BUON COMPLEANNO, CARO DIAVOLO RIVOLUZIONARIO

Un liberale, per di più quasi cinquantenne come me, non potrà mai dimenticare le rivoluzioni del 1989, chiamate metaforicamente anche “l’autunno delle nazioni”. Perestrojka, Glasnost’, la rimozione della barriera al confine tra Ungheria e Austria (prima vera crepa nella Cortina di Ferro), la schiacciante vittoria di Solidarność alle elezioni parlamentari in Polonia, il picnic paneuropeo, le migliaia di persone che pacificamente formarono una catena umana di 675 km capace di attraversare le capitali dei paesi baltici e la caduta del muro di Berlino hanno cambiato per sempre l’Europa e il mondo.

Ma noi che c’eravamo e che di quel cambiamento eravamo i testimoni, ricordiamo un’altra rivoluzione, anch’essa iniziata al crepuscolo del decennio dell’edonismo e dell’ostentazione, delle giacche destrutturate di Giorgio Armani e degli abiti Oroton di Gianni Versace, degli yuppies e della Milano da bere, di “Ritorno al futuro” e “Rocky IV” e della New wave e del Synth pop. Tuttavia, i protagonisti dell’altra rivoluzione non imbracciarono dei fucili, come fecero i componenti del plotone che alle 16:00 del 25 dicembre 1989 giustiziarono Nicolae ed Elena Ceaușescu, bensì presero a pallonate molti di quei capisaldi del calcio all’italiana che, come certi regimi, sembravano infrangibili.

Tutto iniziò agli albori del 1986 quando il rampante Silvio Berlusconi, dopo aver tirato il Biscione per la coda, decise di tuffarsi nel mondo del calcio prendendo il Diavolo per le corna. Fu così che il 20 febbraio del 1986, al termine di una trattativa non semplice, acquistò il Milan. La squadra rossonera, colpita dal Totonero e quasi affondata da Giussy Farina, in quell’ormai lontano 1986 vivacchiava a centro classifica sospesa tra un prestigioso passato, un tormentato presente e un enigmatico futuro. Berlusconi, che si presentò piovendo dal cielo a bordo del suo elicottero, mise subito le cose in chiaro: “Vi porterò sul tetto del mondo!”. Alle promesse del neo-Presidente qualcuno sorrise, ma non molto tempo dopo quei “qualcuno” furono i primi a strabuzzare gli occhi!

Il Cavaliere, che un decennio prima aveva scippato Mike Bongiorno alla RAI, confermò anche al Milan la sua predisposizione per i colpi a sorpresa. I primi regali alla Curva Sud furono l’ex enfant prodige Daniele Massaro e l’atalantino Roberto Donadoni, strappato a suon di miliardi alla concorrenza della Juventus di Giampiero Boniperti.

Nell’estate del 1987, dopo aver vinto il ‘Mundialito’ con la meteora Claudio Daniel Borghi al centro dell’attacco, furono gettate le basi della squadra che, come promesso, doveva arrivare sul tetto del mondo. Ruud Gullit, Marco VanBasten e Carlo Ancelotti furono i “botti di ferragosto” di una campagna acquisti faraonica capace di far guadagnare alla società rossonera il titolo di”Regina del mercato”. Altrettanto clamore fu destato dal nome del tecnico scelto per guidare il ‘Dream Team’ appena allestito: Arrigo Sacchi! Fu proprio Berlusconi che, fidandosi del proprio intuito, volle scommettere sul semisconosciuto allenatore del Parma, un quarantunenne con la faccia più da impiegato delle poste che da allenatore. Ma “Sua Emittenza”, ancora una volta, aveva ragione: anche se allora nessuno poteva saperlo, Sacchi, un po’ Rinus Michels e un po’ Valerij Lobanovs’kyj, era destinato ad essere ricordato come uno dei tecnici più rivoluzionari di tutti i tempi.

L’inizio non fu semplice, così come non lo fu per il processo storico che portò all’Unità d’Italia e ad altre rivoluzioni, ma con pazienza (la virtù che un proverbio turco considera “la chiave del paradiso”), la materia di cui erano fatti i sogni del tecnico romagnolo divenne una solida realtà. Un piccolo passo per il Diavolo (ma un grande balzo per il progetto) fu compiuto il 25 ottobre 1987 quando, con un gol di Virdis, i rossoneri espugnarono il Marcantonio Bentegodi di Verona.

Ma il primo, importante trionfo, decisivo come il successo dei militari sardo- francesi nella seconda guerra d’indipendenza italiana, fu ottenuto il primo maggio del 1988: nel giorno della Festa dei lavoratori, la squadra rossonera, divenuta da tempo un collettivo dove i capi reparto sudavano quanto gli operai, con un 2-3 a Fuorigrotta strappò lo scudetto dal cuore dei napoletani e dal petto dell’unico, vero “D10S” del calcio. Fu l’inizio di tutto, il Big Bang dell’universo costellato di successi che Berlusconi aveva promesso.

La stagione 1988-89 fu quella della rincorsa alla Coppa dei Campioni. Rinforzare una squadra quasi perfetta non era facile, ma Berlusconi ci riuscì ingaggiando un nuovo “tulipano”: Frank Rijkaard. Dopo il Milan targato “Gre-No-Li” dell’imprenditore brianzolo Umberto Trabattoni, era giunto il tempo del “Diavolo dei tre olandesi”!La “Coppa dalle grandi orecchie” fu raggiunta, anche, grazie al fato che il 9 novembre del 1988 fece calare sul Marakàna di Belgrado, la tana della meravigliosa Stella Rossa di “Pixi” Stojković e del “Genio” Savićević, una nebbia mai vista prima neanche in Val Padana. La scighera, scesa con la “Stella” avanti 1-0 e con il Milan in 10 uomini, impose un Replay che il Diavolo vinse ai rigori.

Superato l’ostacolo slavo e dopo aver maltrattato il Werder Brema di Otto Rehhagel e il Real Madrid del “Buitre” Butragueno, il Milan arrivò alla finalissimacon la Steaua Bucarest del “Fotbalistul De Rasă” Gheorghe Hagi. La finale fu senza storia: Milan-Steaua 4-0! Per mantenere la promessa mancava un solo traguardo: la Coppa Intercontinentale!

Il tetto del Mondo promesso fu raggiunto il 17 dicembre del 1989. A Tokyo, nel frastuono di 60.000 trombette, il Milan, con una punizione all’ultimo respiro di “Bubu” Evani, superò i colombiani dell’Atletico Nacional de Medellín (Club capeggiato dal noto narcotrafficante Pablo Escobar!). Il Milan, a meno di quattro anni dall’avvento e dalle promesse di “Re Silvio”, era divenuto Campione dei 2 Mondi. Sì, Berlusconi aveva tenuto fede alla parola data!

L’annata successiva, scandita dall’attesa del mondiale delle “Notti Magiche”, fu agrodolce: una monetina piovuta sulla testa di Alemao contribuì a riportare lo scudetto sulle casacche del Napoli e la Coppa Italia, sul più bello, finì tra i guantoni di Stefano Tacconi, il “Capitan Fracassa” della Juventus. A salvare la stagione del Diavolo ci pensò Rijkaard: un suo gol al robusto Benfica di Sven Goran Eriksson permise al Milan di tenersi stretta la Coppa dei Campioni.

Il 1990 si chiuse concedendo il Bis anche a Tokyo: 3-0 ai paraguagi dell’Olimpia e Intercontinentale di nuovo tra le mani di Baresi, Maldini e compagni. Il Milan pareva imbattibile ma nel 1991, in una notte di fine marzo, a Marsiglia, di colpo, le luci si spensero.

L’altra rivoluzione era giunta alla propria breccia di Porta Pia (fosse stato un film, come battuta finale lo sceneggiatore avrebbe proposto “rivoluzione compiuta!”). Tuttavia, nella cité phocéenne si chiuse un capitolo, non l’intera storia. Il Diavolo, rivoluzionario e visionario, proseguì il proprio cammino, raccogliendo nuovi successi e seducendo nuovi tifosi con la sua qualità migliore: la bellezza (sì, il Diavolo non è bello solo quando veste Prada, ma anche, per esempio, quando alza una Champions dopo aver umiliato il Barcellona più presuntuoso della storia con un 4-0 griffato da una doppietta di Lele Massaro, da un pallonetto chirurgico di Savićević e da un destro di Desailly).

Ad oggi, il Diavolo ha in bacheca 49 titoli: 19 Scudetti, 5 Coppe Italia, 7 Supercoppe Italiane, 7 Champions League, 5 Supercoppe Europee, 2 Coppe delle Coppe, 3 Coppe Intercontinentali e 1 FIFA Club World Cup.

Per i 125 anni da poco festeggiati e per i prossimi 125 che festeggerai, buon compleanno Diavolo rivoluzionario.

BIO: Davide Pollastri nasce a Monza il 26 marzo 1977.

Fin da giovanissimo manifesta un forte interesse per la lettura e talento per la scrittura.

Tra il 2000 e il 2004 alcuni suoi scritti vengono pubblicati da alcuni importanti quotidiani nazionali.

Nello stesso periodo inizia a fare musica e a farsi chiamare Seven, riuscendo a farsi apprezzare all’interno della scena Hip Hop Underground grazie allo

stile scanzonato e all’originalità dei testi.

Nel 2014 scrive e stampa il suo primo romanzo dal titolo “L’Albero della Vanagloria”.

Nel 2016 con il racconto “L’Amore Assente” è tra i vincitori del concorso letterario Stampa Libri realizzato in collaborazione con Historica Edizioni.

Nel 2019 è tra i semifinalisti del “Cantatalento”-Festival di Arese.

Sempre nel 2019 realizza alcuni video sulla storia della Juventus e apre su Facebook il Blog “Seven Racconta”; i racconti del Blog, dedicati a tutti quei

calciatori capaci di farlo innamorare del “gioco più bello del mondo”, fanno breccia nel cuore di molti appassionati e riscuotono interesse. Alcuni degli ex

calciatori protagonisti dei suoi racconti ringraziano pubblicamente Pollastri per le storie scritte su di loro.

Dal 2020 è ospite di importanti trasmissioni web-televisive tra cui ‘Signora Mia’, ‘Che Calcio Che Fa’ e ‘LeoTALK’, condotto dalla nota giornalista Valeria

Ciardiello.

Nel 2021 è l’ideatore del programma web ‘Derby d’Italia-Una trasmissione pensata da chi ama il calcio per voi che amate il calcio’.

Sempre nel 2021 esce il suo secondo libro dal titolo “C’era una volta la Danimarca Campione d’Europa”.

Il 20 ottobre del 2021 appare in una puntata di ‘Guess My Age-indovina l’età’, il quiz show trasmesso da TV8 e condotto da Max Giusti.

Nel 2022 esce il suo terzo libro dal titolo “Maccheroni alla Trapattoni”.

Dal 2023 collabora con ‘Monza Cuore Biancorosso’ e ‘Fatti Nostri’, un giornale indipendente online dedicato a tutti gli italiani che vivono nelle

diverse parti del mondo.

Dal 2024, dopo aver frequentato la scuola di alta formazione per il calcio ‘Elite Football Center’, scrive anche per Sporteconomy.it, market leader

nell’informazione applicata all’economia dello sport.

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