CREDENZE DA LUNEDÌ

Squadra costruita male; Fonseca a casa; via tutti – versus – Identità di gruppo; Fonseca stratega lungimirante; tasso tecnico siderale. 

Nel giro di poche ore e pochi giorni, intorno al nostro Milan sono state pronunciate sentenze diametralmente opposte e tutte caratterizzate da toni privi di sfumature. Queste sentenze albergano le testate giornalistiche, le pagine social, i circoli culturali assortiti, e si insinuano nella testa di ogni tifoso, creando un’alternanza umorale che nulla ha da invidiare al meteo “da mezza stagione”. Avete presente quei legal movies dove un giudice picchia il martelletto sul tavolo e pronuncia il dispositivo di condanna o assoluzione? In quest’ultimo periodo storico, quanto è simile, in effetti,  l’atteggiamento di tante persone che seguono il Milan e che cavalcano filoni di pensiero assolutistici nel negativo o nel positivo? Ogni giorno si gioca una gara ad alimentare le paure e le credenze negative di tutti, distruggendo le caratteristiche del “possibilismo”, da sempre legato a un processo di crescita, sia esso tecnico, atletico o mentale. Lo stesso capita quando il vento della vittoria soffia attraverso risultati favorevoli, come è successo da dopo il “derby di Gabbia”.

Ho parlato di credenze, ma che cosa sono e come queste si possono definire? Messo da parte il riferimento a madie e mobili del soggiorno della zia, le credenze sono sensazioni di certezza, il più delle volte consolidate dall’opinione generale. Il mondo del calcio e in generale la modalità comunicativa aggiornata al 2024, vive di fiammate mediatiche, amplificate costantemente dalla cassa di risonanza dei social. Ed ecco che piagnistei cimiteriali si alternano a toni trionfalistici, seguendo il più classifico copione da montagne russe della schizofrenia, che nuoce gravemente alla chiarezza nell’individuare una chiave di lettura equilibrata delle situazioni.

La verità è che ogni atleta è attraversato da un universo di pensieri che risente dei condizionamenti dall’esterno (ma chiamiamole pure contaminazioni), per cui, quando le cose sono favorevoli, essi alimentano la fiducia fino al punto di slegarla dal lavoro quotidiano al campo o dal focus costante sull’obiettivo. Tanto per capirci, ricordate nel 2020? In quel periodo così drammatico, qualcuno aveva diffuso un messaggio tanto astratto quanto azzardato sotto forma di “andrà tutto bene!”. 

Ma in base a cosa? Sulla base di quali elementi tangibili? 

Ecco che il calciatore, che è scientificamente provato trattarsi di un essere umano in carne ed ossa, con relative virtù e debolezze, fa propria la credenza generale di onnipotenza e distoglie energie e concentrazione dal proprio cammino. Risultato? Squilibrio assoluto, scarsa padronanza emotiva e conoscenza di sé. Se poi nel frattempo sono sopraggiunti risultati sfavorevoli in partita, si sprofonda nel vortice negativo avviando una perentoria metamorfosi, da fenomeno a bidone, da talento naturale a elemento sopravvalutato, da delirio di grandezza a vittima di gogna mediatica. Ecco perché la missione di ogni coach, ma anche quella di ogni educatore, di ogni genitore e, perché no, di ogni tifoso che visceralmente ha nelle vene la propria squadra del cuore, dovrebbe essere improntata all’equilibrio. E quindi a proteggere i propri coachee; i propri allievi; i propri figli; i propri beniamini.

Quindi una credenza stavolta di successo e utile in questo scenario così controcorrente, potrebbe assumere un punto di vista più distaccato, a mo’ di drone. Pensateci. Il drone più in alto sale e più amplia la prospettiva, più prende quota e più riesce a cogliere dettagli più variegati nel contesto geolocalizzato. Ed esattamente come un drone, è fondamentale per noi spettatori e addetti ai lavori, elevare il nostro giudizio dall’ottica dal breve a quella del medio periodo. I bimbi più grandicelli che leggono, ricorderanno come venisse bersagliato un certo Paolo Maldini, nella parte iniziale della sua carriera. Il processo di “Cuore di drago” ha poi assunto l’identità del condottiero senza macchia, del mito intramontabile, della leggenda iconica.

Se davvero vogliamo permettere ai nostri Ragazzi, spesso giovani di poco più di vent’anni (e a volte anche meno), di attingere al proprio potenziale attraverso credenze di qualità, dobbiamo fin da subito ripudiare in tronco l’identità di haters e riprenderci il ruolo di Tifosi (con T maiuscola), di Genitori, di Educatori e di Coaches.

Il talento di ognuno dei beniamini va essenzialmente protetto ed esaltato dalla loro unicità di giovani uomini, con un’attenzione inevitabile al risultato, certo, ma ancor più una fede incrollabile nel loro processo di maturazione e di crescita.

Forza Milan Sempre!

Bio: Francesco Borrelli è un Mental Coach certificato Acsi – CONI. Oltre alla Laurea in legge presso l’Università degli Studi di Genova, si è formato in PNL attraverso corsi e Master conseguiti nell’ambito di aziende private di cui ha fatto parte. Negli anni ha coltivato la sua passione per lo sport scrivendo per testate giornalistiche liguri, oltre a svolgere il proprio lavoro di consulente d’azienda in ambito bancario. L’attività di Mental Coach lo porta da diverse stagioni ad accompagnare sportivi impegnati a preparare Olimpiadi e Mondiali, oltre a calciatori di tutte le età, agevolandone i rispettivi percorsi e seguendone tutta la trafila giovanile fino all’approdo in prima squadra. Il suo sogno è condividere come Coach il suo ufficio a fianco alla “palestra delle leggende” di Milanello con Ibra.

Contacts: fraborrelli40@gmail.com / IG. fraborre24_ / https://www.facebook.com/healthybrainnutrition / 0039 328 6212598

7 risposte

  1. Carissimo Francesco ti dico subito di essere un tifoso rossonero più di te (ma solo per data anagrafica)e subito a seguire mi complimento per la minuziosa descrizione degli aspetti umorali che governano la psiche dei giocatori al pari di lunatiche fasi con incomprensibili ma naturali alternanze di basse ed alte maree… che per noi seguaci del Diavolo equivale alla semplice osservazione del pendolamento ciclico di Rafael Leao nel corso di un tempo per poi con una strofinata alla sua personalissima lampada Aladiniana trasformarsi in un ecletticco goleador!… ma questo, piaccia o no, è il calcio della nostra Terra (mentre la Luna ci gira intorno e osserva!)
    Buona giornata.

    Massimo 48

    1. Carissimo Massimo, grazie per i complimenti e per la tua la riflessione. Quella della lampada Aladiniana è sicuramente un’immagine molto stimolante e che stuzzica il collegamento con l’epiteto fiabesco per eccellenza: G E N I O

  2. Tutto molto giusto, e anche bello.
    Peccato che tanti “tifosi” vivano per mortificare l’avversario; se non si può bisogna colpevolizzare la propria squadra, allenatore, dirigenza.
    Purtroppo il tifoso medio, dal punto di vista antropologico, si impegna con grande entusiasmo a dimostrare che Umebrto Eco aveva avuto intuizioni perfette.

  3. Credo si tratti di un fatto di cultura. Che non si possa piacere a tutti è una cosa fondamentale da accettare, specie se rivesti una posizione di “minima visibilità”, dal singolo calciatore al campetto di provincia in su. Al tempo stesso la “deriva” di odiatori andrebbe compensata con massicce campagne scolastiche o qualcosa del genere. Certo è che se l’aria è già “tossica” nelle case, non ci saranno mai campagne sufficientemente efficaci a gestire lo scarico di frustrazione che viene riversato ogni volta sui canali più disparati. Grazie per il riscontro

  4. È oramai un fenomeno inarrestabile già da un po’ di tempo quello di esaltare innalzare e tante volte divinizzare da parte dei tifosi o dei giornalisti la propria squadra o i propri calciatori dopo una vittoria importante o dopo il raggiungimento di un obiettivo un trofeo che sembrava inarrivabile e allo stesso modo colpevolizzare condannare i propri beniamini o la società presa in considerazione dopo prestazioni deludenti o il mancato raggiungimento di trofei o posizioni in classifica.
    Credo che se per alcuni c’e alla base una certa ignoranza calcistica in altri invece predilige il seguire la massa , il gregge come tante pecore che senza una propria idea una personale opinione si dirigono insieme uniti a pascolare e altri ancora perché sanno che in quel momento giudicando in un certo modo un calciatore un allenatore un team fanno audience.
    Credo invece che il calcio va vissuto visto percepito sotto un’altra ottica e cioè quella della passione del coinvolgimento disinteressato rispetto a un risultato che sia esso a breve o lungo termine.
    L’ambiente che circonda un calciatore o una squadre è importantissimo e riesce in alcuni casi a ribaltare prestazioni , partite o addirittura annate in maniera impensabile.
    Ricordo un anno in cui ( Ho giocato a livelli dilettantistici ) a Dicembre eravamo 13 punti sotto la prima ma il presidente la dirigenza e i tifosi non hanno mai smesso di starci vicino e di sostenerci .Bene quell’anno abbiamo vinto il campionato battendo la capolista in casa loro nello scontro diretto superandola di 2 punti e mantenendo il distacco per le altre 5 partite restanti.
    Ogni uomo o donna, non parlo in questo momento quindi di calciatori o calciatrici, è inserito in un contesto familiare poi lavorativo poi ambientale poi cittadino che lo condiziona fino al punto di cambiare il suo punto di vista e quindi la sua sfera emotiva in modo da farlo vivere quel momento in maniera differente a seconda del suo coinvolgimento o della sua forza mentale o del suo carattere.
    Figuriamoci allora quando sei un fenomeno mediatico al centro dell’attenzione, hai gli occhi puntati di moltissime persone che specialmente in questi ultimi anni non aspettano altro per giudicarti non curandosi di poter far del male e rovinarti psicologicamente..
    La riflessione che ho letto mi è piaciuta tantissimo e si potrebbe parlare tantissimo di questo argomento.
    Chiedo con una riflessione
    la complessità del calcio è alla base del nostro gruppo ,la complessità della mente umana è alla base della vita e dell’universo

  5. Il punto fondamentale Gaetano è che sotto il “vestito” del fenomeno mediatico, della star planetaria o del personaggio esposto al pubblico c’è sempre un uomo (o una donna). Non a caso nell’articolo parlo di collegate virtù e debolezze. Grazie per la riflessione e…complimenti per la performance passata

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