Il caso “Proprestige”, di cui si è tornato a parlare in questi giorni, rappresenta solo l’ennesimo esempio di quello che sostengo da tempo. I calciatori, sia nel corso della carriera agonistica sia quando appendono le scarpette al chiodo, devono valutare attentamente a chi affidarsi. E utilizzo volutamente il termine “affidarsi” perché nel caso degli sportivi in genere, dovendo questi rivolgersi necessariamente a qualcuno che abbia maturato una lunga esperienza nella pianificazione e protezione di patrimoni complessi, il rischio di fare scelte sbagliate o non ben ponderate è dietro l’angolo.
Nel caso specifico dei calciatori professionisti, le dinamiche e i fattori che possono impedire di valorizzare o anche solo conservare, se non addirittura comportare la perdita del patrimonio faticosamente guadagnato sui campi di gioco, sono diversi a seconda che essi siano in attività o meno.
Durante la carriera agonistica i calciatori scontano inevitabilmente la giovane età e la comprensibile inesperienza nella gestione del patrimonio. Altri fattori molto importanti sono il tempo libero a disposizione e il guadagno di cifre astronomiche in un arco temporale relativamente breve. Questi elementi portano in alcuni casi anche a comportamenti orientati all’extralusso o di dipendenza dal gioco d’azzardo. Nel post carriera, invece, pesa in maniera preponderante il compimento di scelte che sono frutto di decisioni superficiali (legate sia al mondo del calcio che al business).
In entrambe le fasi della vita, è ormai acclarato che i calciatori finiscano per affidare la gestione del proprio patrimonio ai familiari e ai manager che li rappresentano, oppure, ancora peggio, per seguire i consigli dispensati da amici degli amici. In ogni caso, si tratta di soggetti che, nella migliore delle ipotesi, non hanno le competenze necessarie per amministrare patrimoni complessi o che, comunque, possono avere interessi in conflitto con i calciatori stessi, se non addirittura intenzioni truffaldine.
Tuttavia, la buona notizia è che, sebbene nessuno ne parli, gli accorgimenti e le soluzioni che i calciatori possono adottare per assicurarsi una gestione ottimale dei patrimoni complessi di cui dispongono, ci sono e sono anche abbastanza semplici, alcuni dei quali banali.
Innanzitutto, occorre partire dall’individuazione di un professionista iscritto a un albo. Non può trattarsi di altra figura se non di un soggetto iscritto a un ordine professionale. L’iscrizione a un albo di un ordine professionale, infatti, presuppone e garantisce che il soggetto in questione sia di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico di riferimento. Questo è sufficiente per escludere ogni rischio? Ovviamente no, ma è una buona base di partenza.
Ancora meglio, poi, è affidarsi a un professionista specializzato nella gestione di patrimoni complessi e in grado di far fronte alle diverse esigenze che i soggetti con un simile patrimonio presentano. Ad esempio, una soluzione può essere quella di affidarsi a un “Professional Family Office” che operi nel mondo del calcio e che, grazie ad un team di professionisti, affianchi i calciatori offrendo soluzioni a 360°. La finalità sarà quella di amministrare, conservare e valorizzare il loro patrimonio (mi riferisco non solo agli investimenti, ma anche ai valori della famiglia, agli obiettivi professionali, ai progetti di vita, ecc.).
Tale struttura professionale, con a capo un Family Officer iscritto all’Albo approvato dal Mise ai sensi della legge 4/2013, sarà in grado di affiancare i calciatori in maniera del tutto disinteressata (intesa come assenza di conflitto di interessi e di intenzioni truffaldine che altrimenti è possibile incontrare). Quest’ultimi saranno guidati in ogni ambito, dal conseguimento delle competenze necessarie per intraprendere un nuovo percorso professionale al reinserimento nel mondo del lavoro, dall’avviamento di un’attività di business alla protezione del proprio patrimonio, ecc.
Un’altra soluzione può essere quella di creare un “Single Family Office”, ovvero una struttura dedicata al singolo calciatore e dotata di diverse professionalità. Tale ente dovrà essere caratterizzato da un’ampia rappresentatività affinché l’amministrazione non sia nelle mani di una sola persona, così scongiurando il rischio di decisioni di parte o, comunque, poco studiate.
Purtroppo per i diretti interessati (ovvero i calciatori), nessuno parla di tali soluzioni, solo sinteticamente accennate. Esse permettono ai calciatori di mantenere “sempre” il controllo del proprio patrimonio (soldi, immobili, futuro professionale, famiglia, ecc.) e di soddisfare, a seconda dello strumento utilizzato, esigenze di riservatezza, segregazione, assicurazione, diversificazione e pianificazione.
Dunque, è assolutamente importante continuare a lavorare per la diffusione di una cultura patrimoniale anche nel mondo del calcio, affinché i calciatori, sempre più, si affidino a determinate professionalità, le uniche che possono impedire il ripetersi di eventi come quello di Proprestige e dei vari Maradona, Conte, El Shaarawy, ecc. E lo faremo anche in occasione del “Social Football Summit” che si terrà a Roma il 19 e 20 novembre 2024, evento che riunisce i membri di spicco e gli attori chiave dell’industria calcistica, con l’intento di diffondere le migliori pratiche del settore.
Infine, mi sia consentito di fare un parallelismo. Nel libro “Il mio calcio eretico” Filippo Galli sottolinea come i giovani calciatori debbano essere considerati persone nella loro interezza, nel senso che è opportuno curare e coltivare non solo le loro doti fisiche, tecniche e tattiche, ma anche le loro relazioni con gli altri, le attitudini mentali e il loro benessere psicologico.
Bene. Anche il patrimonio dei calciatori deve essere considerato nella sua interezza, ovvero sia quello materiale (liquidità, immobili, investimenti finanziari, ecc.) sia quello immateriale (bene della vita, famiglia, valori, obiettivi professionali, ecc.). Solo un professionista qualificato come il Family Officer sarà in grado di coniugare asset reali, finanziari e intangibili in un modello integrato e sostenibile, garantendo la più efficiente amministrazione del patrimonio dei calciatori.
Bio: Angelo Ginex
Svolge la professione di avvocato ed è dottore di ricerca in diritto tributario. Vanta significative expertise in materia di pianificazione e protezione patrimoniale, diritto tributario e diritto d’impresa. Ha conseguito la certificazione TEP Full member of STEP e Qualified Family Officer, venendo nominato Presidente Puglia di ANCP – Associazione Nazionale Consulenti Patrimoniali.
Oltre alla laurea in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, ha nel suo background, tra gli altri, il corso di alta formazione in “Protezione, gestione e trasmissione dei patrimoni familiari” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con STEP, il master in “Family Office” di AIFO, il master in “Diritto tributario” de Il Sole 24 Ore e il master in “Diritto d’impresa” dell’Università Luiss Guido Carli.
Da tempo affianca all’attività professionale un impegno costante in ambito accademico e formativo, partecipando in qualità di docente a master e seminari organizzati dalle principali scuole di formazione presenti in Italia. È autore di opere monografiche e abituale contributor di quotidiani e riviste giuridiche sui temi della fiscalità, della protezione patrimoniale e del diritto dei trust.
Aiuta le famiglie italiane e internazionali a gestire, controllare e proteggere i patrimoni rilevanti e complessi, coniugando asset reali, finanziari e intangibili in un modello integrato e sostenibile.