Macerie, polvere.
Disperazione alle spalle, sì, ma latente negli animi e negli occhi di chi ha conosciuto l’orrore.
Visi smagriti, povertà diffusa, De Gasperi costretto a ricevere “in prestito” un soprabito per presenziare, in quel di Parigi, ad una cruciale conferenza.
Il peggio è passato, è vero:nel 1946 l’Italia è prossima ad una rinascita economica,culturale, dopo le deliranti chiose del fascismo.
Lo sport, il calcio, come spesso accade, veicoli trainanti di un ritorno alla normalità.
II Grande Torino che torna a vincere dopo la pausa dovuta alla guerra, Valentino Mazzola e Silvio Piola insieme in nazionale, l’ottimismo di chi torna a riempire gli stadi, ancore di gioia e velleità di certezza di spensieratezza.
E poi, lui: Massimo Della Pergola, errante ebreo catalogato anch’egli, ahinoi, come “numero”.
Trieste, Firenze, Milano, la Svizzera e un’invenzione: coniugare il rifiorire della passione con l’attesa trepidante di un compenso monetario scommettendo sui risultati delle partite.
Lo Stato, sotto Einaudi, lo chiamerà Totocalcio e l’eco del “tredici” scandirà i ritmi pomeridiani della domenica degli appassionati.
Radiolina e schedina.
La rappresentazione del sogno consumista, un’icona come la Vespa per andare in spiaggia.
Peccato per chi non ha degustato la sacralizzazione di quei battiti di tempo scanditi dalle ciclopiche e antologiche voci narranti degli inviati di “Tutto il calcio minuto per minuto”, giganti della comunicazione che senza il conforto della visione rapinavano le coronarie di milioni di ascoltatori, ostaggi consapevoli dei boati incipienti il richiamo della linea, in base all’intensità dei quali cercare di carpire, ancora prima che venisse proferito, se a siglare la marcatura fosse stata la squadra di casa o gli ospiti.
Uno sforzo d’immaginazione che dall’indefinito tempo di un attimo si dilatava a dismisura prima della conclamazione della puntualizzazione del mutamento del risultato.
E, indi, a rettificare con la penna, su schedine vuote volte a rendersi cronaca statistica dell’incontro, il nuovo punteggio. “Chissà quali saranno le partite prescelte relativamente alla Serie C1 e C2 della settimana, chissà se compariremo noi” , il pensiero orgoglioso dei cittadini e dei tifosi delle più sparute nobiltà provinciali: Derthona, Modena, Virescit Bergamo, Baracca Lugo, Lodigiani, Ospitaletto, Atletico Leonzio, Acireale o Vigor Lamezia, a chi sarebbe toccato l’onore di ammirare il proprio nome ornare le leggendarie caselle del Totocalcio? La schedina. Un’icona che, adesso, soppiantata da millanta alternative di giocata, sostanzialmente, non c’è più. Perché era molto più di una summa presunta di pronostici: era costume nazionale, commedia all’italiana, decenni di famiglie avvolte da una ricostruzione che sa di intimità domestica e, contemporaneamente, di appariscente, esteriore fervore economico in una società che cambia, ai primordi della commercializzazione dell’atto, della beatificazione dell’oggetto. Miracolo, boom economico, benessere. Quella schedina così simbolica della cultura di un popolo scivolerà via nel caotico marasma della globalizzazione dell’identità. Peccato per chi non ne ha assaporato l’essenza. Peccato, davvero.
BIO: ANDREA FIORE, con DIEGO DE ROSIS, gestisce la pagina INSTAGRAM @viaggionelcalcio.
2 risposte
Bellissimo articolo Andrea!
Io da anzianotto mi ritengo fortunato per aver visto e vissuto appieno gli anni del boom economico, giocato decine di volte la schedina, ed essere andato al mare con la Vespa e la ragazzetta seduta dietro con le gambe poggiate sul predellino al fianco posteriore dello scooter… e si volava liberi e con i capelli al vento! Tempi irripetibili!! Un caro saluto.
Massimo 48
Grazie Massimo, il suo pittoresco intervento, a dipingere ulteriormente lo squarcio temporale di riferimento, puntella il pezzo. A parte guidare la Vespa,con tanto di significato supremo, ho giocato la schedina anch’io grazie alla mia precoce passione che, nonostante la copertura televisiva limitasse la diretta degli incontri alle grandi competizioni internazionali, mi ha consentito di seguire il calcio consciamente dalla metà degli anni ottanta e dunque di usufruire di un decennio di radiolina prima dell’avvento della pay per view a livello totale (sappiamo che dal 1993 al 1996 la partita trasmessa era il solo posticipo). Grazie per l’intervento e per la lettura degli articoli sul blog.