Papà!.. papà!!!… eccolo là… sta arrivando al binario 3… dai corriamo… voglio fargli una foto al muso mentre sta frenando… prima che si fermi…!!”.
Lo stridiio delle ganasce sui dischi delle ruote si fa sempre più squillante, quasi ad accapponare la pelle…
“Va bene Massimo…ma non correre, stai attento ai carrettini dei portabagagli…non farti investire!”
Così si raccomandò papà Renato quel sabato pomeriggio giorno di riposo, avrebbe dovuto essere di turno il giorno dopo, la domenica per l’intera giornata, gli avrei portato il pranzo caldo cucinato da mamma Ofelia e durante la consumazione io me ne sarei andato, come al solito, nell’attigua sala redattori per sbirciare sulla stesura dell’ultimo articolo sportivo alla scrivania di Jean Paul. Ma quel sabato fu per me un giorno speciale.
Alle 17.45 era arrivato alla Stazione Termini il Settebello, esattamente il terzo esemplare del nuovo elettrotreno ETR300 partito da Milano alle 13.00 in punto ed in 4h e 45′ avrebbe raggiunto la Capitale facendo solo due soste, Bologna e Firenze.
A papà Renato piaceva molto il treno, forse gli ricordava la sua adolescenza vissuta in un paesino delle Alpi Marittime in Francia dove mio nonno, costruttore edile, era emigrato negli anni ’20 per trovar lavoro e fortuna dopo il terribile dopoguerra sofferto nella nostra penisola. Quell’andirivieni giornaliero su di un trenino dal paesino, appollaiato sopra i monti dominanti la vallata del fiume Var verso la città di Nizza, fece innamorare quel ragazzetto, che poi divenne mio padre, tra le mille difficoltà iniziate con la perdita della madre quando aveva soli cinque anni, verso una innata passione per i treni, che gli rimase incarnata per tutta la vita. Tant’è che quando aveva del tempo libero dal lavoro e dalla famiglia trovava sempre una mezz’oretta per andare a curiosare in una stazione o in uno scalo merci tra le sensazioni, i rumori ed i colori della vita tipica della strada ferrata.
E così nel breve volgere di una manciata di anni, a furia di essere condotto fin da piccolo a vedere il passaggio dei treni, quella radicata passione attecchì anche il sottoscritto. Era già da qualche settimana che papà continuava a dirmi che al suo primo giorno di riposo mi avrebbe condotto alla Stazione Termini dove sarebbe arrivato il famoso Settebello, allora un vero mito sui binari. Era il nostro elettrotreno di punta tipo littorina, ma con un disegno avveniristico, un muso panoramico ed una rivoluzionaria cabina di pilotaggio posta al primo piano con un sottostante salotto dall’inusuale affaccio sul fronte marcia con la smisurata vista dello scorrere infinito dei binari, per quegli anni un vero vanto di tutta l’ingegneria ferroviaria italiana. La società produttrice Breda ne realizzò solo tre esemplari tra il ’52 ed il ’59.
E quel sabato pomeriggio scese dal Settebello tutta la squadra del Milan, avrebbe affrontato l’indomani la Roma nella nona partita del girone di andata del Campionato ’58/’59. L’incontro terminerà 1 a 1 con reti di Selmosson e Altafini che fu quell’anno capocannoniere con 28 gol, mentre i Rossoneri allenati da Luigi Bonizzoni e con Giuseppe Viani D.T. ed Andrea Rizzoli Presidente si avvierà alla conquista del suo 7° scudetto, scavalcando la Fiorentina di 3 lunghezze e l’Inter di 6 e chiudendo la sua corsa con una settimana di anticipo battendo a San Siro l’Udinese con lo storico punteggio di 7 a 0.
Forse s’insediarono dentro di me, proprio quel sabato di una grigia giornata novembrina, per la squadra Rossonera, le prime timide simpatie che portarono l’allora mia fede Giallorossa a sposare quella Rossonera, ma ero ancora un bambinone! La vera cotta arrivò nel febbraio del ’60, quando vidi per la prima volta giocare in campo un neo acquisto del Milan proveniente dall’Alessandria, un 17enne dal piede magico, con i suoi tocchi incantava letteralmente il pallone, parlo di un vero mito del nostro Calcio: quello di Gianni Rivera!
Era una piovosa domenica autunnale, quando mia moglie Angela si trasferiva a casa della sorella per darle una mano, aveva il braccio destro fasciato per via di una caduta in vasca da bagno e non potendo preparare il mangiare era accorsa in suo aiuto. Io ero rimasto solo e mi ero preparato uno spaghetto “alla disperata”, una mia personale ricetta/intruglio a base di zucchine, aglio, cipolla di Tropea, salsiccia ritritata, pomodoro fresco, basilico, olio extravergine ed infine, come digestivo, una doppia dose di tisana antiriflusso, frutto di una sapiente ricetta elvetica, reperibile soltanto presso la Farmacia Vaticana di Borgo Pio.
Subito dopo pranzo mi stavo rilassando nel divano in salotto per digerire, nell’attesa dell’effetto della preziosa tisana, e notai nella libreria a fianco della TV che Angela aveva dato una sistemazione diversa ai ritratti portafoto, ora vedo in primo piano la fotografia di mio padre che mi abbraccia davanti all’elettrotreno Settebello alla Stazione Termini. Colto da un improvviso groppo alla gola misto a qualche lacrima, decido improvvisamente di uscir di casa, afferro basco e ombrello e mi reco alla fermata in attesa del bus che mi avrebbe condotto a Piazza Venezia, esattamente come facevo da adolescente quando nei giorni festivi portavo il pranzo a mio padre presso il suo ufficio stampa. Scesi alla fermata proprio di fronte al famoso Bar Castellino. Erano le 15 circa, non avevo ancora preso il mio caffè pomeridiano, entrai nel locale e mi gustai quell’aromatica, intensa tazzina di caffè come se al mio fianco ci fosse una persona intenta ad inzuppare il sacchettino del suo pregiato tè…papà Renato non era un amante del caffè! Mi accomodo alla cassa e con la mente offuscata da quella visione non mi accorgo che a darmi il resto è un signore anziano, avrà avuto circa un’ottantina di anni…poi riponendo in tasca il portamonete, un lampo percorre la mia mente…ma quel signore alla cassa…sarà mica Giovanni.. il proprietario!?!… Ebbene sì, era lui, una quarantina di anni fa ai tempi in cui papà Renato scendeva dalla sua Agenzia di Stampa per fare colazione al Bar Castellino, un breve percorso di un centinaio di metri, era sempre lui a servirlo. Il Sig. Giovanni, siciliano di nascita, aveva ereditato l’attività dai suoi genitori, a quei tempi aveva un cesto di capelli neri corvino con tanto di folte ciglia alla “Elio e le Storie Tese” ora è tutto grigio, ma è fortunato ad aver mantenuto, alla sua veneranda età, il suo cesto di capelli, io li ho praticamente quasi tutti perduti! Papà Renato da giovane li aveva rossicci e man mano che incedeva con gli anni s’ingrigirono ma non completamente, quando arrivò il suo ultimo giorno di vita, a soli 69 anni, morì spettinato, con il suo ciuffetto misto grigio-rossastro che gli calava sulla fronte, la mano era ancora vagamente tiepida quando riuscii a stringerla per l’ultima volta.
Era da poco passata la mezzanotte di quel lontano 12 Ottobre 1991.
Papà era spirato alle 19.30 presso l’ospedale di Passignano sul Trasimeno, io partii da Roma in auto con un mio zio, ex Maresciallo dei Carabinieri in pensione, ci demmo appuntamento in Piazza Sempione nel quartiere Monte Sacro. Lui arrivò in taxi sotto un autentico diluvio che purtroppo ci accompagnò per tutta la strada, arrivammo dopo tre ore di cammino non potendo superare i 60/70 km/h a causa della violenza della pioggia.
Quando vidi mio padre ricoperto da un candido lenzuolo con il suo volto bianchissimo e il ghigno arquato in basso in una sorta di beffardo apice delle sue labbra, quasi a voler proferire…”Scusate…ho lottato…ma non ce l’ho fatta…mi spiace per la mia nipotina!” …sei mesi prima della sua scomparsa, mia moglie Angela aveva dato alla luce una bella bimba, Sofia, sorella di due maschi, ma più piccola di ben 13 anni. Cara la mia Sofia…non saprai mai che cosa ti sei persa…non un padre…di più!…Nonno Renato sapeva nutrire un affetto ed un amore “diverso”…una vera “Nutella” per i bambini… ma anche un ottimo ricostituente per i più grandi. Insomma non un padre, non una madre, ma semplicemente tuo nonno Renato!
Ma la vita è come una livella, scrisse il grande Totò, se da una mano ti toglie, dall’altra mano ti dona. Sofia nasceva in Aprile e papà moriva in Ottobre. Inutilmente la nostra famiglia rimandò il Battesimo della piccola di mese in mese, nella speranza che il nonno fosse in condizione di parteciparvi. Il disperato tentativo chirurgico effettuato per scongiurare l’epilogo, si rilevò del tutto inefficace. Papà si spense di giorno in giorno sempre di più come una lampada ad olio ormai priva del suo comburente. Nei suoi ultimi giorni di parziale lucidità lo portavo con la sua auto da me condotta, non avendo lui più forze, nella località di Monte del Lago, una rupe dominante il Lago Trasimeno, il terrazzo di un bar lì situato era uno dei luoghi da lui preferito, e poi amava ordinare un panachet, birra e gazzosa ben fresche assieme a due salatini con olive…fino a qualche mese prima era per lui una vera ambrosia, ora a causa delle dosi intense di chemio non riusciva più a distinguerne il sapore… e, dopo essersi gustato la visione del sole al tramonto sullo specchio d’acqua del lago, i primi di ottobre sono i giorni di maggior intensità cromatica della rifrazione dei colori sul lago, così mi diceva…e quello spettacolo lo incantava!” …e poi seguiva un languido…”Massimo…andiamo…sono stanco!” Sette giorni appresso la sua stanchezza fu finalmente appagata.
Ma papà Renato non morì con un sorriso sulle labbra, come ho già detto terminò il suo tempo con un sottile, beffardo ghigno, come se non fosse riuscito a dire o a finire qualcosa…d’incompiuto…come se non avesse avuto né tempo né forza a sufficienza per esternare un qualche cosa di arcano rimasto… dentro la sua vita e ancora …forse..non risolto come lui avrebbe desiderato!
In quei giorni aveva letteralmente diluviato in tutta Italia, ma il pomeriggio delle due esequie, come per incanto, riscoppio’ l’estate, la Chiesa di Santa Maria Maddalena non aveva mai visto tanta folla neanche nelle grandi festività. Da Roma partì una delegazione in rappresentanza di tutta la Stampa Estera, dove papà aveva lavorato per 33 anni. Dalla Chiesa al cimitero si snodò una interminabile processione con tanto di banda musicale.
Riecheggia il ricordo dei nipotini a seguire nelle feste patronali gran cassa e trombone, gli ultimi elementi in fondo alla banda, mentre i piccoli, con le mani strette uno per lato a quelle del nonno, seguivano con il capo e con i passi il ritmo dei brani musicali fino a permearsi negli anni di quel sostrato musicale che ne formerà lo sviluppo, accostando il più grande alla tastiera ed il piccolo alla chitarra. Oggi quei nipoti hanno imparato a suonare e debbono il loro grazie all’accostamento musicale tanto desiderato da nonno Renato e proposto con la sua fiammante tastiera elettronica e a volte con la sua vecchia fisarmonica Paolo Soprani.
Dopo aver preso il caffè e salutato il Sig. Giovanni, ebbi nostalgia di andare a rivedere i treni alla Stazione Termini come soleva spesso fare papà una sessantina di anni prima. Attesi il bus 64 alla fermata di Piazza Venezia e in un quarto d’ora, dopo aver attraversato tutta Via Nazionale, mi condusse a Piazza dell’Esedra per poi recarmi alla stazione Termini. Amavo fare quel tratto di mezzo chilometro a piedi, perchè sulla destra a fianco di un filare di bancarelle di libri c’è la Scuola Giuseppe Mazzini dove sostenni gli esami di terza media, mentre il triennio lo frequentai presso la sede succursale nel quartiere dell’Eur.
Entrai in stazione recandomi diritto al binario 3, dove solitamente partono i treni Alta Velocità, davanti a me un signore ben vestito, giacca e cravatta, capelli un po’ rossicci e un po’ bianchi, magro, andava di passo molto svelto…mi parve una sagoma non nuova…ma non riuscivo a ben scrutarne il volto…allora accelero il passo… ma anche lui aumenta il suo… inizia quasi a correre…il capostazione è con la paletta in mano…il Freccia Rossa Roma Milano delle 16.00 è in partenza…il doppio fischio della donna (un tempo i capistazione erano esclusivamente maschi) col berretto rosso ne autorizza il via… quel signore è riuscito a correre fino al termine del binario… poi lo vidi estrarre una vecchia macchina fotografica a telemetro… e scattò un paio di foto davanti al locomotore del Freccia Rossa nel momento del suo sforzo di massimo traino… riesco ad accostarmi fin quasi a raggiungerlo… sono ormai a 4/5 metri da lui… ma vedo che ha tra le mani…una Closter!
Ma…ma quella era la macchina fotografica di papà… per un attimo riguardo quel signore… ricordava vagamente papà Renato…è più vecchio e con barba e baffi che papà non ha mai avuto…pero’ gli somiglia parecchio…e allora provo a chiamarlo:
“Papà… papà..!!”Ma il treno prende sempre più velocità… e lui a corrergli appresso, quasi a volerlo prendere in corsa…
“… Papà… papà ..fermati!!…ti ho riconosciuto…ti prego…fermati!!”
” …no!!.. Massimo!!..mi aspettano..devo fare sviluppare le foto…le ultime le facemmo di fronte al Settebello…ricordi??”
“Certo che ricordo… ma adesso fermati che dobbiamo parlare…”
“No…no… voglio vedere la differenza…cosa dici, correva più il Settebello di allora o il Freccia Rossa di oggi?”
“…Ma papà… che domanda… ma è passato più di mezzo secolo… il Settebello toccava i 200 km/h… ti ricordi quando sfrecciò davanti alla stazione di Terontola-Cortona, vicino al Trasimeno dove abbiamo casa…ora papà col Freccia Rossa si toccano i 300 km “
“…Massimo fammi scappare perché alle 7.00 il fotografo chiude e dopo le 8.00 il Padrone …nel suo Regno… non fa più entrare nessuno… e ci tiene molto affinche’ all’ora di cena si stia tutt’insieme!”
“…Ma fammi capire… ma perchè mangiate pranzo e cena, come qui sulla Terra?!?”
“…Certo…qua abbiamo le stesse abitudini vostre… solo che non c’è Tv…e non ci sono i telefonini…ma per il resto…caro Massimo!!…non manca proprio nulla!!.. ahh… sì!!…ad essere sincero una cosa che qui non c’è mi manca veramente!!”
“…E quale sarebbe papà?… sono proprio curioso!!” “…Se proprio lo vuoi sapere…mi mancano tanto.. i treni!! ” “…Ma che ti venga… papà!!…ti voglio un gran bene!!” “Anche io Massimo..e abbracciami tanto i nipotini che non mi sono potuto godere!!…ciao!!”
“…Papà…papà…aspetta!… l’ultima volta eri in bicicletta…girasti il capo salutandoci dietro una curva…e ora ti rivedo qui…a correre vicino al Freccia Rossa con la tua vecchia Closter in mano!… papà!!..non capisco!!..aiutami a capire!!…ti prego!!”
“…Massimo… non c’è niente da capire…di qua tranne il cibo è tutto diverso, ma puoi fare e realizzare tutto quello che nella vita hai sempre sognato!! “
“..Ma veramente..papà!?!”
“…sì Massimo… è veramente un’altra vita!!..”
“…Ahh…allora ..adesso capisco perchè certe cose…..”
“..Ahi…ahi!!… figliolo!!…no… così non va!!… di qua non devi capire… l’intelletto il Padrone te l’ha donato sulla Terra…e tu, nel bene o nel male, lo hai usato..ed ora non ti serve più!! Ora sei solo un treno che corre..corre sui binari..puo’ accelerare o frenare ma non può da solo cambiare direzione..!! Quello lo può fare solo il suo Padrone… ed io son quassù assieme a tanti… tanti altri… nell’attesa che il mio treno si fermi ed il Padrone stabilisca chi possa scendere e chi invece finisca in un altro treno!…ricordi Massimo… un vecchio merci a scartamento ridotto…ricordi le vecchie vaporiere allo Scalo San Lorenzo?”
” …Sì papà… me le ricordo bene… ma adesso fermati… ti devo chiedere un’altra cosa!”
“…Devo andare… è tardissimo… ciao Massimo!”
“Papà… papà… ma quando ci rivediamo!?”
” …Dai… quando uscirà un nuovo treno e vorrò provare l’ebbrezza dei 400 Km/h !!…deve essere meravigliosa!!”
“…Ehhh… ma chissà quanto tempo ci vorrà…!!”
“Eh… non preoccuparti…qua per noi il tempo è come se fosse ..passato..presente..futuro..non cambia nulla!!.. è tutto uguale!!.. caro figliolo, il tempo non conta proprio nulla…conta solo l’anima…ma a patto che abbia serbato fortemente nel suo cuore la vera essenza di amore e di pace…senza odii..senza rivalità..senza guerre!!..hai ben compreso Massimo??.. altrimenti sarebbe veramente inutile salire su quell’ultimo treno!! Capito bene!?”
“…Sì… papà… certo… ho ben compreso… dobbiamo essere più buoni…. ma… aspettami…”
“…No… Massimo non ho più tempo… è troppo tardi… alla prossima… e non ti scordare di nutrire bene il tuo cuore… se vuoi vivere per sempre!!!…. L’ultimo treno ci aspetta…e fermerà solo per i più buoni!!”.
“La memoria è come un fuoco, se si spenge il fuoco si spenge la vita” (Gianrico Tedeschi)
P.S. Alla memoria di Papà Renato nella ricorrenza del trentatreesimo anno della sua scomparsa.
Il figlio Massimo.
BIO: MASSIMO BALDONI
Massimo 48 nasce a Roma nei primi anni del dopoguerra da mamma umbra e papà francese. Negli anni dell’adolescenza ama spesso frequentare l’agenzia di stampa ove il padre opera in qualità di telescriventista rimanendo particolarmente attratto dalla stesura degli articoli nella redazione sportiva.
Si diploma Perito Tecnico in Telecomunicazioni e dedica tutta la sua vita lavorativa al settore radio elettronico in varie aziende. Poi, dopo i primi anni di grigia pensione, inizierà quasi per gioco a scrivere in qualità di blogger nella sezione Vivoperlei di Calciomercato.com dove oltre che di calcio si può scrivere di qualsiasi altro accadimento ad esso correlato.
Viene insignito dal Direttore Stefano Agresti nella sede di CM a Milano con una targa risultando il miglior blogger dell’anno 2021 in quella specifica sezione.
Ora è alla ricerca di nuovi siti di scrittura, ed aver trovato l’incontro con “La complessità del calcio” con la regia di Filippo Galli è un’assoluta ed autentica vera chicca!
Buon Milan a tutti!
Massimo 48
9 risposte
Bellissimo, grazie per questi ricordi che toccano il cuore!
Grazie a te Roberta per la tua gentile lettura. Buona Domenica a te e famiglia.
Massimo
Caro Massimo,
grazie per averci donato questo pezzo così profondo e commovente. I nostri cari sono la cosa più preziosa che abbiamo, per sempre.
È stato un dono per me questo articolo, mi ha fatto riflettere sull’importanza delle relazioni con i nostri cari….
Grazie a te Vincenzo per l’attenta lettura. I nostri genitori molto spesso si suole criticarli per delle sciocchezze e soltanto quando vengono a mancare se ne comprende la loro incolomabile mancanza. Stammi bene! Alla prossima e buona giornata.
Massimo 48
Bellissimo. È sempre un piacere leggere i suoi testi Sig. Baldoni. Un viaggio tra i ricordi e le emozioni!
Grazie a te Vincenzo per l’attenta lettura. Da figlio unico ero molto attaccato a mio padre e da quando prematuramente ci lasciò ho perso nel percorso faticoso di questi 33 anni un vero faro a segnalare gli scogli, le vere difficoltà che ognuno di noi trova nel suo percorso di vita.
Grazie ancora e buona serata.
Massimo 48
Grazie a lei Sig.ra Barbara per l’attenta lettura ed il gradimento di questa storia.
Buona giornata.
Massimo 48
Benché la conoscessi l’ ho riletta tutta d’un fiato e con molto interesse.
Molto coinvolgente 👋
Grazie per l’attenta lettura Dario.
Si tratta di un mio articolo di un paio di anni fa e che ho voluto far conoscere in questo nuovo e bellissimo blog di scrittura diligentemente curato dal
Mr. Filippo Galli.
Buona giornata.
Massimo 48