IL CALCIO NELLA CITTÀ BIANCA

Camminare per Belgrado è un relazionarsi continuo con la storia dei Balcani, un passato fatto di dominazioni ma anche di un profondo spirito di inclusione, obbligato o meno dalla retorica dello Jedinstvo i Bratstvo (Fratellanza e Unità), che le guerre civili degli anni 90, hanno drammaticamente taciuto.

Facile imbattersi ancora oggi in luoghi di culto diametralmente opposti, come una moschea o una chiesa cristiana. Un tempo sorgeva una sinagoga sefardita, poi distrutta dai tedeschi durante l’occupazione militare a seguito dell’Operazione Castigo avviata il 6 aprile 1941. Questa mistura di stili architettonici e urbanistici si rivela anche nei sapori della cucina serba, nell’inconfondibile odore del roštilj, la carne alla brace, un effluvio che entra nelle narici e solletica l’acquolina e che ti induce a fare una capatina nelle kafane, le taverne tipiche, dove di solito si finisce per accompagnare il cibo con del buon vino e digerirlo con della rakija. E ti capita pure di accomodarti nel posto dove grandi uomini, al tempo anche grandi buontemponi, hanno bevuto i loro lunghi caffè turchi o gustato i dolci della mitteleuropa, come può accadere all’Hotel Moskva, luogo di pertinenza di Ivo Andrić, Nobel per la letteratura nel 1961 e autore del Ponte sulla Drina, dove una targa vi dice che lì sedeva, proprio dove voi siete.

Se vi addentrate nei quartieri popolari, dove la gente vive e combatte per una vita non sempre facile, potete trovare i campi di basket e di calcio all’aperto frequentati da tanti ragazzi che ogni pomeriggio li calcano per ricominciare a riscrivere la storia dei due sport più popolari, perché è lì che tutto ricomincia, sul ruvido e plebeo asfalto che forgia la materia grezza di futuri campioni.

Il fudbal, il calcio quello di altissimo livello, è una questione di quartiere nella Città Bianca (Beo-grad città bianca) e caratterizza la vita dei suoi abitanti, lo anima con la forza con il quale solo il gioco del pallone può dare. Tante sono le squadre di calcio di Belgrado, a tal punto che la terza serie ha un girone composto solo da formazioni cittadine. Tanti club hanno lasciato il segno nella massima serie e non solo.

Mi piace iniziare questo percorso turistico e calcistico da un quartiere popolare che ben conosco e che è anche il luogo dove gioca la squadra di pallanuoto del Partizan Banjica, dove non è difficile imbattersi in un murales di Filip Filipović, stella della vaterpolo. I Pet Solitera e l’ospedale militare fanno da sfondo ad un quartiere frenetico e ricco di pijace, i mercati rionali. Durante la seconda guerra mondiale sorse, ahinoi, un campo di concentramento.

Qui esiste, e resiste mi verrebbe da aggiungere, un piccolo club, il Rad FK, che gioca in uno stadio di quartiere. Nella stagione 1989/1990 aveva persino conosciuto l’ebbrezza dell’avventura europea in Coppa UEFA, eliminato dall’Olympiakos al primo turno. La squadra è precipitata ora nelle serie inferiori. Una sorte simile era toccata all’OFK Beograd, l’Ofka, uno dei club più prestigiosi non solo di Serbia, ma dell’ex Jugoslavia. Lo stadio si trova nel vecchio quartiere industriale di Karaburma, terreno sul quale hanno giocato grandi calciatori, tra i quali, in tempi più recenti, Ivanović e Kolarov. Il nome del quartiere di origine turca racconta di un luogo dove venivano eseguite dagli ottomani le condanne a morte. I Romantičari hanno vinto cinque campionati di Jugoslavia e cinque coppe jugoslave, raggiungendo i quarti di finale di Coppa delle Coppe nel 1963, persi contro il Tottenham, e la stessa posizione nella stagione 1972/1973 di Coppa UEFA, eliminati dagli olandesi del Twente. Quest’anno sono tornati in Superliga e stanno ottenendo buoni risultati. Lo Stadio Omladinski sorge nel quartiere, a due passi dal Danubio, uno dei due fiumi della città ed è una realtà viva in un quartiere di 50000 abitanti.

Una squadra che in questi anni si è affacciata sulla scena europea e che nel 2014-2015 ha vinto pure la Coppa di Serbia è il Čukarički, squadra del secondo municipio della Capitale e sede di questo piccolo club. Topčider, Ada Ciganlija e Košutnjak sono le attrazioni principali del quartiere dove è situato pure il piccolo stadio dei bianconeri, chiamati Čuka o Brđani (gli alpinisti).

Altro piccolo klub ma presente in un grande quartiere è il Vožvodac che gioca le sue partite in…un centro commerciale. Il Bojan Majić Stadion, o più volgarmente chiamato Tržni Centar Stadion (stadio del centro commerciale), è il terreno di gioco dell’omonima squadra che ha ottenuto importanti licenze per gli incontri delle coppe europee ed è uno stadio modernissimo. Nonostante queste prestigiose licenze, i risultati del Vožvodac sono sempre stati modesti. Quest’anno la squadra gioca in Prva Liga, la serie B del calcio serbo.

Se vi capita di fare un salto al Narodni Muzej, il museo nazionale, incapperete in un quadro che vi mostra la costruzione di Nuova Belgrado, la zona più nuova e in espansione della Capitale serba, dove grigi palazzi in stile socialista, architetture audaci come quella del palazzo Geneks e nuovi blokovi residenziali affermano la volontà della città di andare oltre i suoi confini. Dalla scorsa stagione gioca in Super Liga il Fudbalski Klub IMT, la squadra dell’industria di macchinari e trattori, che disputa le sue partite nel minuscolo omonimo stadio di circa 1200 posti. Questa società, a lungo relegata nelle serie minori, è riuscita a fare il balzo storico nel 2022/2023 quando è salita in Super Liga.

Ma Belgrado è Belgrado anche per la presenza dei due klubovi più importanti non della città bianca, ma degli interi Balcani, che hanno segnato la storia e che si giocano ogni anno la supremazia cittadina e non solo. Il Veciti Derby, il derby eterno, infuoca ogni anno la città nei pressi dell’Autokomanda che si ritrova a ridosso dei quartieri storici di Vracar e Vožvodac.

Stiamo parlando ovviamente di Crvena Zvezda e del Partizan che sono dirimpettai di quartiere: lo Stadio Rajko Mitić, più noto come Marakana, si trova solo a due passi dallo Stadio Partizan. Entrambi guardano da lontano al Tempio di San Sava, come se volessero avere una particolare benedizione. È una rivalità che va oltre il quartiere, rievocata lungo le vie della città da innumerevoli murales e animata dai tifosi più accesi, soprattutto dai Deljie, gli eroi della Stella Rossa e dai Grobari, i becchini del Partizan.

Da queste parti si è scritta davvero la storia del fudbal balcanico, sono infatti le uniche due squadre ad aver giocato una finale di Coppa Campioni: il Partizan quella sfortunata del 1966 contro il Real Madrid e la Stella Rossa quella del successo di Bari contro l’Olympique Marsiglia. Quelli della Zvezda sono stati più abili a celebrare i successi in un museo presente all’interno dello stadio che richiama parecchi visitatori. Vi rimando a tal proposito ad un articolo del blog uscito qualche mese fa sul Marakana, che è un tempio del calcio europeo.

Scendendo dall’Autokomanda verso il Tempio si trova Vračar che è stato un quartiere scudettato. È la sede dell’Obilić, club di cui era presidente Željko Ražnatović, Arkan per i più, che nel 1998 vinse addirittura il campionato jugoslavo. Oggi è relegato nelle serie inferiori. Gioca nell’omonimo stadio, capace addirittura di ospitare l’incontro del secondo turno di qualificazione di Champions League tra i locali e il Bayern Monaco. Il nome del club ha origine da Miloš Obilić, leggendario militare serbo che combatté contro i turchi nella battaglia della Piana dei Merli (Kosovo Polje). Dell’Obilić resta solo il nome nell’albo d’oro. Qualche anno più tardi il suo presidente fu freddato nell’Intercontinental Hotel, segnando in fondo il declino di un club controverso.

Il calcio a Belgrado è un’esperienza trascendentale che va oltre il mero significato sportivo e che sfocia talvolta nella politica, soprattutto internazionale, che ha segnato la recente storia di un Paese spesso ignorato, ma dal grande retaggio storico e culturale. È un’esperienza dal forte afflato sociale, in grado di unire nella fede interi quartieri che ogni anno si sfidano per imporsi in una lega che seppur modesta, riesce a consegnare nuovi talenti al calcio europeo perché, alla fine, tutto comincia da quei campetti di strada in asfalto.

Proprio dai quartieri.

BIO: VINCENZO PASTORE

Pugliese di nascita, belgradese d’adozione, mi sento cittadino di un’Europa senza confini e senza trattati.

Ho due grandi passioni: il Milan, da quando ero bambino, e la scrittura, che ho scoperto da pochi anni.

Seguire lo sport in generale mi ha insegnato tante cose e ho sperimentato ciò che Nick Hornby riferisce in Febbre a 90°: ”Ho imparato alcune cose dal calcio. Buona parte delle mie conoscenze dei luoghi in Gran Bretagna e in Europa non deriva dalla scuola, ma dalle partite fuori casa o dalle pagine sportive[…]”

Insegno nella scuola primaria, nel tempo libero leggo e scrivo.

Una risposta

  1. Bel pezzo di storia molto ben narrata Vincenzo! Hai saputo ben armonizzare le variopinte etnie slave spesso scese bellicosamente in fraticidi contrasti intrecciandole con l’amenita’ degli
    accadimenti calcistici che molto spesso rappresentano l’unico trait d’union tra il tifo e vita!
    Un caro saluto.

    Massimo 48

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