Come Ulisse.
Carisma, astuzia, sconfinata personalità, incantevole predisposizione alla condivisione della genialità, disincantata al cospetto della transitorietà, della labilità, della fugacità e, or dunque, della fragilità terrena.
Rivisitazione e ideale reincarnazione di uno dei “volti” dell’umanità consegnato ai posteri.
Benignità eroica, vizi e virtù, metafora della condizione umana che si mescola agli dei.
Odisseo significa “odiato dai nemici”, che lo invidiano, ma anche”piccolo” per la sua statura.
Qualità di pensiero al servizio degli altri, democratica accettazione altrui di un condottiero elitario cui completamente consegnarsi, poiché primus inter pares nonostante l’ultraterrena provenienza.
Combatteva per gli altri, per farli trionfare, per farli amare.
Come un mito lo sguardo era rivolto altrove, poiché senza avversari.
La “mano de dios” è il cavallo di Troia, l’irriverente furbizia per sconfiggere i rivali, come nel 1990 al “San Paolo”, quando idolatria e fede autoctona non si piegano a onor di patria.
Come Ulisse si “camuffa”: l’area di rigore di Shilton è Itaca, la mano è antitesi di se stesso, è quel mendicante che si sveste per non essere riconosciuto e che si riveste d’identità tendendo l’arco dinanzi a Penelope (inevitabilmente, ca va sans dire, fedele, come chiunque al suo cospetto), e parallelamente segnando il gol più bello della storia, dopo aver dribblato l’intera Inghilterra e con essa le Falkland.
Itaca era detta “la terra del sole”, come il simbolo sulla bandiera della sua Argentina.
In patria e ovunque, come accade ad Ulisse con Argo, può essere riconosciuto pienamente solo dai suoi fedeli compagni, da chi sa che dietro l’irrequietezza del genio senza mezzi termini c’è il condottiero indiscusso che conquista, peregrinando, l’Italia e l’Europa con la flotta partenopea e il mondo con la terra del sole.
Abbatte i giganti del calcio che cadono, come Polifemo, accecati dalla sua grandezza.
Come Ulisse vive la catabasi, discendendo agli inferi dopo l’estasi paradisiaca.
Circondato da consiglieri fraudolenti osserva le colonne d’Ercole, sinonimo di magnanimità e generosità disinteressata (Acerra docet).
Cede alle “sirene” della città che lo incorona, senza però farsi legare all’albero maestro:questa la decisiva differenza.
Travolto, come non lo fu Ulisse, dall’ammaliante assuefazione al richiamo della caducità.
In un’epoca in cui non si muore più di vecchiaia ma di eterna giovinezza, Maradona sarà per sempre Ulisse e l’eterna, lodevole e beffarda rincorsa ad elevarsi a Dio.
BIO: ANDREA FIORE, con DIEGO DE ROSIS, gestisce la pagina INSTAGRAM @viaggionelcalcio.
2 risposte
A scuola non ho fatto “epica”, ma questo pezzo racchiude l’epica di cosa è stato Diego Armando Maradona. Complimenti!
Grazie Simone! Gentilissimo.