MILAN LEGGENDA NEL MONDO, JUVENTUS PADRONA IN ITALIA

Vi è una singolare, direi quasi impietosa, contraddizione tra il Milan e la Juventus. Due società che hanno inciso in maniera definitiva sul racconto del calcio italiano, eppure, una volta varcati i confini della Serie A, le loro epopee assumono contorni molto diversi. In patria, i numeri sono taglienti come lame affilate: la Juventus ha sovrastato ogni rivale, con quei 36 scudetti ufficiali che paiono scandire un’egemonia senza respiro, interrotta soltanto negli ultimi anni. Ma, appena il palcoscenico si sposta oltre il nostro Stivale, ecco che il vento muta: il Milan, sette volte imperatore d’Europa, indossa il mantello della gloria, spostando l’ago della bilancia in un dominio che la Juventus ha solo lambito.

Per capire questa differenza di percezione, bisogna tornare indietro nel tempo, e non poco. È l’epoca di Rocco, Sacchi e Capello, due nomi che ancora oggi evocano l’immagine di un Milan che non solo vinceva, ma cambiava il modo di pensare il calcio. Lì, in quegli anni gloriosi tra la fine degli ’80 e gli anni ’90, il Milan ha cementato la sua fama internazionale. Sacchi, con il suo calcio rivoluzionario, ha trasformato una squadra italiana in un modello globale, un laboratorio di calcio totale che superava i confini della tattica tradizionale.

E come dimenticare gli uomini che hanno plasmato quel credo calcistico? Franco Baresi, l’emblema assoluto della fascia, Maldini, monumento di classe e longevità, Van Basten, il Cigno di Utrecht che danzava tra le difese avversarie, e Ruud Gullit, forza della natura e carisma ineguagliabile. E poi, negli anni più recenti, Nesta, baluardo impareggiabile, Kakà, Shevchenko e Pirlo, artisti in un gioco di rigore e fantasia. Non era questione solo di vincere: il Milan seduceva, meravigliava, dominava. Ogni partita in Europa diventava una pagina di storia, scritta non solo con i piedi ma con la mente, il cuore, e quella scintilla di genio che solo i rossoneri sapevano evocare nelle notti più epiche.

La Juventus, al contrario, nonostante le due Champions League nel suo palmares, non ha mai avuto lo stesso impatto iconico. Certo, i bianconeri hanno avuto i loro fuoriclasse: Sivori, Platini, Thuram, Zidane, Del Piero. Ma la percezione è diversa. La Juve è stata spesso vista come una macchina da guerra domestica, imbattibile nel suo territorio, ma stranamente vulnerabile oltre i confini. Quante finali perse, quante occasioni mancate in Europa. Non è solo una questione di numeri, ma di sensazioni. L’Europa non ha mai amato la Juventus quanto ha amato il Milan.

E poi arriva il crocevia ineluttabile: Calciopoli. Non sta a noi emettere sentenze, ma è innegabile che quell’episodio abbia mutato per sempre la percezione della Juventus nel mondo. Una retrocessione in Serie B, uno scandalo che ha terremotato l’Italia intera, macchiando il prestigio del club in modo indelebile. Il Milan, sebbene sfiorato dalla bufera, ne è uscito con un’immagine meno compromessa. Non è stato retrocesso, e appena un lustro dopo, nel 2007, ha sollevato al cielo di Atene la sua settima Coppa dei Campioni. Pare quasi che la storia, crudele e spietata con i bianconeri, sia stata magnanima con i rossoneri, preservando intatto il loro immenso prestigio europeo.

Lo scandalo delle scommesse che travolse il Milan negli anni ’80 appartiene a una dimensione storica e culturale che non può essere paragonata a Calciopoli, la quale travolse la Juventus in un tempo ben diverso. Il Milan di quegli anni, pur macchiato dall’onta delle scommesse, sprofondò in una crisi di natura quasi personale: furono i singoli, schiacciati da tentazioni meschine, a cadere nel tranello. Si trattava di uomini sbandati, prigionieri di un sistema ancora immaturo e vulnerabile, incapace di proteggere se stesso. Due scandali diversi, per epoche e dimensioni morali, che segnano due storie di declino, ma su piani irrimediabilmente distinti.

Tornando al piano meramente sportivo, la Champions League, in fondo, è il palcoscenico dove si costruisce la leggenda. E il Milan, in Europa, è sinonimo di leggenda. Le sue vittorie, i suoi uomini, sono scolpiti nella memoria collettiva di milioni di appassionati. La Juventus, nonostante la sua straordinaria storia, resta in qualche modo più legata a un contesto domestico, mentre il Milan vola oltre, proiettandosi in una dimensione globale che va oltre i titoli vinti in casa. Secondo una ricerca condotta da Transfermarkt, il Milan vanta 95 milioni di tifosi nel mondo, quasi il quadruplo rispetto a quelli dei bianconeri (27 milioni).

Forse è proprio per questo che, nel gran teatro del calcio internazionale, il Milan si erge con un’aura di rispetto quasi sacrale, mentre la Juventus, pur ammirata e temuta, non accende la stessa fiamma di passione. Sono due volti opposti della medesima medaglia: la Signora bianconera, regina incontrastata tra i confini patrii, e il Milan, cavaliere errante di notti europee, capace di trasformare l’epopea calcistica in leggenda, imprimendosi nella memoria del mondo con vittorie epiche e immaginifiche.

BIO: VINCENZO DI MASO

Traduttore e interprete con una spiccata passione per la narrazione sportiva. Arabista e anglista di formazione, si avvale della conoscenza delle lingue per cercare info per i suoi contributi.

Residente a Lisbona, sposato con Ana e papà di Leonardo. Torna frequentemente in Italia. 

Collaborazioni con Rivista Contrasti, Persemprecalcio, Zona Cesarini e Rispetta lo Sport.

Appassionato lettore di Galeano, Soriano, Brera e Minà. Utilizzatore (o abusatore?) di brerismi.

Sostenitore di un calcio etico e pulito, sognando utopisticamente che un giorno i componenti di due tifoserie rivali possano bere una birra insieme nel post-partita.

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