IL BRINKMANSHIP NELLE SCELTE DEL MILAN

Il gong del calciomercato è suonato da pochi giorni e il Milan ha effettuato qualche operazione sul calare del sipario. Alexis Saelemakers ha lasciato Milanello per accasarsi a Trigoria mentre Tammy Abraham ha compiuto il percorso inverso.

Nel calciomercato di quest’anno, il Milan ha giocato una partita di brinkmanship con la sfrontatezza di chi conosce bene la “finestra di Overton”. È la soglia, quel limite labile tra ciò che è politicamente accettabile e ciò che non lo è ancora, ma potrebbe presto diventarlo. Un confine che i dirigenti rossoneri, come dei funamboli senza rete, hanno deciso di attraversare senza timori. Il succitato scambio dell’ultimo giorno tra Saelemaekers e Abraham ne è una prova: un trasferimento che ha rischiato di sfumare, ma che alla fine si è concretizzato come una mossa di scacchi ben ponderata.

E non è finita qui: lo stesso Milan ha posto un ultimatum a Rabiot, un “ora o mai più” sussurrato a mezza voce, sapendo bene che il sipario del mercato saudita sarebbe calato il 2 settembre. Ma poi ha deciso di tenersi stretto Bennacer, sacrificando il francese sull’altare delle strategie e delle opportunità. Un atto deliberato di resistenza contro le logiche delle casse dell’Arabia Saudita, che potevano offrire cifre astronomiche. Una scelta, quella di trattenere l’algerino, che racconta di una visione più lunga, forse più lungimirante. D’altronde l’ex Empoli è più giovane rispetto al francese e il suo ingaggio pesa meno a bilancio.

E nella recente sfida contro la Lazio, un’altra dimostrazione di questo “gioco al limite”: Fonseca ha lasciato Theo Hernandez e Leao in panchina, per motivi disciplinari, salvo poi richiamarli in campo nella ripresa. Una scelta che sa di ammonimento, che sembra voler dire: “Qui nessuno è intoccabile”. Fonseca, uno che il coraggio di prendersi rischi lo ha sempre avuto, sceglie di tracciare una linea. Una scelta che sorprende e divide, in un calcio spesso prigioniero delle sue gerarchie, delle sue certezze.

Durante il cooling break, quando ci si aspetterebbe che si avvicinassero al gruppo, a Fonseca, ai compagni, i due si sono allontanati deliberatamente. Un gesto silenzioso, ma assordante. Una fuga, forse, dall’idea stessa di squadra, di appartenenza. E qui, il calcio diventa davvero una sceneggiatura di un film da Oscar: due talenti che sembrano smarrirsi nei loro stessi privilegi, nella loro stessa insubordinazione. Fonseca, uno che viene dal fado e dalla saudade, sa che non c’è amore senza conflitto, non c’è bellezza senza imperfezione. E chissà se, alla fine, questa frattura sarà il punto di svolta, o solo un altro capitolo di una storia milanista che, come tutte le grandi storie, è fatta di passioni, errori e riscatto. Nessun calciatore è più grande della storia del Milan. Non Baresi, non Van Basten, non Rivera. Figuriamoci Theo Hernandez e Leao.

Ecco, il Milan di oggi ha deciso di mettere sotto pressione sé stesso prima ancora degli avversari, di giocare su un crinale dove il rischio di precipitare è alto, ma la prospettiva del successo ancora più esaltante. Una strategia che guarda alla “finestra di Overton”, sapendo che la differenza tra il trionfo e il fallimento spesso è questione di un solo passo… sempre al limite. Ora però la piazza esige punti e prestazioni nel derby, contro il Liverpool e, ancor prima, nella gara contro il Venezia fanalino di coda.

BIO: VINCENZO DI MASO

Traduttore e interprete con una spiccata passione per la narrazione sportiva. Arabista e anglista di formazione, si avvale della conoscenza delle lingue per cercare info per i suoi contributi.

Residente a Lisbona, sposato con Ana e papà di Leonardo. Torna frequentemente in Italia. 

Collaborazioni con Rivista Contrasti, Persemprecalcio, Zona Cesarini e Rispetta lo Sport.

Appassionato lettore di Galeano, Soriano, Brera e Minà. Utilizzatore (o abusatore?) di brerismi.

Sostenitore di un calcio etico e pulito, sognando utopisticamente che un giorno i componenti di due tifoserie rivali possano bere una birra insieme nel post-partita.

4 risposte

    1. “… sapendo che la differenza tra il trionfo e il fallimento spesso è questione di un solo passo…”
      Bellissima locuzione di stampo Breeriano ma che identifica al millimetro l’attuale situazione di tutto il Circo Milan!
      Chapeau Vincenzo !!!

      Un caro saluto

      Massimo 48

  1. Si ok. Se poi mi spiegate il senso di prendere questa strada. Il brivido?! La strafottenza?! La taccagneria?! Forse una società come il Milan avrebbe avuto bisogno di solidità e profili validi a tutti i livelli non scommesse da roulette russa.

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