Una partita che non sa come le altre. Non è una notte di Champions, certo! Non è Milan e Benfica. È una partita che, però, rievoca ricordi, se non la si guarda verso il rettangolo verde, ma dall’altra parte, verso gli spalti.
Qui c’è un certo Adriano che, ci piace pensare, ancora assieme ad un certo Silvio, molto cari al popolo rossonero, lo hanno investito della gloria. Lo hanno investito della Storia, il Milan.
“La storia siamo noi!” annunciava De Gregori. E, forse è ciò che Silvio e Adriano avrebbero pensato in questa partita; anche se, sempre forse, non lo avrebbero detto.
Ma andiamo a parlare del concreto e, se Monza-Milan non è Milan-Benfica, sicuramente possiamo ugualmente dire (travisando il verso di Lucio Dalla) “Milan, che fatica!”
Una fatica sicuramente diversa quella di Wembley del 22 maggio 1963, e che portò maggiore gloria di questo Monza-Milan del 2 novembre 2024.
Il Monza scende in campo provato, ma carico dell’ottima prestazione contro l’Atalanta, la migliore fino ad ora per i brianzoli guidati da una vecchia quanto amata conoscenza nostrana, Alessandro Nesta.
Provato è anche il 1-3-4-2-1 con cui si assetta sul rettangolo di gioco, anche se a cambiare sono alcuni interpreti: in difesa troviamo Izzo e Carboni al posto di D’Ambrosio e Caldirola; a centrocampo l’assente è invece Pessina, sostituito da Bondo; Maldini al posto di Vignato sulla trequarti ed, infine, Djurić al posto di Marić.
Il Milan invece ripropone il noto 1-4-2-3-1 con: Maignan, Terracciano, Thiaw, Pavlović, Theo, Fofana, Reijnders, Chukwueze, Pulisic, Okafor e Morata.
1-4-2-3-1 che, ormai, sappiamo non essere mai la reale disposizione dei rossoneri in campo, viene, infatti, subito smentito sin dal primo pallone toccato.
Il Milan si dispone con un 1-3-1-5-1, se proprio volessimo dargli un nome ed un cognome, con Reijnders che si alza al fianco di Pulisic e Theo che sale, in alto nel campo, fino alla linea dei trequartisti. Parliamo, però, di un nome e ed un cognome che non rimangono comunque quelli a prescindere. Il Milan protende la mano al Monza presentandosi sempre con un nominativo diverso, o, meglio, i nominativi a cambiare sono quelli dei giocatori nelle varie posizioni.
Morata taglia, viene giù, viene su, si porta via l’uomo, chiede palla, gestisce, attacca la profondità, si prende fallo, recupera palloni. Da punta centrale.
Pulisic taglia, viene giù, viene su, si porta via l’uomo, chiede palla, gestisce, attacca la profondità, si prende fallo, recupera palloni. Da trequartista, seconda punta, ala, mezzala, portatore delle borracce e steward.
Reijnders? Indovinate! Taglia, viene giù, viene su, chiede palla, gestisce, attacca la profondità e… va beh! Ormai la sapete.
Questo è il Milan dei primi 10 minuti! Attivo, divertente! Divertito!
Sì… dei primi 10 minuti. Perché poi il Monza segna, anche se il goal viene annullato. E diciamolo: in modo dubbio.
Da lì in poi inizia la fatica. Il Monza torna a giocare come aveva mostrato all’Italia davanti a Gasperini, un calcio interessante, forse acerbo, ma che piace ai giocatori. E si vede. Nesta chiede ai suoi un calcio verticale e veloce, un calcio che tra le maglie, ancora intontite del Milan, ci va a nozze, cercando l’ampiezza sugli esterni partendo dalle vie centrali, per poi mettere palloni in mezzo, dove Djurić e Maldini fanno praticamente quello che vogliono per tutto il primo tempo.
Quel palo ancora trema per quell’azione in cui Daniel, visto dallo specchietto retrovisore ed imbucato con un retropassaggio da Djurić di testa su un cross dalla destra, sgomma senza lasciare segni sull’erba, fresca dell’umida serata, che lo fa scivolare tra i difensori rossoneri, che non possono che posarsi a terra, e guardare un Maldini beffare anche Maignan e calciare sul palo lontano.
Il palo non trema per la forza del tiro. Il palo trema per l’emozione che gli appassionati, i tifosi del Monza e i tifosi del Milan STESSI hanno provato e avrebbero provato se quel pallone fosse entrato.
Il Milan rallenta, si fa schiacciare e fa fatica ad uscire.
Esattamente come a Bergamo, il Monza non lesina impegno in fase di non possesso e applica un’aggressione sugli avversari che è asfissiante, e costringe più volte i rossoneri a giocate affrettate e poco precise.
Il Monza se non domina sul piano del possesso (43% – 57%), lo fa, infatti, sul piano delle occasioni, che sicuramente anche il Milan ha (degne di nota, anche per il modo in cui sono arrivate, molto qualitativo, sono soprattutto le due occasioni di Okafor davanti a Turati; lo svizzero però non è abbastanza cattivo e non riesce a concretizzare).
Di fatto, la concretezza è un problema che il Milan si porterà dietro per tutta la partita. Sarà, infatti, lo stesso Fonseca a dire nel post-partita: “Stiamo creando occasioni, ma dobbiamo scegliere meglio le decisioni e finalizzare meglio; perché la squadra ci arriva bene, ma stiamo sbagliando le decisioni per fare più goal.”
E aggiunge: “Stiamo arrivando a questi momenti con grande qualità di gioco e connessione tra i giocatori, e questo per me è molto positivo.”
Eh sì! Perché il gioco, seppur non sia stata una partita entusiasmante, ha regalato sprazzi di qualità, soprattutto nel secondo tempo, quando il Monza, che probabilmente ha avvertito la fatica del doppio impegno settimanale, si è allungato.
Qui Morata ha dato il meglio di sé, con tocchi ed imbucate e corse a liberare spazi per il terzo uomo che si inseriva alle sue spalle dopo una combinazione con i compagni, principalmente gli esterni.
Da sottolineare, in questo contesto, è sicuramente anche la prova dei due terzini, Theo e Terracciano che spesso hanno attaccato la profondità o compiuto anche solo questi movimenti, smuovendo una difesa, quella del Monza, che non è facile da superare, ma che difendendo a uomo ha sofferto molto i continui movimenti dei giocatori rossoneri in quella zona di campo.
Dare completamente colpa alla stanchezza, per giustificare il secondo tempo del Monza, non rende però giustizia. Abbiamo parlato di come nel primo tempo il Milan stesse soffrendo molto le giocate sugli esterni dei brianzoli, ma chiedo quindi a Voi che state leggendo: perché nel secondo tempo non è successo? Qual è questa motivazione che rende giustizia? E soprattutto, “rende giustizia” a chi?
La soluzione ci viene confermata a fine partita. Il Milan nel secondo tempo è ordinato, è meglio posizionato, soffre meno il Monza e riesce a recuperare velocemente e bene sui cambi di gioco tanto agognati nella prima frazione. Il motivo è il cambio di sistema ideato da mister Fonseca.
Parliamo di un sistema che avevamo già incontrato nelle altre partite e che è stato solo accennato nel primo tempo di quella di ieri sera. Fonseca chiede a Pulisic di abbandonare la propria posizione al fianco di Morata durante la fase di non possesso, e di posizionarsi invece sulla linea di Reijnders e Fofana (tra l’altro, anche stasera mostruoso in mezzo al campo). È un 1-4-3-3, studiato per togliere ampiezza al Monza e le linee di passaggio per gli esterni alle spalle di Okafor e Chukwueze, permettendo al terzino di non uscire troppo alto.
“Lettura giustissima!” dice Fonseca al gionalista. “Abbiamo avuto difficoltà con gli esterni e con le sovrapposizioni. Era difficile per Tiji e Fofana aiutare i nostri terzini. Con tre giocatori, abbiamo controllato il Monza, creato e giocato con personalità.”
Insomma, un Milan sicuramente migliore nel secondo tempo, piuttosto che nel primo viene da dire. E così, in realtà, è.
Alla fine, la vittoria è arrivata.
Forse non con la grandezza che vorremmo tutti dal nostro Milan.
Forse non con la qualità che vorremmo tutti dal nostro Milan.
I dubbi sull’affidabilità della squadra rimangono, ma come si dice sempre, ed è giusto, anche per i più scettici, crederci: il Milan è in un percorso.
Stasera ha fatto vedere la ricerca nel mettere in atto dei principi che l’allenatore portoghese considera fondamentali: il lavoro di squadra in entrambe le fasi, d’altronde “se siamo tutti insieme è più facile” dice il Mister; il delantero mòvil (“attaccante mobile”) che viene ad aiutare e non si concentra esclusivamente nell’attacco alla profondità (che abbiamo visto anche sulla linea dei difensori a rincorrere l’avversario per creare la superiorità numerica); il trequartista di qualità che, a quanto sembra, gode per il nostro, di noi amanti del calcio, piacere del dono dell’ubiquità; la mezzala che si lancia a spargere qualità come spinto dal mulino De Gooyer; le fasce dall’erba arsa dal via vai dei terzini; lo spielmachender verteidiger (“difensore costruttore di gioco”) che non solo blocca innumerevoli ripartenze, ma che imbuca e fa partire con giocate di qualità l’azione. Monza-Milan non sarà quindi Milan e Benfica. Monza-Milan sarà pure stata una fatica. Ma anche questa è la Storia che verrà scritta sul libro rilegato di rosso e di nero.
BIO: Riccardo Patera
Metà belga e metà pugliese, nato da un connubio strano, particolare, ma che è incontro di due parti opposte del continente.
Le mie passioni? La musica, che ho amato e studiato sin dall’età di 10 anni.
La ricerca, non amo la superficialità e adoro invece andare nel profondo, analizzare, scoprire. La scrittura, creare e suscitare emozioni in chi legge, alla fine cos’è la scrittura se non dà nulla? Ovviamente, il Calcio. Quello delle emozioni. Per professione, gestisco la comunicazione social e la realizzazione di contenuti per alcuni progetti, personali e non. Guidato dalla passione e dal divertimento.