COMPONENTE ATLETICA E PREVENTIVA NEL CALCIO SECONDO UN APPROCCIO UMANIZZANTE

Avendo l’opportunità di frequentare presso l’Università Cattolica di Milano alcune lezioni del Corso di “Teoria, Tecnica e Didattica degli sport individuali e di squadra”, dedicato al GIOCO DEL CALCIO, tenuto dal Prof. Antonello Bolis, coordinato da Edgardo Zanoli , assistiti da Elena Vagni, all’interno del Corso di Scienze motorie e dello sport, proporrò, in una serie di articoli, le note raccolte in aula. Saranno appunti, come mi piace definire…sparsi.

La seconda lezione a cui ho assistito è stata quella del Prof. Matteo Moranda accompagnato da Michael Agazzi ex portiere professionista.

Qual’è l’obbiettivo di un preparatore atletico? Dobbiamo ricordarci che l’allenamento è un continuo adattamento. Lo stimolo che diamo ai nostri giocatori li stressa un po’, a volte può essere giusto, adatto all’atleta, a volte invece potrebbe non esserlo, l’importante è che porti ad un adattamento migliorativo rispetto a ciò che c’era prima.

Se ragioniamo su adattamento atletico, preventivo, riabilitativo, scomponendo le parti, stiamo commettendo un errore perchè non possiamo davvero capire fino a dove si faccia prevenzione, dove riabilitazione e dove componente atletica. Di fatto stiamo calpestando tutti i terreni contemporaneamente. Con il nostro gruppo di lavoro dovremo determinare uno stimolo stressante che determini un adattamento, se possibile, migliorativo. A volte questo stimolo è sbagliato, troppo alto, troppo lungo, troppo difficile, troppo facile. Quando ciò accade l’adattamento non determina nulla o, addirittura, è peggiorativo. Dobbiamo stare attenti perchè l’obbiettivo ultimo del preparatore atletico è che IL GIOCATORE GIOCHI A CALCIO, per più minuti possibili e nelle migliori condizioni possibili. Lo stesso obiettivo che devono porsi tutti gli altri componenti dello staff. Se agiamo in questo modo stiamo, inevitabilmente, facendo prevenzione.

Il gioco del calcio diventa quindi fine e mezzo.

Passiamo ora alla definizione dei SISTEMI.

Il gioco del calcio è un SISTEMA COMPLESSO perchè ha molti elementi, quindi molte variabili interconnesse tra loro e inscindibili.

Le quattro caratteristiche più importanti di un sistema complesso sono:

  • INTERAZIONE- le variabili non possono non interagire tra loro (voi siete un gruppo e nel momento in cui ciascuno di voi è dentro al gruppo, mentre il gruppo modifica il vostro comportamento, voi modificate il comportamento del gruppo)
  • PROPRIETÀ EMERGENTI- il gruppo con tutti i suoi elementi assume un certo comportamento che difficilmente si spiegano nel momento in cui si considera il solo elemento che ne fa parte
  • AUTO-ORGANIZZAZIONE- l’idea è che un gruppo trovi la massima espressione nel momento in cui fa emergere le dinamiche di gruppo determinando chi è leader, chi è quello più tecnico, chi esprime la miglior condizione atletica ecc..
  • EFFETTO FARFALLA-TEORIA DEL CAOS- il Prof, per ragioni di tempo, sorvola sulla spiegazione

Ora viene mostrata una slide, ancor oggi molto in uso, in cui si definisce il lavoro atletico (componente atletica nella prestazione calcistica) che mediamente un calciatore svolge nel corso di una partita:

È la slide più gettonata e allo stesso tempo prevedibile, quella che si insegna.

Qui sotto la slide in cui agli estremi di sx e di dx rispetto al punto 0=PARTITA ci sono mezzi di allenamento lontani da ciò che accade nella partita. A sx eccessiva destrutturazione, senza cioè gli elementi che definiscono il gioco del calcio, a dx quelli in cui si arriva ad una sovrastruttura rispetto al gioco del calcio (es: possesso palla 9vs9 + 3 jolly!).

I mezzi di allenamento più vicini alla realtà della partita hanno un transfer di apprendimento molto diretto.

Si passa ora a quelli che sono i fattori di rischio relativi agli infortuni che avvengono giocando a calcio. Più li conosco più sono in grado di fare prevenzione:

  • cambio di direzione ad alta velocità
  • contrasto
  • sovraccarico – impegni ripetuti che generano stanchezza
  • caduta dopo un salto

È necessario, per fare prevenzione, allenare i giocatori facendo loro eseguire movimenti simili a quelli che andranno a fare in gara, con i relativi valori di forza e velocità altrimenti il transfer di prevenzione non avviene.

Il Prof chiede quali siano i mezzi e le modalità, elencati nella slide qui sopra, che i ragazzi conoscono e utilizzano:

“pliometria, corpo libero…” e comunque tutti convengono sull’utilizzo dei mezzi inseriti in slide. L’attenzione si sposta sulla pesistica e sui cambi di direzione ponendo a confronto la forza che si sviluppa, in termini di Kg che si spostano, utilizzando l’uno o l’atro mezzo. (a questo proposito per chi lo volesse, rimando alla lezione delle scorso anno del Prof. Moranda)

Il Prof, sentite le risposte dei ragazzi pone questo quesito: “Se con il bilanciere alzo 150 kg e con un cambio di direzione ne sposto 300, quale esercizio sceglierò?”, “datemi degli argomenti per cui dovrei utilizzare il bilanciere?”. Un ragazzo risponde: “in caso di infortunio, in una fase di riabilitazione”, un altro “se ho poca mobilità preferisco lavorare con il bilanciere”. Il prof sostiene che pur avendo poca mobilità un giocatore riesce a spostare gli stessi Kg, seppur pochi, con meno rischi sulla colonna vertebrale. Solo nel caso non si possa sviluppare una certa velocità allora utilizzerò il bilanciere, l’unica discriminante è questa.

Ad un ragazzo che sostiene che i CAMBI DI DIREZIONE siano una situazione di gara, il Prof chiede quali siano gli elementi mancanti affinchè si possa definire tale. Si definiscono insieme:

  • la palla
  • l’avversario
  • le porte – direzione
  • i compagni

un ragazzo afferma, giustamente, che mancano anche le pressioni esterne, tutti gli aspetti emotivi della gara, della partita.

Riconosciamo pertanto di essere più vicini alla gara ma non esattamente in quel contesto.

Ora Michael Agazzi parla della loro esperienza (Moranda-Agazzi) di staff con una squadra di Eccellenza guidata da Mister Capelli (ex giocatore, tra le altre squadre, dell’Atalanta), sottolineando come tutti i lavori svolti, grazie alla visione del Mister, siano stati fatti con l’utilizzo del pallone. Gli unici lavori senza palla, definiti “di tenuta” (squat), sono stati svolti prima dell’allenamento. Allenamenti la cui durata complessiva non ha mai superato l’1h 25′. Gli infortuni occorsi sono stati traumatici (2 legamenti crociato anteriore, uno per contrasto, l’altro da caduta dopo un salto), nessun infortunio muscolare. Sottolineando anche la scelta di salvaguardare la salute di un ragazzo (’05) considerato il più forte ed indispensabile. Scelta che poi ha pagato perchè nei momenti decisivi della stagione il ragazzo è stato a disposizione ed ha offerto il proprio contributo decisivo, una scelta condivisa da tutti all’interno dello staff…un processo umanizzante…che stavolta ha portato anche al risultato ma che, in ogni caso, avrebbe avuto, almeno per loro, un valore inestimabile.

La parola torna a Moranda che chiede:”Cosa significa gestire il capitale umano che avete a disposizione?”.

È una grande responsabilità. Occorre saper sviluppare relazioni che portino ad essere in grado di spiegare, con cognizione di causa (competenza), perchè si utilizzi un mezzo di lavoro piuttosto che un altro. Lo dobbiamo spiegare al ragazzo/a, all’allenatore, alla famiglia, al dirigente e, soprattutto, lo dobbiamo spiegare a noi stessi.

Occorre ricordare che il calciatore così come la materia calcio devono essere posti al centro del progetto. Nel momento in cui si allena e ci sentiamo i protagonisti stiamo sbagliando, i protagonisti sono i giocatori, noi siamo un mezzo. Tutte le professionalità sono un mezzo.

Ciò che ci viene richiesto è l’alta performance e la prevenzione che, spesso, sono in antitesi

La prevenzione non deve essere una procedura ma un processo. Non è un qualcosa di standardizzato e lineare. Ci saranno alti e bassi, stasi e regressioni poichè ogni persona è unica come è unico ogni contesto, squadra, società. Ciò comporta la necessità di adattare il nostro modo di agire analizzando e studiando il contesto.

Passiamo ora ai fattori determinanti l’infortunio. Ragioniamo su INFORTUNIO e RECIDIVA. La RECIDIVA è un infortunio che si ripete. Capita spesso? Si! La % di infortuni rispetto al numero dei minuti giocati è diminuita negli ultimi anni mentre i casi di recidiva sono aumentati, probabilmente perchè si commettono degli errori nel processo riabilitativo.

Una cosa che si suggerisce è di avere dati quantitativi, qualitativi e magari immagini del giocatore in movimento, nel gioco, in condizioni di buona salute. È importante altresì comunicare con il giocatore, avere informazioni soprattutto da chi è già stato infortunato, cos’ha fatto, cos’ha vissuto dal punto di vista emotivo. Si è visto che, tra l’altro, si verifica una minore incidenza degli infortuni sia quando gli allenatori comunicano con gli atleti in modo chiaro e positivo, sia quando lo stile di guida dell’allenatore è più aperto, partecipato.

Infortuni muscolari – Video

Cos’è un infortunio muscolare? L’infortunio è un evento che determina uno stop dell’attività di allenamento e di partita, evento che può essere traumatico o no. Semplicemente, l’infortunio muscolare riguarda la struttura dei muscoli. A volte si può definire muscolo-tendineo e quindi avviene nella parte più prossimale o distale del muscolo di riferimento. Se c’è una lesione significa che c’è un danneggiamento del muscolo oppure potrebbe non esserci una lesione a tutti gli effetti ma potrebbe trattarsi di un’elongazione del muscolo solitamente definito stiramento. Il numero degli infortuni ai muscoli posteriori della coscia è raddoppiato negli ultimi 21 anni. Come definiamo i muscoli del retrocoscia? Flessori, perchè flettono la gamba sulla coscia ma sono anche muscoli estensori perchè estendono la coscia sul bacino. Nessuno in aula ha saputo dirlo e, in generale, potremmo affermare, che questa ignoranza sia anche la causa dei tanti infortuni: non vengono allenati nel modo giusto.

Dopo un infortunio muscolare è necessario recuperarne la forza e l’estensibilità.

Cos’è la forza? La capacità di vincere una resistenza. Cos’è l’estensibilità? È la capacità di un muscolo di allungarsi.

Spesso al giocatore di calcio viene richiesto di esprimere forza mentre il muscolo si sta estendendo, allungando: contrazione eccentrica. Questa è un’azione muscolare pericolosa. Pertanto dobbiamo preparare i nostri giocatori a tutte le azioni muscolari ma in particolare a quella eccentrica

Si dice che un giocatore debba essere affidabile prima di riportarlo in campo. Cosa significa? Significa che il giocatore sia in grado di ripetere il movimento che l’ha fatto infortunare, più volte, a buone velocità senza incorrere in un nuovo infortunio. Devo pertanto mettere il giocatore nelle condizioni il più possibile vicino alla gara e fargli ripetere il movimento come descritto. Nel momento in cui vi riesce, lo considero affidabile e può tornare a completa disposizione dell’allenatore. Se il processo non si conclude con questo esito corro il rischio di recidiva.

Passiamo ora a parlare dell’infortunio al legamento crociato anteriore.

Video di alcuni giocatori che subiscono questo infortunio.

Non è uno degli infortuni più frequenti, quelli muscolari lo sono molto di più, ma se ne parla molto per la sua gravità. Prof Moranda pone l’accento su questo aspetto. In letteratura ormai si dice che il 90% dei giocatori, che subiscono questo infortunio, torni a giocare ma la carriera sarà più breve rispetto a quella che avrebbe fatto senza l’infortunio e, probabilmente, negli anni abbasserà il suo livello di performance. Tutto ciò, proiettato nel mondo dei dilettanti, dove certamente i mezzi a disposizione sono inferiori, fa si che queste previsioni siano peggiorative.

Il movimento che più di tutti determina la lesione del crociato è l’intrarotazione del ginocchio con un’estensione o una flessione forzata a cui si aggiunge un valgismo, ossia una cedevolezza all’interno del ginocchio. Rispetto al gioco, che è sempre il nostro riferimento, dobbiamo sottolineare che difficilmente questo tipo di infortunio avviene in fase di possesso palla, un caso del genere è quello occorso recentemente a Duvan Zapata del Torino. Tutti gli altri sono capitati a giocatori senza palla, in fase difensiva ed in un’azione di pressione forte sull’avversario. È un infortunio che avviene con un trauma (contrasto diretto) o in assenza di contatto (contrasto indiretto) ed in questo caso c’è una perturbazione della parte superiore del corpo: come per Bremer, ad esempio, che subisce una leggera spinta, non riesce più a riorganizzare il movimento e quando va in appoggio arriva l’infortunio!

Ciò ci permette di comprendere che il giocatore in riabilitazione deve saper fare quanto descritto in maniera affidabile, sappia cioè arrivare in prossimità di un avversario in possesso di palla e sappia reagire bene agli stimoli che riceve. Tutte queste conoscenze vi permettono di fare prevenzione all’interno del gioco altrimenti si continuerà a fare prevenzione unicamente con il bosu, l’elastico e gli squat! È chiaro, in tutta onestà, che nel periodo di riabilitazione iniziale potrò fare solo lavori lontani dalla disciplina sportiva in questione(1 mese circa ma, come detto, dipende dal contesto, dal giocatore, dall’infortunio). Si può pensare di utilizzare dei video che aiutino il giocatore a famigliarizzare con le situazioni di gioco anche quando, come detto, non è in grado di viverne la realtà.

C’è un dibattito in letteratura sulla riabilitazione da crociato anteriore che in sostanza si pone il seguente quesito: allungo la riabilitazione portandola da sei mesi a nove, a dodici e oltre…oppure mi oriento verso una riabilitazione più qualitativa? In Italia oggi sta vincendo l’idea che l’infortunato debba superare degli step qualitativi di movimento (test funzionali) che permettano di capire che il giocatore si muove secondo certi crismi di movimento e quindi portarlo agli step successivi.

Secondo Moranda, fermo restando l’unicità dell’infortunio e del soggetto, in genere si ritorna ad essere il giocatore pre-infortunio dopo dodici mesi.

La lezione termina con il filmato di una riabilitazione e riatletizzazione per step qualitativi di un giocatore sul campo.

Grazie per l’attenzione.

Matteo Moranda

BIO: Matteo Moranda è Coordinatore e Responsabile di Dimensione SAGA, nonché uno dei creatori dei vari progetti del centro. È un preparatore atletico con una grande esperienza alle spalle. Dopo aver ottenuto una Laurea Magistrale in Scienza dello Sport a pieni voti, Matteo inizia un’importante carriera nel settore calcistico. Professionista riconosciuto dalla FIGC Coverciano, per tre stagioni è stato istruttore e coordinatore dei camp estivi dell’Atalanta, dove continuerà per cinque anni come preparatore atletico del Settore Giovanile e per altri cinque come preparatore e riatletizzatore della Prima Squadra in Serie A. In seguito è stato anche preparatore atletico nel Settore Giovanile AC Milan. Una significativa esperienza che ci permette di considerarlo un vero esperto del settore. Attualmente è Docente di “Calcio e Sport di Squadra” presso la Facoltà di Scienze Motorie Sport e Salute dell’Università degli studi di Milano. Nel 2021 ha intrapreso una nuova arricchente esperienza: IL DOTTORATO DI RICERCA EXECUTIVE IN SCIENZA DELL’ESERCIZIO FISICO E DELLO SPORT, proposto dall’Università Cattolica di Milano e dall’Università degli Studi di Milano, intitolato: “Essere allenatore sportivo oggi: competenze psicosociali e dispositivi formativi nel calcio.”. Questo progetto ha come obiettivo quello di operare una Ricerca Scientifica, avvalorata in ambito di Sport di Squadra, che approfondisca lo sviluppo di competenze fluide ed il loro trasferimento in un’ottica di promozione della Formazione del giovane sportivo. Proporre un modello di formazione innovativo ed inclusivo che sappia tener conto della continua modificazione dei contesti Sociali e Culturali. Nella vita lo contraddistingue la passione, con la quale guida il team di professionisti che ruota intorno a tutte le attività di Dimensione SAGA. Attualmente è Docente presso la Facoltà di Scienze Motorie Sport e Salute dell’Università degli studi di Milano.

BIO: Michael Agazzi

Coordinatore SAGA Academy & SAGA Kids

Classe 1984, ha terminato la sua carriera sportiva da calciatore professionista che conta oltre 100 presenze in Serie A. Ha giocato nelle giovanili dell’Atalanta, esordisce in Serie A con il Cagliari, per poi passare al Chievo e arrivare al Milan nel 2014. Dopo aver chiuso la parentesi in Championship al Middlesbrough, ha difeso la porta di Cesena, Alessandria e Cremonese, dove ha concluso il suo percorso calcistico. A novembre 2023 ha terminato gli studi universitari ottenendo la Laurea Magistrale in Scienze Motorie con indirizzo calcistico, presso l’Università San Raffaele di Milano ed è presente a tempo pieno in Dimensione SAGA, per la quale è sempre stato un importante punto di riferimento per il nostro team ed un grande esempio per i bambini che partecipano ai progetti di SAGA Kids. Inoltre è Coordinatore dell’area Academy ed un grande protagonista nei progetti sportivi e nella ACCADEMIA DEL PORTIERE “SAGA GOALKEEPER”

Master Executive Management del Calcio presso SDA BOCCONI

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