sue inseguitrici. Il Milan, invece, veniva da una serie di risultati utili ma da un pareggio difficile con il Bari in casa e cercava punti importanti per la zona Champions League. La Lazio sapeva di avere un match point per uccidere il campionato e partì subito forte, mettendo il Milan alle corde. Fu anche annullato un gol a Vieri. Molto dubbia la decisione dell’arbitro.

La squadra di Zaccheroni, alla sua prima stagione con i rossoneri, resistette e nel secondo tempo sfiorò addirittura il colpaccio con Ambrosini. A fine partita tutti contenti: il Milan otteneva un punto importante per l’accesso nella nuova Champions League, la Lazio rafforzava il suo primato. Lo stesso Eriksson ostentò sicurezza: era mancato soltanto il gol e non c’era nessuna preoccupazione per il prosieguo del campionato. Invece, dopo quel pareggio, cominciò la grande rimonta del Milan che sfruttò il doppio passo falso della Lazio nel derby e contro la Juventus e che perfezionò il sorpasso alla penultima giornata con la vittoria in casa sull’Empoli per 4 a 0 e per il contemporaneo pareggio dei biancocelesti a Firenze.

Sei mesi dopo all’Olimpico un Milan scudettato e ancora imbattuto affrontò la Lazio per la rivincita. Andò di scena una delle più belle partite della storia della Serie A. Grandi protagonisti Andrij Shevchenko autore di una tripletta e Marcelo Salas che fece due gol. Il match si aprì con la rete di Veron dopo 18’. L’autogol di Mihajlović illuse i rossoneri che dovettero incassare il break biancoceleste, a segno con l’autorete di Abbiati e il gol del matador Salas. Poi salì in cattedra Sheva che realizzò la sua prima tripletta con il Milan. A chiudere le marcature per il 4 a 4 finale fu Salas. Una partita che si disputò all’inizio del campionato che la Lazio avrebbe vinto grazie all’acquazzone di Perugia, un diluvio in cui naufragarono le certezze della Juventus di Ancelotti, sconfitta da una rete di Calori. E all’Olimpico fu festa!

Il calcio toglie, il calcio dà e così un anno dopo aver perso uno scudetto praticamente vinto, Eriksson poté festeggiare lo storico titolo che tornava nella Capitale, sponda biancoceleste, ventisei anni dopo quello storico di Maestrelli e della compagnia Chinaglia, con la Lazio forse più forte di sempre che vinse anche la Coppa Italia. Per il Milan la stagione terminò con il terzo posto, con la qualificazione alla Champions League e con molti rimpianti.

BIO: VINCENZO PASTORE

Pugliese di nascita, belgradese d’adozione, mi sento cittadino di un’Europa senza confini e senza trattati.

Ho due grandi passioni: il Milan, da quando ero bambino, e la scrittura, che ho scoperto da pochi anni.

Seguire lo sport in generale mi ha insegnato tante cose e ho sperimentato ciò che Nick Hornby riferisce in Febbre a 90°: ”Ho imparato alcune cose dal calcio. Buona parte delle mie conoscenze dei luoghi in Gran Bretagna e in Europa non deriva dalla scuola, ma dalle partite fuori casa o dalle pagine sportive[…]”

Insegno nella scuola primaria, nel tempo libero leggo e scrivo.

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